RIMETTERE INSIEME I PEZZI

1.4K 69 14
                                    

James vagava da ore nel giardino del castello come un'anima in pena, solo. La sua improvvisa sparizione non era certo passata inosservata dopo la fine della partita, ma a lui non importava più di tanto; l'intera casa di Grifondoro lo cercava per congratularsi con lui e brindare insieme per la partita, ma questo non costituiva certo un ottimo motivo per farsi vedere in giro.
James non voleva vedere nessuno ma allo stesso tempo desiderava che lo cercassero dimostrando così di tenere a lui. Voleva delle spiegazioni, certo, ma allo stesso tempo sapeva che non avrebbe permesso a nessuno di parlare tanto era furioso. Non riusciva a smettere di pensare alle menzogne, a tutte quelle cose non dette e a tutto il male che gli avevano fatto in quegli ultimi mesi. Quello di cui aveva veramente bisogno era sfogarsi, poter urlare al mondo la sua rabbia per essere stato tradito da persone nelle quali aveva sempre riposto una fiducia cieca, persino quando non ricordava nulla.
Il Cercatore sospirò, si guardò appena intorno e continuò a camminare senza prendere una direzione precisa. Dal punto in cui si trovava si intravedeva appena lo stadio e le urla, di rabbia per Serpeverde e di gioia per Grifondoro, arrivavano deboli come sussurri lontani.
"Ehi, ragazzo.." chiamò un voce alla spalle di James, facendolo sobbalzare.
Subito il ragazzo si voltò, pronto ad aggredire il nuovo venuto. Aveva già la bocca aperta ed i pugni stretti ma si bloccò quando vide che si trattava di Silente. Inspiegabilmente il vecchio preside non era nel suo ufficio o fuori dallo stadio ad osservare divertito i festeggiamenti, ma era lì in compagnia di un visitatore girato di spalle.
"Preside?" mormorò James, perplesso, cercando di capire chi fosse l'ospite misterioso e soprattutto cosa avesse spinto i due uomini ad andarlo a cercare fin quasi nel cuore della Foresta Proibita. Il ragazzo guardò meglio l'uomo voltato di spalle, curioso. C'era qualcosa in lui che lo faceva sembrare familiare, ma James non avrebbe saputo dire con precisione di cosa si trattava.
"Ci sarebbe una visita per te, James." disse il vecchio insegnante, sorridendo ed indicando l'uomo che sembrava tenersi volontariamente a distanza.
"Non credo di volere vedere nessuno, almeno per adesso." rispose James, cupo, distogliendo lo sguardo dal visitatore.
Il Preside sospirò, paziente. Probabilmente sapeva tutto. Lo aveva sempre saputo eppure era rimasto a guardare anche lui, forse scommettendo con gli altri insegnanti circa quando sarebbe caduto. Subito James si pentì di quel pensiero tanto cattivo. Probabilmente Silente aveva sempre saputo tutto, ma si era tenuto volontariamente in disparte, pronto ad intervenire quando lui ne avrebbe avuto più bisogno.
"Nemmeno un vecchio zio che si sente tanto idiota?" chiese una seconda voce appartenente all'uomo girato di spalle, che James finalmente riuscì a riconoscere. Si trattava di Robert, il padre di Alice, il fratello di sua madre, quello zio che si era dileguato da qualche mese a quella parte e che aveva deciso di ricomparire solamente nel momento peggiore. La sua presenta irritò ancora di più James, facendolo diventare paonazzo per la rabbia; tra tutte le persone che desiderava non vedere, lui era decisamente ai primi posti. James sospirò, cercando di mantenere la calma, finendo con il fallire miseramente.
"Fammi capire, non ti fai vedere per mesi, poi compari sorridendo ed io dovrei correre da te dimenticando quanto sei stato stronzo?" urlò James, dimenticandosi di essere nel bel mezzo del parco della scuola a pochi passi dal Preside, che tuttavia sembrava divertito da quel siparietto. Lo zio sospirò, per nulla spaventato dalla sfuriata di James. Conosceva bene il ragazzo e si era aspettato una reazione del genere. Aveva pienamente ragione, il suo comportamento era stato pessimo.
Silente, fermo sulla sua posizione, guardava i due divertito chiedendosi quanto sarebbe durata quella sfuriata. James aveva bisogno di sfogarsi, per questo aveva chiamato Robert subito dopo la partita. Parlare con qualcuno che James amasse quasi come un padre lo avrebbe fatto calmare e tornare la persona solare che era prima di quel drammatico incidente. Quando aveva visto comparire il preside nel salotto di casa sua, Robert si era spaventato, intuendo che doveva essere successo qualcosa a James. Il vecchio preside non si era fatto pregare ed aveva subito raccontato di come il ragazzo doveva aver ricordato tutto durante la partita, per poi sparire subito dopo. Silente non aveva aggiunto altro, ma Robert aveva capito cosa doveva fare; parlare con James e farlo ragionare era una cosa che poteva fare solamente lui. Ora che lo aveva di fronte, deluso, arrabbiato e solo, l'uomo ne era sempre più convinto.
"Ho sbagliato, lo so. Soffrivo come un cane. Tuo padre mi mancava troppo e tu me lo ricordavi in tutto. Guardarti in faccia e starti vicino faceva troppo male." cercò di spiegare Robert, fissando con insistenza il pavimento. Avrebbe voluto dire molte altre cose, ma le parole gli erano morte in gola. Non era riuscito a dire a James quanto fosse dannatamente simile a suo padre e di quanto Charlus ne fosse sempre stato fiero.
James guardò a lungo lo zio, sorprendendosi nel vedere nei suoi occhi una sofferenza infinita. Forse la stessa che stava provando lui in quel momento, tradito da Sirius e dalle persone a cui voleva in assoluto più bene. Si ritrovò a pensare che suo padre era sempre stato il miglior amico di suo zio anche prima che conoscesse e sposasse sua madre e che anche per lui non dovevano essere stati uno scherzo quei mesi.
"Avevo bisogno di te. Anzi, forse anche ora ho bisogno di te.." esclamò James, lasciandosi cadere a terra con la schiena appoggiata ad una sequoia secolare. Lentamente la rabbia nei confronti dello zio iniziò lentamente a diminuire per lasciare il posto ad un tristezza indefinibile ed infinita. Robert sembrò intuire questo cambiamento e si avvicinò al nipote, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo. A quel punto Silente capì che era arrivato il momento di andarsene, lasciando soli e due. In meno di un istante sparì, silenzioso e discreto come solo lui riusciva ad essere.
"Mi sono comportato da egoista ma ora sono qui, promesso. Sai che sei stato bravissimo in campo? Sono davvero orgoglioso di te." sussurrò Robert, con la voce rotta e tremante per vie dell'emozione. James apprezzò molto che lo zio non avesse detto una frase strappalacrime tipo, tuo padre sarebbe stato fiero di te.
Il giovane cercatore chiuse gli occhi, di colpo pieni di lacrime, e cercò di schiarirsi la voce per mascherare quel groppo in gola che lo aveva colto all'improvviso.
"Facciamo due passi?" chiese James, aggrappandosi al braccio dello zio. Improvvisamente la presenza dello zio non era più fastidiosa ma rassicurante. Averlo lì lo faceva sentire infinitamente meno solo. L'uomo lo fissò, cercando sul suo volto del ragazzo tutti i segni di quella lunga giornata, poi si schiarì a sua volta la voce.
"I tuoi amici vorranno festeggiare con te la la vittoria.." iniziò Robert, cupo, senza muoversi di un passo. Silente gli aveva raccontato a grandi linee quello che era successo dopo la partita e voleva cercare di aiutare James a chiarirsi con gli amici. Mai come in quel momento, quando aveva appena ricordato e realizzato la morte del padre una seconda volta, aveva bisogno di loro anche se non riusciva ad ammetterlo nemmeno con se stesso.
"Si, ma io non li voglio vedere." rispose James secco, voltando le spalle e lanciando lontano un sasso che si perse nel bel mezzo della foresta proibita.
"Mi racconti cosa è successo, campione?" chiese Robert passando un braccio intorno alle spalle del nipote. James alzò le spalle. Nonostante cercasse di non darlo a vedere era chiaro che era sconvolto e ferito. Si sentiva abbandonato, tradito. Aveva perdonato suo zio, ma non sarebbe stato altrettanto tenero con gli altri. Non con Alice e Sirius almeno, i due che erano riusciti a fargli più male.
"Alla fine mi sono ricordato ogni cosa, tutto qui." spiegò James, cercando di impedire a quelle stupide lacrime di riprendere a bagnargli il viso. Fu un tentativo inutile e ben presto James si ritrovò a singhiozzare.
"Fa male, vero?" chiese Robert, serio. James annuì, lentamente. Non riusciva ad aggiungere altro, non ne aveva la forza.
"Ti sembrerò una femminuccia ma non riesco proprio a smettere di piangere." ammise alla fine James, asciugandosi gli occhi con la manica della veste.
Lo zio lo tirò a sé, e lo strinse forte. James si sorprese di quel gesto ma si abbandonò quasi subito a quella stretta così familiare e paterna.
"Tranquillo, sfogati. Fa bene, sai?" sussurrò Robert all'orecchio del nipote, trascinandolo verso il castello. James non capiva dove lo zio lo stesse portando, ma si lasciò guidare.
Improvvisamente aveva sentito il bisogno di riprendere a fidarsi di qualcuno.
Una volta arrivati di fronte al portone principale lo zio lo spinse, entrando nell'atrio dove Silente stava parlando a bassa voce con alcuni professori. Tutti sembrarono stupiti e sollevati di vedere che James era tornato e si zittirono non appena i due nuovi arrivati si avvicinarono. Tra loro c'erano anche la McGranitt e Lumacorno, ma nessuno dei due sembrava avere troppa voglia di parlare della partita appena terminata.
"Albus, porto il ragazzo fuori dal castello." avvisò Robert, ricevendo subito un silenzioso gesto di assenso da parte dell'anziano preside.
"Albus, non è pericoloso?" chiese subito la McGranitt, preoccupata. James si sorprese nel vedere la donna, normalmente glaciale e altera, così preoccupata per lui. In lontananza si sentivano chiaramente i canti festosi della sua casa, ma alla donna sembrava non importare. Per la prima volta da quando ne era stata nominata direttrice, Minerva McGranitt ignorava una vittoria della sua casa, troppo preoccupata per uno dei suoi ragazzi.
"Tranquilla Minerva, è con me." assicurò Robert, tranquillo. Silente diede nuovamente il suo silenzioso assenso ed i due sparirono dalla vista del gruppo di professori.
"Dove andiamo?" chiese James, curioso, seguendo lo zio senza perderlo di vista.
Senza che il ragazzo si fosse riuscito a spiegare come fosse stato possibile, era tornato tutto come prima del suo incidente e della morte di suo padre. In suo Zio Bob aveva ritrovato un fratello, un amico, un confidente ed un compagno di avventure. Un punto di riferimento insomma.
"Tu fidati." rispose Robert, vago, sorridendo tristemente tra sè. Anche se non lo diceva apertamente era evidente che il suo pensiero era volato a Charlus. Il ragazzo annuì, serio.
"Mi basta andare lontano da qui." mormorò James, imbronciato. Era bastato ripensare alla partita perché gli fossero tornate alla mente tutte le bugie che gli avevano raccontato e perché la rabbia tornasse a farsi sentire.
Robert condusse il nipote fino a fuori dal cancello della scuola senza aggiungere nulla, per poi materializzarsi alla porte di un bosco fitto che James non riusciva a riconoscere.
I due uomini camminarono a lungo, in silenzio prima che uno dei due si decidesse a parlare.
Solo quando vide una roccia ovale Robert si fermò e James capì dove erano finiti. Suo padre gli aveva spesso raccontato di quel posto. Diceva che era lì che lui e Bob avevano vissuto insieme i momenti più belli e più brutti della loro vita. Il ragazzo vide l'uomo accomodarsi alla meglio su un sasso a poca distanza da una pozza d'acqua e subito lo imitò. James intuì subito che stare lì per lo zio, senza il suo storico compagno di malefatte doveva essere terribile. Proprio come era per lui pensare ad un futuro senza Sirius ma con la differenza che Sirius era ancora vivo. Forse un po' stronzo ed insensibile, ma tutto sommato vivo.
"Tu non li odi." disse alla fine Robert, cercando di scacciare dalla mente i ricordi del suo migliore amico. Qualsiasi cosa in quel luogo gli parlava di Charlus, in particolare il viso insieme triste ed imbronciato di James. Essere lì era doloroso, ma lui doveva farlo per il bene del suo adorato nipote. Lo doveva al suo migliore amico. Non poteva più fare nulla per il suo migliore amico, ma almeno poteva occuparsi di suo figlio.
"Infatti, li detesto." Ribatté James, accigliato. Robert sospirò. Sapeva che il nipote aveva la testa dura, proprio come suo padre e sua sorella Dorea. Il pensiero di quella somiglianza riuscì a strappargli un sorriso che stupì James, seppure per qualche istante solo.
"No, ora sei solo arrabbiato. È normale. Loro hanno avuto tempo di superare la cosa, tu No." spiegò con pazienza lo zio. James ci rifletté per qualche istante, prima di ribattere nuovamente. Le parole dello zio avevano un senso, eppure non voleva neppure provare a trovare loro una giustificazione. Era infantile, ma non voleva giustificarli. La paura che potessero mentirgli ancora era troppo forte. Per quanto stupido suonasse, voleva avere ragione senza condizioni.
"Lily mi odia, Sirius mi disprezza e Alice mi ha mentito. La mia vita fa schifo." dichiarò, sconfitto. Non gli importava se lo zio aveva ragione, lui guardava solo ai fatti. I suoi amici avevano dichiarato di volergli bene, poi lo avevano tradito.
"Andiamo James, non essere così teatrale.." esclamò Robert, alzando gli occhi al cielo.
"Ah, dimenticavo la parte più bella; mio padre è morto." aggiunse James, lanciando lontano un sasso e colpendo di striscio un innocuo gruppo di castori che corsero via offesi.
"Lo so, ragazzo. Non è difficile solo per te, ricordi?" mormorò Robert, distogliendo lo sguardo per nascondere le lacrime.
"Scusa.." biascicò James, imbarazzato. Nel vedere il viso addolorato allo zio al pensiero di suo padre, James capì quanto era stato stupido qualche mese prima a pensare che solo lui aveva il diritto di soffrirne.
"Non importa, sfogati." disse lo zio, sorridendo.
James aprì la bocca per sfogarsi e tirare fuori tutto il dolore che aveva dentro, ma una voce che sembrava provenire dalla sua tasca lo interruppe ancora prima che potesse cominciare a parlare.
"James, rispondi." chiamò Sirius, spaventato. James alzò gli occhi al cielo e prese a sbuffare.
"Cosa?" chiese Robert, guardandosi intorno frenetico senza capire da dove veniva quella voce e soprattutto di chi fosse.
"Lo specchio.." rispose James, indicando la tasca della veste nella quale c'era lo specchio gemello con il quale lui e il suo migliore amico erano soliti comunicare.
"Me lo ricordo bene. Non rispondi?" chiese Robert, sorridendo. Conosceva bene quegli specchi perché anche lui e Charlus li avevano usati parecchio tempo prima. Erano stati proprio lui e Charlus a donarli ai due ragazzi, per continuare la tradizione di scherzi e punizioni che avevano iniziato loro anni addietro.
"Non ho voglia di sentirlo. Non ora, almeno." sbuffò James, allontanando lo specchio dalla sua vista. Vederlo voleva dire soffrire, ricordare quello che aveva da poco perso.
"Prenditi il tempo che ti serve." consigliò lo zio. James sospirò, pensieroso.
Dallo specchio venne ancora la voce di Sirius, più debole e spaventata di prima.
"James, sono una merda. Lo so che mi odi, ma io ho una paura fottuta. Parla, ti prego. Dimmi che non hai fatto pazzie.." implorò Sirius, la voce rotta. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Anzi, qualcosa gli diceva che forse il suo migliore amico stava già piangendo ed era terrorizzato.
"Che cosa sta dicendo?" chiese James, guardando Robert sconvolto. Lo zio sospirò, grattandosi la testa indeciso sulle parole da usare.
"Beh, mettiamola così; nessuno sa di preciso come si sia svolto il tuo incidente.." disse alla fine lo zio, scegliendo con cura le parole per evitare che il ragazzo si mettesse ancora sulla difensiva e scappasse anche da lui.
"Credono che mi sia suicidato?" esclamò James, incredulo. Quella frase suonava talmente assurda che gli sembrava incredibile che l'avesse detta proprio lui e ancora più folle gli sembrava che qualcuno avesse potuto credere all'ipotesi del tentato suicidio.
"Sapevo bene che non era così, ma è lo stesso bello sentirtelo dire." sospirò Robert, visibilmente sollevato. James sbuffò, di colpo di nuovo furente.
"Ma che diamine è passato per la testa a tutti?" si chiese James, passando dall'incredulità alla rabbia; possibile che nessuno avesse fiducia in lui? Se persino i suoi amici e la sua famiglia avevano creduto a quella assurda voce voleva dire che nessuno lo conosceva veramente, oppure che negli ultimi tempi doveva avere perso veramente il senno.
"Hai idea di cosa abbiano passato i tuoi amici e la tua famiglia mentre eri in coma? Non credi che abbiano già pagato abbastanza le schiocchezze che hanno detto?" cercò di farlo ragionare Robert, saggiamente. James sospirò, soppesando con cura le parole. La sua parte razionale sapeva bene che lo zio aveva ragione, ma dentro di lui c'era una parte più istintiva che non voleva saperne di calmarsi.
"Beh, si.. Ma come la metti con me? Dovrei stare buono, zitto e fingere che non mi abbiano mentito e che la mia vita sia perfetta?" esplose James, dando sfogo alla sua rabbia. Lo zio sospirò, soppesando nuovamente le parole.
"Hai tutto il diritto di essere arrabbiato e di volere delle spiegazioni. Solo, vedi di non esagerare." consigliò Robert, per nulla turbato dall'aggressività del nipote. Dopo tutto ne aveva tutto il diritto.
"Ho capito, sono già stato abbastanza teatrale.. Grazie zio, per tutto." mormorò alla fine James, sorridendo. Parlare con lo zio alla fine gli aveva fatto bene, come tutte le altre volte.
"Grazie a te per avermi rivolto ancora la parola nonostante tutti i miei sbagli. Se hai perdonato me puoi perdonare anche loro." disse Robert, felice di essere riuscito a strappare un sorriso al ragazzo. Il ragazzo guardò severo lo zio, riflettendo seriamente sulle sue parole.
"Vuoi una risposta?" sbuffò James, imbronciato. Un conto era dire che lo zio aveva ragione, un altro perdonare Sirius, Alice, Lily e gli altri così su due piedi.
"No, ma promettimi che ci pensi." ribatté Robert, testardo quanto il nipote.
James sospirò, poi annuì lentamente solamente dopo averci pensato su per un bel po'. Robert, soddisfatto, lo riportò al castello dove la professoressa McGranitt ancora attendeva con trepidazione, ingannando l'attesa punendo i Serpeverde che violavano il coprifuoco.

Dove Sei James?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora