Visite e chiarimenti

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Il giorno seguente era arrivato fin troppo in fretta, senza che i ragazzi se ne rendessero conto e tutti loro provavano un senso di ansia. 
Nessuno sapeva bene cosa avrebbero trovato a San Mungo e ognuno aveva passato la serata precedente cercando di stemperare la tensione un po’ a modo suo. Alice, Lily, Cristal e Charleen avevano passato la serata a parlare come non facevano da un po’, e tutti i dissapori tra loro erano stati completamente superati. Alla fine erano anche riuscite a ridere insieme mentre ricordavano i loro primi anni al castello e le figuracce storiche che avevano fatto con i professori. Dietro quei discorsi spensierati si celavano però tutte le loro paure. Charleen era la più in ansia. Da quando anni prima suo nonno era morto non era più riuscita a mettere piede in un ospedale senza tremare. Lily, invece, aveva quasi passato l’intera notte a chiedersi che effetto le avrebbe fatto vedere James malato, immobile in un letto. 
Se chiudeva gli occhi e pensava a lui, Lily vedeva un ragazzo che non stava mai fermo, sempre con il sorriso sulle labbra, la battuta pronta e un’aria un po’ strafottente. Persino quando aveva la febbre James riusciva a combinare guai e a scappare dalle grinfie dell’infermiera del castello per chiederle un appuntamento. La ragazza sorrideva tra sé malinconica e pensava che fino a quel momento lo aveva odiato e si era rifiutata di aver alcun rapporto con lui proprio per quel suo modo di essere. Proprio per quegli stessi particolari e per quelle stesse abitudini che ora le mancavano così tanto.  
Tra i ragazzi invece la tensione era più evidente e Sebastian cercava di stemperarla facendo più rumore possibile, cercando di scacciare i brutti pensieri dalla testa degli amici. Inutile dire i suoi sforzi erano vani. Remus guardava il compagno di casa, e nei suoi gesti e nei suoi sorrisi riusciva a rivedere un po’ di James. Sicuramente se fosse stato al loro posto avrebbe trovato il modo di ridere anche di quella situazione. Sirius era silenzioso e stava per i fatti suoi. Un paio di volte Peter aveva provato a richiamare la sua attenzione, ma non c’era stato verso. Solo verso la fine della serata, quando ormai era molto tardi, il ragazzo si era avvicinato agli amici e aveva abbozzato un sorriso poco convincente, prima di buttarsi a letto.
La mattina seguente, a colazione, tutti loro avevano mille domande da fare ad Alice, ma nessuna voglia di parlare. Si lasciarono guidare dalla ragazza, obbedienti, prima nell’ufficio della McGranitt e poi lungo i corridoi del San Mungo, fino alla stanza in cui si trovava James. Fuori dalla porta trovarono la madre di Alice insieme alla madre di James. Lily fissò le due donne per qualche istante, poi abbassò la testa, sentendosi quasi colpevole per il loro dolore.
“Mamma, zia..” salutò Alice, avvicinandosi alle due donne. Quella mattina Dorea Potter aveva una faccia più stanca del solito, ma trovò lo stesso la forza di sorridere agli amici del figlio, venuti fin lì per passare qualche ora con lui. Dorea era molto grata ad Alice per tutto quello che faceva per James, e sperava con tutto il suo cuore che servisse a qualcosa. Tra i ragazzi individuò quasi subito Sirius, lo raggiunse e lo strinse forte a sé per qualche istante, senza dire nulla. Il ragazzo la lasciò fare, imbarazzato, mentre gli occhi di entrambi si rigavano di lacrime. Vedere Dorea piangere con il viso segnato dalla stanchezza rendeva tutto terribilmente reale che ormai era quasi impossibile pensare che fosse solamente un brutto sogno. Charleen era sperduta, e si aggrappava con tutte le sue forze a Cristal e a Sebastian per scacciare i vecchi ricordi dalla sua mente. 
“Ci hai dato retta alla fine, brava.” si complimentò la madre di Alice, abbracciando la figlia. La ragazza annuì appena, con un impercettibile movimento del capo, mentre la madre tese la mano per salutare Frank.
“Noi andiamo a bere qualcosa, se avete bisogno siamo giù al bar. Va bene?” aggiunse Dorea, dopo essersi staccata da Sirius. 
In quel momento alle spalle della comitiva comparve Molly, perfetta come al solito nella sua uniforme bianca. 
“Siete pronti?” chiese sorridendo tranquilla, mentre i ragazzi la studiavano con attenzione. Doveva fare quel lavoro da anni, si ritrovò a pensare Remus. James non era certamente il primo ragazzo che vedeva in coma, chissà quante altre volte si era trovata davanti gruppi di amici come loro, e quante volte aveva posto la stessa domanda. Forse per lei quella era la quotidianità mentre per loro era una situazione nuova che mai si erano aspettati o avrebbero voluto vivere. Molly continuava a fissarli, in attesa di una risposta che tardava ad arrivare. Dopo qualche istante i ragazzi annuirono, ma nessuno di loro pensava di essere davvero pronto per quello che li aspettava oltre la porta.
Alice fu la prima ad entrare, tenendo saldamente la mano di un agitatissimo Frank. 
La stanza di James era illuminata dalla luce del sole, proprio come l’ultima volta che la ragazza era stata lì, e qualcuno aveva anche sistemato dei fiori bianchi sulla finestra. L’attenzione dei ragazzi fu attirata quasi subito dai poster e dalle fotografie di ragazzi sorridenti che erano appesi tutto intorno al letto. In quasi tutte le foto compariva James. C’erano un sacco di foto dei malandrini, della squadra, di Alice e persino degli scatti rubati a Lily. Appoggiata alla testata del letto c’era anche una sciarpa con i colori della loro casa, Grifondoro. Alice si fermò a guardare sorpresa, chiedendosi quando la zia avesse portato tutte quelle cose e dandosi mentalmente della stupida per non averci pensato lei. 
“Ciao Jamie!” salutò poi Alice allegramente, come faceva sempre entrando in quella stanza. 
I ragazzi rimasero per qualche istante senza fiato a fissare il silenzioso occupante del letto. 
Il saluto della ragazza, così pieno di vita faceva letteralmente a pugni rispetto allo stato della persona a cui era rivolto. James era come al solito immobile nel suo letto, pallido quasi come un fantasma e provato da tutti quei lunghi mesi a letto, mentre tutti i suoi amici tenevano lo sguardo fisso su di lui senza sapere cosa fare o come comportarsi. Alice avvertiva chiaramente lo smarrimento e la confusione degli amici, e cercò di smorzare quella situazione comportandosi come faceva sempre. Non voleva che James avvertisse quel disagio, gli avrebbe fatto solo male.
“Oggi non sono sola. Sai, ci sono anche i tuoi amici. C’è anche Remus che ti ha scritto per tutta l’estate, sei contento?” continuò Alice, avvicinandosi al letto e stringendo forte la mano del cugino. Remus fece vagare lo sguardo per la stanza, e notò una grossa pigna di lettere sul comodino, proprio di fianco agli occhiali da vista dell‘amico. Tra quel mucchio di carta dovevano esserci tutte le lettere che lui aveva scritto durante i mesi estivi. Quelle stesse lettere che lui aveva pensato fossero state buttate.
“Ciao James, allora le lettere non sono andate perse..” mormorò piano Remus, cercando di controllare l’emozione della voce e senza staccare gli occhi dal viso privo di espressione di James. Era una sofferenza vederlo in quello stato, Remus avrebbe barattato senza pensarci due volte qualsiasi cosa pur di vederlo sorridere ancora.
“Gliele ho lette io. Avrei dovuto risponderti, avvertirti, ma non ne avevo la forza.” spiegò Alice, senza staccare lo sguardo da James. Di nuovo cadde il silenzio. I ragazzi se ne stavano lì, immobili, senza riuscire a dire niente. Tutti i propositi, tutti i discorsi che si erano preparati sembravano lontani, persi. Sirius era come in trance, la vista dell’amico di sempre in quelle condizioni aveva soffocato dentro di lui qualsiasi sentimento. Era come morto. Peter tremava come una foglia, smarrito, privo di punti di riferimento. Frank aveva lasciato la mano di Alice, che ora sedeva sul letto del cugino, e stava al fianco di Sebastian, immobile e impacciato. Cristal piangeva, tenendo la mano di Lily, che provava un infinito senso di colpa. Charleen invece si sentiva impotente, esattamente come quando aveva visto il nonno andarsene per sempre.
“James, mio dio. È terribile.” biascicò Sebastian. Improvvisamente l’allegria della sera precedente era scomparsa, volatilizzata. Se un dissennatore fosse entrato in quella stanza non avrebbe trovato nessun sentimento felice da portare loro via. Lentamente, Sirius si avvicinò al letto di James e crollò in ginocchio al suo capezzale.
“Amico, non avrei dovuto dirti quelle cose.. Mi spiace..” mormorò piano Sirius, scoppiando in un pianto disperato. I ragazzi distolsero lo sguardo, imbarazzati, quasi colpevoli di stare assistendo ad uno sfogo così privato tra i due amici. 
“Sembra quasi stia dormendo.” osservò Lily, scrutando con attenzione ogni minimo dettaglio della figura del ragazzo nel letto. Aveva odiato per anni quel ragazzo, ed ora si sentiva morire dentro vedendolo così. Era pena quella che provava, o forse c’era dell’altro? 
“Già, solo.. Non si sveglia..” rispose Alice, asciugando con un fazzoletto gli occhi di James che avevano preso a lacrimare. Tra i ragazzi cadde il silenzio. 
“Alice, senti.. Io avrei una domanda. Come ha fatto a..” iniziò Frank, chiedendosi se era il caso di fare davvero quella domanda proprio lì, di fronte a James.
“Non si sa bene.” rispose Alice, intuendo a cosa si riferiva il suo ragazzo. Sapeva bene che prima o poi avrebbero fatto quella domanda, e che lei avrebbe dovuto trovare il coraggio di dare loro una risposta.
“Come?” chiese Peter confuso. Alice sospirò, accarezzando piano il viso di James. 
“Era solo nella stanza quando è successo.” spiegò pazientemente Alice, senza staccare lo sguardo nemmeno per un attimo da cugino. Sirius si ritrovò spiazzato da quelle parole.
“Nella stanza? Ma Jamie stava bene.. pensavo si fosse trattato di un incidente.” balbettò Sirius. James era in perfetta salute, non era possibile che fosse improvvisamente caduto in coma, doveva essere successo qualcosa. Fino ad ora Sirius aveva semrpe pensato ad un incidente, una lotta con qualche mangiamorte, un ladro o qualcosa del genere.
“Infatti, qualcosa si dovrà pur sapere!” esclamò Cristal, stringendosi forte a Sebastian.
“Si, ma è tutto così confuso..” disse Alice incerta. Sapeva che sapere la verità avrebbe fatto stare peggio i ragazzi, ma non poteva continuare a tacere. Quel dubbio la stava torturando, doveva condividerne il peso con qualcuno. 
“Un incidente nella sua stanza?” chiese Remus scettico. La sua mente correva veloce e stava iniziando a sospettare che ci fosse dell’altro che Alice non avesse ancora detto loro.
“Ve l’ho detto.. Non si sa bene.” ripeté Alice, frastornata.
“Cosa si sa?” chiese Sirius, deciso a sapere la verità a qualsiasi costo.
“Lo hanno trovato in giardino, privo di sensi.. Lo hanno portato a San Mungo ma era già in coma.” raccontò Alice, ricordando le parole della zia. Il suo sguardo era fisso sugli occhi chiusi di James. Silenziosamente stava pregando il cugino di darle la forza.
“Aspetta, torna indietro un secondo. Se lo hanno trovato in giardino cosa centra la sua camera?” chiese Lily stupita. La sua mente aveva già iniziato a fare dei collegamenti, ma sperava con tutto il suo cuore di sbagliarsi. La finestra, la stanza, il giardino. Era tutto così terribilmente ovvio, ma allo stesso tempo irreale. Non poteva semplicemente essere vero.
“La finestra.. Era aperta. Camera di Jamie è al secondo piano. È caduto da lì..” continuò Alice incerta. La sua voce ora non era più tranquilla come prima, di colpo era diventata terribilmente triste. 
“È caduto dalla finestra? È assurdo!” esclamò Sebastian. Alice sospirò. Sperava che gli amici avessero capito subito, non voleva ripercorrere nei dettagli quella triste storia di cui sapevano troppo poco.
“Jamie quel giorno era molto sconvolto, era appena tornato dalla stazione. Si era chiuso in camera, non voleva parlare nemmeno con sua madre.” raccontò Alice tristemente.
“Stai dicendo che James si è.. Buttato giù dalla finestra?” chiese Charleen, dando voce alla domanda che stava passando per la testa di tutti loro.
“Non dire cavolate, James non avrebbe mai..” iniziò Sirius, senza riuscire ad arrivare in fondo alla frase. La voce gli mancò all’improvviso. Non poteva essere vero. Voltò la testa verso l’amico, implorandolo di svegliarsi per dirgli che non era vero, che non aveva cercato di mettere fine alla sua vita dopo tutte le sciocchezze che aveva sentito dire da lui. 
“Non si sa se lo ha fatto apposta, forse ha perso l’equilibrio..” ipotizzò Alice, mentre due grosse lacrime iniziavano a bagnarle il viso. 
Frank si avvicinò a lei e la strinse forte. 
“Come è possibile?” chiese Remus, sconvolto. Lily, Charleen e Cristal non riuscivano a parlare mentre Peter ormai era come diventato invisibile.
“Zia Dorea dice che era molto sconvolto quel giorno. Non era in sé.” disse loro Alice. 
“Tu cosa ne pensi?” chiese Cristal, guardando la sua migliore amica dritta negli occhi.
“Non lo so. Mi sono domandata molte volte cosa sia accaduto in quella stanza, senza avere risposta. Ad ogni modo, mio cugino è in coma e sapere se si è buttato o è scivolato non servirà ad aiutarlo a svegliarsi.” concluse Alice, tornando a volgere lo sguardo sul corpo martoriato di James.
I ragazzi rimasero con James ancora per qualche ora, alternandosi a turno nella stanza. Sirius aveva chiesto di poter essere il primo e di poter entrare solo. Gli amici lo avevano accontentato. Quando era uscito dalla stanza sembrava ancora di più l’ombra di se stesso, ma nessuno aveva avuto il coraggio di chiedergli nulla. Si era seduto per terra, appoggiato alla parete con la testa tra le ginocchia, ma si vedeva chiaramente che la sua mente era altrove. Alice ipotizzò che avesse passato tutto il tempo parlando con James, aspettando delle risposte che non erano arrivate, proprio come faceva sempre lei. 
Il ritorno al castello fu per tutti un sollievo, nonostante fosse difficile staccarsi da James. Tutti loro provavano un senso di delusione e di inutilità, non si erano fatti illusioni eppure in qualche modo avevano creduto che la loro presenza avrebbe compiuto il miracolo che tutti aspettavano da parecchi mesi a quella parte. Una volta tra le familiari mura della casa di Grifondoro, Sirius e Lily furono i primi a sparire, ognuno nel proprio rispettivo dormitorio. Saltarono il pranzo, e non si fecero vedere per tutto il pomeriggio. Verso sera, Remus decise che l’isolamento di Sirius doveva finire e lo raggiunse nella loro stanza. Peter lo guardò salire le scale, per un attimo sembrò quasi che volesse andare con lui, poi rimase fermo sulla poltrona con gli occhi fissi sul fuoco che scoppiettava nel camino. 
La prima cosa che notò Remus entrando nella loro stanza fu il buio, e l’alone di tristezza che vi regnava. Sirius era seduto a gambe incrociate nel suo letto, le mani coprivano il viso e cercavano di fermare le lacrime. Tutto intorno a lui era il caos più totale, il ragazzo aveva cercato di sfogare la propria rabbia devastando completamente la stanza. L‘unica l‘angolo che si era salvato da quel furioso attacco d’ira era quello in cui c‘era il letto e la scrivania di James.
“Sirius..” chiamò dolcemente Remus, sedendosi vicino a lui. Intorno a loro c’erano ovunque libri, vestiti e oggetti di ogni tipo, ma il licantropo non sembrava badarci nonostante fosse da sempre ossessionato dalla mania dell’ordine. Sirius alzò la testa e incontrò lo sguardo rassicurante dell’amico.  
“Si è suicidato a causa mia?” chiese Sirius tra le lacrime. Remus sospirò e gli si avvicinò ancora di più. Erano tornati al castello da ore, ma Sirius si era rifiutato di scendere a mangiare o di parlare con qualcuno. A tutti diceva che voleva rimanere solo ma gli amici sapevano bene che in realtà si sentiva in colpa e voleva infliggersi una punizione per quanto accaduto al suo migliore amico.
“Io non credo che James fosse in grado di fare una cosa del genere. Lui è sempre stato forte, coraggioso. Ammazzarsi è da codardi, no? Lui non lo è mai stato.” spiegò pazientemente Remus, quasi stesse parlando con un bambino. Sirius sospirò e si asciugò gli occhi con la manica della veste. Ormai non aveva quasi più lacrime e non sapeva più cosa pensare.
“Non avrei dovuto dire quelle cose. Dannazione, non le pensavo nemmeno.” imprecò Sirius coprendosi il volto con le mani. Nonostante provasse a cacciarla con tutte le sue forze quella terribile immagine era sempre lì, ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva James in quel letto d’ospedale, solo. Perché il suo stupido orgoglio gli aveva impedito di tornare indietro quando era ancora in tempo? Se fosse andato a casa di James qualche mese prima, come era stato deciso da tempo, forse non sarebbe successo nulla e i malandrini avrebbero passato quei primi giorni di scuola a progettare disastri come al solito invece che a piangere un amico in coma.
“Andrà tutto bene.” mormorò Remus, abbracciandolo. 
“No dannazione, è tutta colpa mia.” replicò Sirius tra i singhiozzi, liberandosi dalla stretta dell‘amico.  
“Fare così non lo aiuterà di sicuro.” disse Remus sicuro, con uno sguardo severo. Sirius sospirò e si lasciò cadere sdraiato sul letto.
Nella dormitorio femminile, intanto, si stava svolgendo una scena tragicamente simile. Nella stanza delle ragazze però, era Lily quella fuori di sé. Era entrata nella stanza di James insieme a Charleen e a Sebastian ma non era riuscita quasi ad aprire bocca. L’unico che era riuscito a dire qualcosa era stato proprio Sebastian che aveva raccontato all’amico di come fosse stato nominato capitano della squadra e di come intendesse vincere la coppa per poterla dedicare a lui. Alla fine, prima di andarsene, Lily si era avvicinata a James e gli aveva dato un bacio sulla guancia. Dopo lo aveva fissato per un po’, come in attesa di qualcosa che però non avvenne, quasi quel suo bacio potesse avere il potere di svegliarlo. 
“Tesoro, calmati.” supplicò Cristal per la terza volta in pochi minuti. 
Lily era di fronte a lei in preda a una crisi isterica e né Charleen né Alice sapevano cosa fare.
“Non posso Cristal. Ti rendi conto?” chiese Lily tra i singhiozzi. Non riusciva più a sopportare tutta quella confusione che aveva nella sua testa. Poteva davvero essersi accorta di amare James Potter proprio quando questi era finito in coma a causa sua?
“Lo so, Lily. È terribile, ma non è colpa tua.” rispose Cristal, stringendo l’amica a sé. Starle vicino era tutto quello che poteva fare per lei in quel momento. Alice fissava la scena, pensierosa, chiedendosi a cosa fosse dovuta la crisi di Lily. Non era solo senso di colpa, no, c’era dell’altro. Che la rossa avesse finalmente capito di provare qualcosa per James? Alice e Cristal sostenevano da anni che la parte istintiva di Lily in realtà fosse attratta da James ma che la parte razionale della rossa l’avesse sempre frenata dal farlo capire al diretto interessato per paura di soffrire.
“Si è buttato da una finestra. Da una finestra, capisci? È tutta colpa mia!” urlò istericamente Lily, prendendo a pugni il proprio cuscino. Charleen si avvicinò alla ragazza e cercò di fermarla, per impedirle di farsi male.
“Non solo tua, abbiamo sbagliato tutti. Dovevamo capire.” disse Alice, intromettendosi nella discussione e avvicinandosi all’amica. Le ragazze si voltarono verso di lei, confuse. Nella parole di Alice non c’era più traccia della rabbia o del rimprovero dei giorni precedenti, ma solo una tristezza infinita e allo stesso tempo una determinazione che le imponeva di non smettere di sperare. 
“Che dici?” chiese Charleen, passando lo sguardo da Lily, ad Alice per finire con Cristal. 
“Tutti alla stazione abbiamo visto quanto stava male e quanto era disperato, ma nessuno ha fatto nulla per lui.” replicò Alice, porgendo un fazzoletto a Lily e poi prendendone uno per se stessa. La serata proseguì così, fino a che le ragazze crollarono addormentate, con gli occhi rossi e gonfi per il troppo pianto. La mattina successiva si svegliarono più stanche della sera precedente, e si trascinarono a fatica fuori dalla loro stanza. Stessa cosa fecero i ragazzi. 
A colazione nessuno parlò, e lo stesso successe a pranzo. Alice rimase nella sua stanza fino a pomeriggio inoltrato, non aveva voglia di fare niente e soprattutto non voleva vedere o parlare con nessuno. Voleva rimanere sola a pensare, senza interruzioni.
Quando la ragazza finalmente si decise a scendere in sala comune, trovò Frank mezzo addormentato sul divano, e Sebastian intento a scrivere una lettera. Alice, stupita, si avvicinò a quest’ultimo, decisa a non disturbare il sonno del suo ragazzo. 
“Che fai?” chiese Alice, guardando Seba sconvolta. In sei anni non lo aveva mai visto alle prese con una lettera. Diceva sempre che la sua famiglia era babbana, e che i gufi li avrebbero spaventati. In realtà Sebastian era solo molto pigro, tutti lo sapevano al castello.
“Secondo te?” chiese Sebastian, guardandola per qualche istante con uno sguardo divertito prima di tornare a dedicarsi alla lettera che stava scrivendo. Alice rimase in silenzio, gli occhi fissi sulla pergamena. 
“Seba.. Ti conosco da sei anni e non ti ho mai visto scrivere una lettera. Si può sapere che ti prende?” chiese ancora Alice, portando le mani sui fianchi in una bizzarra imitazione della professoressa McGranitt. Il ragazzo la guardò con un misto di terrore e curiosità, prima di scoppiare a ridere.
“Niente, mi va di scrivere.” replicò lui, intingendo nuovamente la penna nell’inchiostro.
“Posso chiederti a chi?” chiese gentilmente Alice, sedendosi di fianco all’amico. Sebastian sospirò. 
“Alla stessa persona a cui tu scrivi tutti i giorni..” rispose lui, guardandola dritta negli occhi. Ad Alice quelle parole bastarono per capire.
“Grazie.” fu tutto quello che riuscì a dire. In quel momento Frank si girò nel sonno. 
“Smettila. Non sono l’unico, sai? Anche il piccolo Peter, Charleen e Remus.. Li ho visti prima andare alla guferia.” mormorò lui, impacciato. Alice rimase a guardare l’amico scrivere, fino a che un debole mugolio le comunicò che il suo ragazzo si era appena svegliato.
“Sirius e Lily come l’hanno presa?” chiese Frank senza aprire gli occhi, con la voce ancora impastata dal sonno. 
“Ti riferisci al fatto che James si è lanciato da una finestra dopo aver discusso con loro?” chiese Sebastian ironico. Alice rimase turbata dalla brutalità della frase, ma dovette riconoscere che fotografava la situazione e che rendeva l’idea di quanto successo. Almeno per quanto ne sapevano loro.
“Abbastanza male, quindi.” si rispose Frank mettendosi a sedere e grattandosi perplesso un orecchio. 
Alice si alzò e si portò vicino a lui, accoccolandosi sulle sue gambe.
“Non siamo sicuri sia andata così.” replicò Alice, sospirando. 
“Alice, non mentire. Credi davvero che sia caduto?” chiese Frank, fissando dritta negli occhi la sua ragazza. 
Alice rimase un po’ a pensarci prima di rispondere.
“Non lo so.” rispose Alice dopo un po’alzando le spalle. In quei mesi aveva pensato di tutto, e ormai non sapeva più a cosa voleva credere.
“Mi sento in colpa.” disse Frank dopo qualche istante di silenzio. Sebastian lo guardò con aria interrogativa. Senza volere Frank aveva dato voce al pensiero che in quel momento passava per la testa di tutti quanti.
“Amore, che dici..” iniziò Alice, ma fu subito interrotta.
“Ha ragione, avremmo potuto fare qualcosa per lui.” disse Sebastian, mettendo la pergamena in una busta su cui aveva già scritto l’indirizzo. 
“Non doveva rimanere solo, è stata colpa mia.” mormorò Alice, tornando con la mente a quel pomeriggio lontano in cui James si era allontanato solo dalla stazione e lei glielo aveva lasciato fare. In quel momento pensava che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per parlare con suo cugino, non sapeva ancora quanto si stava sbagliando.
Il pomeriggio proseguì senza nuovi avvenimenti, lungo e monotono, e i ragazzi, malandrini compresi, erano quasi grati che il giorno successivo riprendessero le lezioni. Il solito tran tran li avrebbe aiutati a distrarsi un po’.
Quella sera a cena ricomparve anche Sirius, pallido e provato dagli eventi degli ultimi due giorni. Nessuno aveva una gran voglia di mangiare, ma tutti si sentivano obbligati per non dare altre preoccupazioni agli amici.
“Come hai fatto, Alice?” chiese Sirius all’improvviso fissando la ragazza. Alice alzò gli occhi dal suo piatto ancora pieno e incontrò lo sguardo del ragazzo. Sirius sembrava l’ombra di se stesso, aveva perso parecchi chili, non dormiva da giorni ed era pallido quasi quanto lei.
“Sirius, non capisco quello che dici..” rispose Alice, confusa.
“Come hai fatto a non spaccarmi la faccia appena mi hai rivisto? Come fai a non odiarmi a tal punto da volermi morto? James sta male per colpa mia, perché io ho detto una fila di cazzate che nemmeno pensavo.” si lasciò andare Sirius. 
I ragazzi rimasero in silenzio, aspettando con il fiato sospeso la risposta di Alice che tardava ad arrivare.
“Ha ragione lui. James ha cercato di uccidersi ed è finito in coma. Non riesco nemmeno a guardarmi allo specchio, tu come fai a rimanere così calma?” chiese Lily. Remus si ritrovò a pensare che era la prima volta che Lily e Sirius si davano ragione, se James fosse stato con loro avrebbe sicuramente apprezzato il momento.
“Ho passato tutta l’estate ad odiare me stessa e voi, specialmente tu e Sirius. Non vi ho detto nulla perché volevo punirvi, ma così ho fatto del male solo a Jamie. Forse con la vostra presenza si sarebbe svegliato subito..” rispose Alice alla fine, lasciando tutti senza parole.
“Stavi male, soffrivi.. La tua è stata una reazione comprensibile.” disse Remus. Alice scosse la testa, decisa.
“Voi siete responsabili quanto me. Tutti avremmo potuto aiutarlo, ma nessuno lo ha fatto.” Odiare gli altri, ed odiare se stessi è inutile. Dobbiamo avere fede.” replicò decisa la ragazza. I ragazzi rimasero sorpresi da quelle parole, Alice aveva smesso di incolpare loro e aveva cominciato a riconoscere che la colpa non era di nessuno, o forse di tutti loro, e che da quel brutto momento potevano uscirne solamente rimanendo uniti.
“L’unico che può spiegarci tutto questo è James.” concluse Frank, infilzando deciso un solitario pezzo di carne sul suo piatto.


***

“Molly, corri.” chiamò Beth. Nella sua voce si avvertiva chiaramente la paura, ma Molly non ci fece caso. La ragazza era nuova del reparto e probabilmente quella era la sua prima emergenza. La medimaga sospirò, prima di dedicare la sua attenzione alla collega.
“Che c’è?” rispose Molly pacata. 
“Novità in sala uno, muoviti.” esclamò ancora l‘altra donna, tornando nella stanza da cui era appena uscita. Molly ci mise qualche istante prima di realizzare: nella sala uno c’era James.
“James! Che è successo?” urlò la donna, precipitandosi nella stanza del ragazzo. Proprio quella sera il ragazzo era rimasto solo, Molly era finalmente riuscita a convincere la madre a prendersi un’intera notte di riposo in un vero letto, promettendole che non sarebbe successo nulla al suo bambino in sua assenza. James non poteva azzardarsi a morire proprio quella sera. Come avrebbe potuto dare una notizia del genere a Dorea?
“Penso abbia appena aperto gli occhi..” rispose Beth con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

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