Capitolo 15 - You're Next

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Appena udì il brusco rumore proveniente dall'esterno, Maxwell si chinò a terra, nascondendosi sotto al tavolo.
"Tranquillo, Maxwell... magari è solo un animale..." sussurrò, tra sé e sé.
Il silenzio venne di nuovo rotto da un altro rumore: questa volta era come se un oggetto solido e metallico stesse venendo strusciato sulle assi di legno che componevano i muri del capanno. Il rumore proseguì, spostandosi improvvisamente da una parete all'altra.
Maxwell deglutì: "Decisamente no, non è un animale..."
Di scatto, sempre chinato a terra, strisciò verso l'armadietto in cui poco prima aveva trovato l'intero repertorio del killer, lo aprì e vi prese un coltello a serramanico. Fatto ciò, si alzò e spinse il tavolo di legno contro alla porta, così da renderne più difficile l'apertura dall'esterno.
"Ora sono anche io armato, Ghostface! E non solo, ho trovato tutto il tuo materiale! Non dovrò fare altro che aspettare domattina, i miei genitori mi chiameranno e gli dirò di avvertire la polizia. Sei finito, non sarai mai il nuovo Billy, né tantomeno il nuovo Stu, che tu stesso ami tanto!" esclamò, brandendo follemente il coltello come in tono di sfida, anche se nessuno lo stava guardando. Forse.
Dopo pochi secondi, sempre dall'esterno, udì una voce familiare, femminile: era la voce di Marley.
"Ti prego, lasciami stare! Non dirò a nessuno chi sei, lasciami andare!" singhiozzava la ragazza, disperata.
Maxwell si fece coraggio, pensando che non poteva lasciarla in pericolo, non di nuovo. Scostò il tavolo mentre stringeva in pugno il coltello, e spalancò la porta.
Balzò fuori dal capanno, pronto per un incontro ravvicinato con Ghostface. Davanti a lui, però, non c'era nessuno. Non c'era traccia del killer, né tantomeno di Marley, anche se le sue grida disperate continuavano ad echeggiare tra gli alberi.
Maxwell iniziò a guardarsi intorno, perplesso: le urla della povera ragazza si udivano chiaramente, come se si trovasse a pochi metri difronte a lui. A quanto pareva, però, era solo.
Immediatamente si inginocchiò, tuffando le mani nel fogliame che ricopriva il terreno: iniziò a frugare tra le foglie secche e scricchiolanti mentre, a carponi, si avvicinava sempre di più alla provenienza delle grida. Quando ormai vi era talmente vicino che gli pareva che Marley gli stesse urlando nelle orecchie, scostò un piccolo catasto di foglie, rivelando un piccolo speaker di colore nero.
Furioso, colpì con forza l'oggetto con il manico del coltello, finché esso non emise più alcun suono. Fatto ciò, il cellulare del ragazzo cominciò a squillare. Senza pensarci due volte, egli rispose.
"Ti facevo più furbo, Maxwell. Mi aspettavo il nerd che se ne va in giro a dare consigli ai protagonisti finchè non viene brutalmente ucciso, ma a quanto pare sei più stupido di Justin." disse Ghostface, accennando una crudele risatina.
"Ah sì? Beh Ghostface, scusami se ti aspettavi il Randy Meeks della situazione, ma sono abbastanza intelligente per non credere alle tue stronzate. Insomma, ti aspetti che nel 2016 ci sia qualcuno che crede ancora alle fantomatiche 'regole degli slasher'? Avanti, dimmele, quali sono le regole di questo sequel? Sono curioso!" esclamò Maxwell.
"Posso ricordarti una regola valida per tutti i sequel, una regola senza tempo che Meeks si è dimenticato di accennare: non fare mai e poi mai l'eroe. Insomma, il tuo piano per sopravvivere era ottimo, se solo non ti fossi preoccupato per lei..." lo rimproverò l'assassino.
"Dimmi subito dov'è Marley, o ti spacco la faccia!". In seguito alle minacce del ragazzo, Ghostface lo scimmiottò trasalendo ironicamente.
"Ma che paura! Se non sei ancora morto è solo perché sono stato io a volerlo... ma credo sia ora che il nerd saccente si faccia da parte!"
Maxwell cominciò a indietreggiare lentamente verso la casetta, con lo sguardo rivolto di fronte ad essa. Mentre indietreggiava scorgeva la boscaglia che lo circondava, sicuro che Ghostface sarebbe spuntato da dietro un albero, pronto a rincorrerlo.
Quando aveva finalmente raggiunto la piccola struttura, vi entrò dentro e si chiuse la porta alle spalle. Fatto ciò, vi si appoggiò per riprendere fiato, ansimante e sconfortato: "Dio... questa notte non finirà mai..."
Dopo qualche secondo, insospettatamente, una voce lo contraddisse: "Per te finirà molto presto, Maxwell."
Con il cuore in gola, incapace di urlare da quanta paura aveva, il ragazzo rivolse lo sguardo verso sinistra, da dove proveniva la voce: inevitabilmente, era proprio Ghostface.
Era fermo come un manichino, e nella mano destra stringeva un machete. Come un felino lo osservava lentamente, pronto ad attaccare.
Maxwell chiuse gli occhi e strinse i denti, mostrando al killer il suo coltello: "Avanti, Ghostface. Non è importante quanto si ha grande il martello, l'importante è come si colpisce il chiodo!"
Detto ciò il ragazzo sfrecciò verso l'assassino, pronto ad affrontarlo. Ghostface però lo precedette, impugnando il machete come una lancia e correndo anch'egli verso la vittima.
In men che non si dica, l'affilata lama trapassò il corpo di Maxwell, che gridò a squarciagola. Ghostface, però, non si fermò: con forza sbatté la vittima al muro e, con un colpo secco, affondò l'arma ancora più in profondità, questa volta perforando anche la parete di legno retrostante.
Il ragazzo si lasciò scappare un'ultimo, lieve lamento. Afferrò il manico del machete, ma non aveva le forze per riuscire a schiodarlo dalla parete, né tantomeno per sfilarselo dalla pancia. Vista la quantità di sangue che stava perdendo sapeva che, di lì a poco, avrebbe perso del tutto coscienza. Rigettò un po' di rosso e viscoso sangue dalla bocca e chiuse lentamente le palpebre.

Scream - Bagno di SangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora