MORIRE DENTRO

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Alice era immobile e in silenzio. Respirava a fatica, ma dentro di sé urlava forte tutta la sua disperazione. Sirius e Remus erano nella sala comune dei grifondoro e stavano piangendo senza nemmeno fare caso alla moltitudine di ragazzi intorno a loro che li stavano guardando e li indicavano. Sirius non sembrava più lo stesso, aveva grosse occhiaie nere sotto gli occhi e pareva invecchiato di parecchi anni. Anche Remus era ridotto a uno straccio, persino peggio rispetto alle giornate immediatamente dopo la luna piena. A poca distanza da loro c’era anche Peter, gli occhi rossi e gonfi, il viso pallido e spaventato. Guardava gli amici in cerca di conforto e risposte a cui appellarsi ma tutto quello che vedeva era disperazione e smarrimento. Prima l’incidente di James, e ora anche Sirius e Remus, i malandrini, i pilastri a cui si appigliava per andare avanti non c’erano più. Alice guardava quella scena straziante di dolore e si sentiva impotente, mentre il suo cuore era come dilaniato da una bestia feroce. Nella sua mente continuava a ripetersi, come una litania, che quello che stava accadendo non poteva essere reale, che di lì a poco si sarebbe svegliata. Più volte aveva provato a chiudere gli occhi, sperando che fosse solo una sua illusione, ma non era servito a nulla. Se quello era davvero un incubo allora era destinato a non finire mai. Frank, al suo fianco, si limitava ad abbracciarla per comunicare la sua silenziosa presenza. Avrebbe voluto fare di più, ma il suo corpo in quel momento si rifiutava di muoversi o parlare. Nessuno aveva voglia di parlare. Le ragazze, Cristal, Lily e Charleen, erano in un angolo, impacciate e silenziose. Sebastian era seduto vicino a loro, per la prima volta nella sua vita non aveva nessuna voglia di ridere. Fissava un punto imprecisato della parete, e si chiedeva se tutto quello che stava accedendo avesse o meno un senso. Al centro della stanza stava James, pallido, immobile, morto. Intorno a lui sua madre, sua zia, la famiglia e tutti i professori venuti a dargli l’ultimo saluto. 
Alice lanciò un urlo, e poi si svegliò di soprassalto. Cristal corse subito da lei, per rassicurarla. La ragazza si guardò intorno, frenetica, e riconobbe la stanza che divideva da sei anni con le sue amiche. Tutto era normale ed al suo posto, come al solito. Alice sospirò. Ancora una volta quel terribile incubo l’aveva svegliata. Fuori dalle finestre era ancora buio, ma di lì a poche ore la notte avrebbe lasciato il posto ad un altro giorno. L’ennesimo senza James al suo fianco. Charleen e Lily si scambiarono un’occhiata di intesa ma rimasero zitte, mentre il viso di Alice si riempiva di lacrime. 
“Hai fatto un altro brutto sogno?” chiese Cristal dolcemente. Alice annuì piano, cercando inutilmente di fermare le lacrime che le scorrevano sulle guance. La ragazza bionda strinse forte a sé la sua migliore amica, senza dire nulla. Alice si lasciò andare, cercando un po’ di conforto e di speranza in quell’abbraccio. Erano mesi che quell’incubo la tormentava, da quanto quella mattina di luglio Dorea era comparsa a casa loro, piangendo, e aveva detto che James stava male. Alice aveva ricordi annebbiati di quella mattina, forse stava facendo colazione quando la zia era arrivata. All’inizio si era messa a ridere, dopo tutto per James era normale finire ricoverato in infermeria o al San Mungo. Pensava fosse caduto dalle scale come suo solito. Le risate però erano finite presto, non appena era emersa la gravità della situazione, per sfociare nello smarrimento più totale quando si era trovata di fronte alla porta chiusa della stanza di rianimazione in cui si trovava suo cugino. Da allora, ogni notte sognava il funerale di James, ed ogni mattina si svegliava terrorizzata con la necessità vitale di correre da lui per accertarsi che ci fosse ancora. Alice si staccò dall’abbraccio dell’amica e andò verso il bagno senza dire una parola, chiudendosi la porta alle spalle.
“Mi spiace così tanto vederla così..” sussurrò Lily a bassa voce. Qualcosa dentro di lei si era come rotto quando era venuta a conoscenza della terribile notizia. All‘inizio aveva giustificato quello strano sentimento come tristezza per il dolore di Alice, ma una voce impertinente non faceva che ripetergli che in realtà soffriva per James perché teneva veramente a lui. Charleen annuì silenziosamente, asciugandosi gli occhi. Lei e Lily non avevano mai avuto rapporti di amicizia con James, ne con gli altri malandrini, ma quello che era successo le aveva ugualmente sconvolte. Per sei anni lo avevano avuto tra i piedi, ci avevano litigato, lo avevano anche odiato, ma ora di colpo si erano rese conto che di James non sapevano quasi nulla e che senza di lui il castello sembrava spento. Nessuno faceva più scherzi ai Serpeverde, e la loro Sala Comune era sempre silenziosa e tranquilla. A nessuno importava persino più del Quidditch perché quell’anno il loro campione non avrebbe potuto giocare. 
“Vorrei fare di più, ma non so come..” disse Cristal sconsolata. Proprio in quel momento Alice uscì dal bagno, e lanciò un lungo sguardo straziato alla sua amica del cuore.
“Cristal, fai già molto per me. Non potresti fare di più, davvero. Ti voglio un mondo di bene e senza di te non so come potrei fare.” mormorò Alice abbozzando un sorriso triste. 
“Forse dovresti provare a dormire ancora un po’, è presto dopo tutto.” consigliò Charleen mentre Alice rimetteva a letto dopo aver preso dalla scrivania carta e penna.
“Tornate a dormire, io prima devo calmarmi un po’. Scriverò una lettera..” disse Alice intingendo la piuma nell’inchiostro e iniziando a scrivere parole bagnate di lacrime. 
Le tre ragazze si scambiarono un’occhiata che valeva più di qualsiasi discorso, poi spensero la luce. La nottata dei ragazzi non era trascorsa in modo migliore. Di colpo l’allegria era scomparsa anche dal dormitorio maschile, di solito il più rumoroso dell’intero castello nonché ritrovo abituale per festini e bevute della più diversa natura. 
Sapere di James era stato un duro colpo per i malandrini, per tutti loro. James era il fulcro del loro gruppo, un vulcano di idee e di energia che teneva unite personalità molto diverse tra loro, il timido e insicuro Peter, il serio e studioso Remus e Sirius. Tra i malandrini Sirius era certamente quello che l’aveva presa peggio. Frank e Sebastian, dal canto loro ogni sera avevano provato a parlare ai ragazzi, a cercare di farli reagire il quale modo. La scuola ormai era iniziata da cinque giorni, ma le cose non sembravano cambiare. Le giornate si succedevano ugualmente apatiche, lezione dopo lezione, e l’unica cosa che scandiva il tempo e sembrava rompere quella terribile monotonia erano i pasti, in cui si trovavano tutti insieme e scambiavano qualche parola anche con i compagni delle altre case.
Quella mattina, a colazione, i malandrini erano seduti a poca distanza da Sebastian e Frank, che si guardava attorno impaziente, cercando qualcuno tra la folla.
“Alice?” chiese Frank preoccupato, vedendo arrivare Charleen, Lily e Cristal. Le tre ragazze, richiamate dalla voce dell’amico si avvicinarono e si sedettero di fronte.
“Si stava vestendo, ora arriva.” rispose la ragazza bionda. I suoi occhi azzurri, di solito vispi e giocosi, erano spenti. Frank non disse niente ma cominciò a tormentare nervosamente il nodo della sua cravatta, abbandonando del tutto l‘idea di finire la colazione. I malandrini guardavano quella scena a qualche posto di distanza, vicini eppure così lontani da tutto e da tutti. Da quando avevano ricevuto quella notizia niente era più stato come prima. Sirius si era chiuso in un mutismo ostinato, passava le ore solo a piangere senza farsi notare troppo e si rifiutava di nominare o parlare di James. Remus all’inizio aveva rispettato la decisione dell’amico, poi aveva cominciato a cercare di farlo reagire. Nessuno di loro aveva osato fare domande ad Alice. La ragazza scoppiava in un pianto disperato non appena le si nominava il cugino. Un paio di volte aveva anche avuto delle crisi nervose aveva cominciato a urlare che voleva andare a San Mungo, e solo la promessa che glielo avrebbero permesso il fine settimana successivo era riuscita a calmarla. Il castello che Alice aveva sempre amato improvvisamente era diventato un orribile prigione che la teneva lontana da James. Erano passati appena pochi giorni da quando le lezioni erano cominciate eppure le sembrava un’eternità. La sembrava di impazzire senza avere la possibilità di sedere accanto al letto del cugino per tenergli la mano e parlargli per ore.
“Ha dormito questa notte?” chiese Frank preoccupato. Charleen scosse la testa e i riccioli castani le ricaddero disordinati sul viso.
“Forse potrebbe andare in infermeria e chiedere una pozione per quegli incubi.” suggerì Remus, inserendosi nella discussione. Sirius alzò appena lo sguardo, poi tornò perso nel suo mondo. Remus guardò per qualche istante l’amico e sospirò. Una qualche pozione avrebbe certamente fatto bene anche a lui.
“È testarda, lo sapete.” sospirò Cristal, osservando con aria assente la tazza di caffè che aveva di fronte, cercando di ricordarsi quando fosse apparsa.
“Sto bene” disse Alice, avvicinandosi al tavolo. I ragazzi si ammutolirono di colpo, ma lei non ci fece caso. Orma stava cominciando a fare l’abitudine al fatto che la gente si preoccupasse e parlasse di lei in sua assenza. Una volta forse le avrebbe dato fastidio, ma da qualche tempo non le importava più di niente. Negli ultimi mesi la sua scala delle priorità aveva subito dei grossi cambiamenti.  
“No Alice, non stai per niente bene. Nessuno di noi sta bene.” esclamò Lily, esasperata. Non sopportava più il silenzio di Sirius, e nemmeno che Alice si ostinasse a ripetere che stava bene. Perché non si decidevano a mostrare le loro debolezze e a farsi aiutare dagli amici? Mai come in quel momento avevano bisogno l’uno degli altri.
“Mi passi la torta al limone?” chiese Alice a Sebastian, ignorando l’affermazione della compagna di stanza. Il ragazzo parve stupito da quella strana richiesta, ma passo la fetta di torta senza chiedere spiegazioni.
“Alice, mi ascolti? Stavamo parlando..” esclamò Lily infastidita. Alice era sempre stata una ragazza forte, decisa, vederla così debole e in balia di se stessa era triste e ingiusto. Era certamente una delle cose che stava portando tutti loro alla pazzia, Frank per primo.
“Hey, Remus, ma dove hai preso quel caffè?” chiese ancora Alice, decisa a continuare a ignorare l’amica. Parlare di James era l’ultima cosa che voleva, specie con Lily e Sirius. Nella sua mente erano loro i responsabili di tutto quello che era successo al suo adorato cugino. James era triste, depresso e loro avevano solamente peggiorato le cose, invece che aiutarlo a superare quel brutto momento. Dannazione, alla fine dell’anno scolastico precedente James aveva appena perso suo padre, avrebbero dovuto capirlo, non assalirlo. In quel momento apparivano tristi e sconsolati ma Alice pensava che fossero ipocriti. Lily aveva passato cinque anni a ripetere di odiare James, come mai le cose erano improvvisamente cambiate ora che era in coma? Sirius poi, non avrebbe dovuto trattare James, il suo migliore amico, a quel modo. 
Lily sospirò e smise di parlare, rassegnata al fatto che Alice non aveva la minima intenzione di prestarle ascolto. 
“Sono solo preoccupati per te..” mormorò Sirius, rompendo il silenzio che si era creato. Tutti rimasero abbastanza sorpresi, stupiti dal fatto che fosse stato Sirius, fino ad ora chiuso nel silenzio più totale, a parlare. 
“Non accetto prediche da te, Black.” rispose Alice acida, alzando lo sguardo sul ragazzo. Sirius sostenne quello sguardo carico di rancore e rabbia per un po’, poi distolse lo sguardo. Alice lo credeva colpevole. Come darle torto, dopo tutto lui pensava lo stesso. Aveva passato l’estate in giro per l’Europa, convinto che James avesse torto, senza mai cercarlo davvero. Va bene, gli aveva scritto una lettera, ma quando lui non aveva risposto Sirius non si era fatto nessuna domanda. Invece che domandarsi se ci fosse qualcosa che non andava aveva continuato a godersi l’estate, convinto che ci sarebbe stato tempo dopo per i chiarimenti. Nella sua testa non aveva nemmeno lontanamente pensato al fatto che James non aveva mai mancato di rispondere a nessuna lettera prima di quel momento. Ora forse il tempo di James stava finendo, e Sirius riusciva a pensare solamente che le ultime parole che aveva gridato al suo migliore amico erano state cariche di odio e di risentimento.
“Alice, Sirius voleva solo aiutarti.” disse Charleen, cercando di calmare l’amica prendendo le difese del ragazzo. Peter alzò gli occhi dal suo piatto, stupito. Era la prima volta che Charleen chiamava Sirius per nome e lo difendeva. 
“Non ho bisogno di essere aiutata, anzi, smettetela di fingere.” esclamò Alice, perdendo la calma. Gli altri ragazzi presenti il Sala Grande si fecero di colpo più silenziosi e attenti alla discussione in corso. Sebastian sentì la rabbia montare e fece per alzarsi. Come potevano essere così maligni da ascoltare le loro conversazioni per poi spettegolare nel castello? Con un gesto rapido Frank lo fermò e lo obbligò a sedersi nuovamente.
“Fingere?” chiese Peter confuso, guardando spaventato Alice.
“Si, di fingere che vi importi qualcosa di James. Charleen, Lily, voi non avete mai sopportato James. Avete passato anni a ripetere che era egoista, pieno di sé ed immaturo. Lo pensavate anche l’anno scorso sull’espresso, e anche quest‘anno scommetto che avrete detto le stesse cose di lui. Non è cambiato nulla da allora tranne in fatto che è in coma!” urlò Alice, ignorando il fatto che si trovavano il Sala Grande e che tutti, professori compresi, ora li stavano fissando. Il suo volto era diventato rosso per la rabbia, e delle lacrime beffarde avevano preso a bagnarle il bel viso.
“Alice, calmati.” implorò Frank, cercando di abbracciarla per riuscire a calmarla.
“No, è ora che mi sfoghi. Non ce la faccio più a tenere tutto dentro.” rispose Alice, prendendo fiato e divincolandosi da quella stretta. Sirius, Peter e Remus osservavano quella scena impietriti, chiedendosi se la ragazza li ritenesse in qualche modo responsabili per la sorte toccata al loro amico.
“Non essere ingiusta però, James era il migliore amico di Peter, Remus e Sirius e tu non li hai nemmeno avvisati quest’estate.” fece notare Sebastian, cercando inutilmente di fare ragionare Alice.
“Siamo venuti a sapere di James da Silente. Ti sembra normale?” chiese Remus, stizzito. Sirius al suo fianco, non fiatava. Per la prima volta nella sua vita lo stavano accusando di qualcosa e lui non aveva la forza di replicare. Il fiero Sirius Black sembrava il più mite e spaventato degli agnellini.
“E a te sembra normale umiliare in quel modo una persona che stava già male per poi lasciarla andare via da sola? Per te questa è amicizia Sirius Black?” chiese Alice in rimando, fissando negli occhi il ragazzo. Sirius non provò nemmeno fissarla negli occhi, sapeva bene che non avrebbe mai potuto reggere quello sguardo. 
“Io..” balbettò Sirius, fissando intensamente il pavimento e desiderando con tutto se stesso che si aprisse una voragine in grado di inghiottirlo. Alice aveva ragione, si era comportato malissimo con James. L’ultima volta che lo aveva visto gli aveva urlato contro tutto il suo disprezzo, che razza di amico poteva essere? 
“Non serve che rispondi.” rispose Alice acida, alzandosi da tavola e lasciando la sala.
I ragazzi rimasero lì, immobili e intontiti da quella discussione. Frank e Sebastian si guardavano l’un l’altro, increduli. Lily ormai aveva preso a singhiozzare forte, le parole di Alice l’avevano ferita. Charleen provava a suo modo a consolarla mentre Cristal rimaneva ferma, a riflettere sulle parole dell’amica. Alice aveva parlato presa dalla rabbia, ma forse nelle sue parole c’era almeno un pizzico di verità. 
“Sirius, dove vai?” sbottò Remus improvvisamente, cercando di trattenere l’amico che si era alzato dalla sedia. 
“All’inferno.” rispose in malo modo Sirius, divincolandosi da quella stretta.

Alice aveva fatto pochi metri fuori dalla Sala Grande, quando fu bloccata dalla voce della professoressa McGranitt. 
“Prewet, il preside vuole vederla.” disse la donna. Il suo tono era severo come al solito ma nei suoi occhi si intravedeva una grande tristezza.
“Jamie! Non è per lui, vero? Lui non è..” balbettò Alice, cercando di scrutare il volto della professoressa per capire di che si trattasse. Jamie non poteva assolutamente essere morto.
“Non temere. James sta bene.. O meglio, le sue condizioni non sono cambiate.” rispose tristemente la professoressa, facendo strada alla ragazza verso l’ufficio del preside. Quando furono davanti alla porta, la professoressa McGranitt bussò ed annunciò Alice, poi ti tirò indietro e lasciò che la ragazza rimanesse sola con il preside.
“Signore..” salutò Alice, impacciata. Silente sedeva dietro la sua scrivania, circondato dagli oggetti più strani e sorrideva come al solito. Il preside riusciva ad avere sempre un sorriso per tutti, anche nel momento più nero.
“Ciao Alice. Ti ho convocata per James.” iniziò Silente. Il suo tono era grave e il suo volto stanco. Quella terribile guerra in corso stava esaurendo tutte le sue forze, malgrado tutti i suoi sforzi la gente continuava a morire ed a vivere nel terrore mentre valenti auror perdevano la vita in missioni suicide che spesso non portavano a niente.
“Ma la professoressa mi ha detto che stava bene. Non è peggiorato, vero?” chiese Alice, impaziente. Una convocazione dal preside di solito non significava niente di buono. Alice ricordava ancora quando lei e James erano stati chiamati, l’anno prima, e Silente aveva detto loro che il padre di James era morto durante una missione. Ricordava bene anche la reazione di James. Il ragazzo si era lasciato cadere sulla sedia, senza dire una parola mentre lei era scoppiata a piangere. James aveva ascoltato le parole del preside come in trance, una volta lasciata la stanza però aveva sfogato tutta la sua rabbia e il suo dolore devastando a calci gli spogliatoi del campo di quiddicht senza che nessuno riuscisse a fare nulla per calmarlo.
“No, le sue condizioni non sono cambiate. Solo, ho assistito alla vostra discussione oggi in Sala Grande e mi ho pensato che, visto il tuo umore, forse avresti preferito fare un salto a San Mungo questa mattina.” propose il preside accarezzandosi la lunga barba bianca. Il volto di Alice improvvisamente si colorò un po’, e abbozzò persino un sorriso.
“Posso davvero andare da Jamie? Lei aveva detto che mi avrebbe lasciato solo nei fine settimana..” ricordò Alice, incredula. Da quando era cominciata la scuola non aveva fatto altro che aspettare il sabato, vedere Jamie era proprio quello di cui aveva bisogno per riflette un po’ su tutto quello che stava capitando. James aveva sempre avuto un potere calmante su di lei, e continuava ad avercelo ora, malgrado fosse costretto immobile in un letto.
“Lo so, vorrà dire che solo per sta volta faremo una piccola eccezione. Non più di un paio d’ore, la voglio indietro per pranzo.” disse il preside sorridendo, indicando il camino alle sue spalle. Senza farselo ripetere due volte Alice prese della polvere volante in mano. 
“Promesso, grazie signore.” mormorò mentre spariva nel camino. 

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