The journey

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Russell

Quando Abe mi venne a chiamare serio in volto, pensai subito che fosse accaduto qualcosa a Namid ed abbandonai il piccone e la squadra... Ma mai mi sarei immaginato che se ne fosse andata.
"Stupido!" pensai, sconvolto "Stupido! Stupido! Stupido! Ti ha fottuto alla grande!"
Mi passai una mano sul viso, cercando di ragionare e inspirando a pieni polmoni: improvvisamente mi sentivo mancare l'aria. Abraham rientrò nella tenda.

«Devi sbrigarti: non hai molto tempo per andare!»

«Andare dove, Abe?»

«A riprenderla!»

Dalla mia gola uscì una risata priva di allegria ed ero sicuro che se avessi incrociato i miei occhi avrei trovato le iridi vuote di un pazzo.
Mai, in tutta la mia vita, mi ero sentito così tradito e sconfitto; neanche quando l'esercito mi aveva congedato perché la ferita mi rendeva impossibile partecipare a qualunque scontro avevo provato una tale umiliazione.

«Sarà lontana ormai, Abe, avrà trovato la sua tribù... Meglio per me finire con un cappio al collo, è quello che merito per la mia stupidità!»

Il nero mi scrollò violentemente per le spalle:
«Vuoi aprire gli occhi? La ragazza ha sicuramente trovato i Cheyenne, o per meglio dire, i Cheyenne hanno trovato lei!»

Aggrottai la fronte:
«Eh?»

«Guarda, per la miseria! Non li vedi, i segni della lotta?»

Era vero: la terra vicino al giaciglio era smossa e calpestata e fuori dalla tenda erano ancora leggermente visibili le impronte di due uomini nella polvere.
Due uomini scalzi.

«Non ci sono orme che portano alla tenda, sai cosa significa questo?»

«Sì...» mormorai, infilandomi il cappello sulla testa. «Significa che quando se ne sono andati erano più pesanti perché portavano Namid di peso.»
Un sorriso astuto si aprì sul mio volto:
«Abe, dobbiamo compiere un furto.»

Namid

Quando mi svegliai e vidi attorno a me degli alberi, il ricordo di ciò che era successo mi piombò addosso con violenza tale da farmi spuntare le lacrime.
Mi tirai in piedi, pronta a tutto pur di tornare alla ferrovia.
"Russell penserà che l'ho tradito! Oh, per lo spirito del Grande Padre, lo impiccheranno!"

«Piano, Namid: potrebbe girarti la testa.»

Mi voltai e sul margine della radura vidi Hevataneo* e Kuckunniwi** che mi fissavano perplessi: li conoscevo bene, erano di poco più grandi di me e Hevataneo aveva sposato Ayasha, la mia migliore amica.
Sospirai e mi passai una mano sulla fronte: era un gesto che avevo spesso visto fare a Russell e massaggiarmi le tempie con le mani, oltre a farmi rilassare, me lo fece anche sentire in qualche modo più vicino.

«Hevataneo, Kuckunniwi, miei cari amici: so che vi sembrerò pazza, ma dovete riportarmi indietro, o per lo meno lasciarmi andare!»

Come supponevo, entrambi i guerrieri balzarono in piedi esterrefatti.
«Cosa stai dicendo? Waquini è quasi morto dal dolore nel saperti nelle mani degli Uomini Bianchi! Devi tornare con noi, devi tornare da tuo padre!» esclamò Hevataneo con gli occhi sbarrati.

«Non posso, mi dispiace... Comprendo il grande rischio che avete corso e il mio cuore piange al pensiero del dolore che arrecherò a mio padre, ma non posso andarmene così!»

Kuckunniwi mi fissò a lungo, prima di prendere la parola: era molto riflessivo, oltre ad essere un valente guerriero e cacciatore.
«C'è qualcosa tra te e l'uomo bianco padrone della tenda.»
Non era una domanda, ma una semplice affermazione. Hevataneo iniziò ad imprecare velocemente:
«Ti ha fatto del male, Namid? Ti ha violentata?» sbraitò.

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