The horse

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«Ho parlato con Otoahhastis e mi ha detto che abbiamo qualcosa da regalarti!» esclamò Hevataneo con fare misterioso.

«Cos'è, un arco tutto per me?» chiesi beffardamente.

Invece Hevataneo mi condusse al recinto dei cavalli, dove riposavano placidamente circa una ventina di bestie. Notai che tutti loro avevano dei simboli sul muso o sul petto e ne chiesi il motivo.

«Quelli laggiù» disse Hevataneo, indicando un gruppo di cavalli più attivo e irrequieto. «Sono i cavalli dei guerrieri, utilizzati solo da loro per le battaglie, e i simboli che hanno indicano diverse cose: il numero di guerrieri abbattuti, la velocità, la forza, la sicurezza... Questi qui, invece, sono i cavalli per i cacciatori: sono animali speciali, miti e forti, che non si spaventano davanti ad una mandria di bisonti arrabbiati. Vedrai tu stesso quanto la loro pazienza sia importante in questi casi!»

«Lo vedrò? Ciò significa che...»

«Che uno di questi cavalli è per te!» confermò Hevataneo entrando nel recinto. «Mi raccomando: un cavallo non è una cosa, come pensate voi uomini bianchi, ma un amico fedele. Dovrai farlo abituare a te e imparare a pensare come lui: solo così puoi essere certo che non ti farà mai cadere e che ti porterà anche fino al punto dove tramonta il sole!»

Si avvicinò ad uno stallone possente dal manto isabella e iniziò a sussurrargli qualcosa che non riuscii a comprendere, forse per tranquillizzarlo della mia presenza; la bestia si lasciò avvicinare con tranquillità ed Hevataneo mi spiegò i vari segni tracciati sul pelo. I cerchi attorno agli occhi erano per garantirgli una buona vista della preda, quelli attorno alle narici per fiutare prima i pericoli, mentre le frecce pitturate sugli zoccoli auguravano la velocità.

«È un animale magnifico...» mormorai in inglese, sovrappensiero, ma Hevataneo dovette capirmi, perché sorrise apertamente.
«Come si chiama?»

«Tasunke. Lo abbiamo ottenuto circa un anno fa scambiando delle pelli conciate con una tribù nemica, per stabilire la pace.»

«Perché non l'ha reclamato nessuno di voi? È un bell'animale, renderebbe bene nella caccia.»

Hevataneo si grattò il capo, per la prima volta a disagio.
«Beh, vedi... È molto docile quando ti avvicini, ma se provi a montarlo diventa un demone. Credo che ce l'abbiano ceduto apposta: in un anno nessuno è riuscito a cavalcarlo!»

«Ah. E quindi lo affidate a me, mi sembra ovvio.» borbottai, cercando di avvicinarmi di soppiatto alla groppa di Tasunke; come previsto, il cavallo scartò di lato, nitrendo infastidito.
Hevataneo mi batté una mano sulla spalla, divertito.
«Considerala una prova di fiducia. Io vado dalla mia Ayasha, buona fortuna.»

•••

Provai ad issarmi in groppa a Tasunke per due giorni, ma puntualmente il cavallo eludeva i miei sforzi. Il terzo giorno riuscii sorprendere lui e i curiosi che mi osservavano dal recinto, aggrappandomi alla sua criniera e tirandomi su; Tasunke si impennò e nitrì furioso e io finii a terra. Quando riaprii gli occhi, a poca distanza dal mio viso c'era Namid che mi sorrideva indulgente, scostandomi i capelli dalla fronte. Pensai fosse un sogno, ma il dolore alla schiena mi provò che ero ben sveglio.

«Tasunke ti ha fatto fare un bel volo!» ridacchiò la ragazza, aiutandomi cautamente a mettermi a sedere. Lanciai un'occhiata in tralice al cavallo che percorreva con fierezza il perimetro del recinto, dopo essersi scrollato di dosso la pelle conciata e decorata che gli indiani utilizzavano come sella.

«Uno di questi giorni ti domerò, dannato cavallo!»
sibilai tra i denti.

Namid scosse la testa con disapprovazione:
«Così non otterrai niente, Russell.»

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