Alice rimase tra le braccia di Frank per un tempo che non avrebbe saputo quantificare. Gli sguardi di quasi tutta la Sala Grande sembravano fissi su di loro ma i due ragazzi parevano non vederli. Potevano essere minuti, ore o forse giorni quelli che erano trascorsi. Quella stretta così dolce, forte e protettiva faceva girare la testa ad Alice e le faceva perdere il senso del tempo o dello spazio.
Per la prima volta dopo molti mesi la ragazza provò l’improvviso desiderio di fare l’amore con Frank immediatamente, in mezzo a tutti. Era un impulso talmente forte che Alice dovette fare del suo meglio per reprimerlo e controllarlo.
La ragazza si staccò da quella stretta, ancora sconvolta e fissò Frank. Anche lui era frastornato, perso. I due amanti si scambiarono un bacio tutto tranne che casto che conteneva la promessa di una notte di passione. La voce della professoressa McGranitt riportò Alice alla realtà. La donna stava salutando il preside che stava lasciando la Sala.
“Va a chiedere se puoi andare da James.” disse Frank, dolcemente. Alice gli stampò un altro bacio sulle labbra e poi corse verso l’uomo.
“Signore, la prego aspetti.” implorò Alice rivolta al preside che si stava allontanando dalla Sala Grande diretto nel suo ufficio. Ormai Silente era quasi fuori dalla stanza e sorrideva dolcemente alla ragazza. Dal momento in cui la ragazza gli era corsa incontro al preside era bastato uno sguardo per capire cosa volesse chiedergli.
“Signorina Prewet.” salutò gioviale Silente, con il solito sorriso benevolo dipinto sul volto. Alice lo guardò, perplessa. Sembrava assurdo ma il preside aveva lo strano potere di riuscire ad anticipare le richieste dei suoi ragazzi, anche le più strane.
“Jamie.. Si è svegliato oggi!” iniziò Alice, leggermente imbarazzata.
“Sono stato informato pochi minuti fa e mi sembra un bellissimo avvenimento.” commentò il vecchio professore, sollevato.
Sapere che il ragazzo era fuori pericolo era stata la notizia migliore della giornata, la prova che nonostante gli omicidi e gli attentati alle sedi del ministero la vita trovava comunque la forza di andare avanti. Certo, le cose per lui non sarebbero di certo state semplici ora, ma il cammino era iniziato e ora aveva i suoi amici e la sua famiglia ad aiutarlo.
“Posso andare da lui?” chiese Alice, speranzosa. Silente era sempre stato comprensivo con lei quando Jamie era in coma, non c’era ragione che le impedisse di correre da lui proprio ora che si era finalmente ripreso. Il vecchio preside si fece più serio, e guardò la ragazza.
Si trattava di uno sguardo dolce, per nulla invasivo, eppure sembrava scusarsi e preannunciare un rifiuto.
“In questo momento James non può ricevere visite, è troppo debole. Appena sarà possibile ti farò andare da lui, considerala una promessa.” spiegò Silente con pazienza. Alice lanciò all’uomo un’occhiata di sbieco, chiedendosi se si fosse preparato quel discorso o meno.
“Grazie signore.” ringraziò Alice, cercando di mascherare la delusione nella sua voce.
Tornò dai suoi amici con lo sguardo fisso sul pavimento e questi immaginarono che Silente non era stato comprensivo come al solito.
Sirius lanciò uno sguardo a Remus, poi sospirò.
Frank notò immediatamente l’espressione della ragazza, e la prese amorevolmente tra le sue braccia. Alice chiuse gli occhi, cercando di fingere che andasse tutto bene. Parte della felicità per il risveglio di James era svanita quando il preside le aveva impedito di raggiungerlo.
“Che ha detto?” chiese Sirius, apprensivo. Aveva appena smesso di piangere ma i suoi occhi erano cerchiati di rosso. Cristal non riusciva a staccare lo sguardo da lui; era la prima volta che Sirius mostrava al mondo il suo lato più privato, indifeso. Tutti erano a conoscenza del rapporto profondo, fraterno e viscerale che legava James e Sirius ma nessuno fino a quel momento era riuscito a comprenderlo tanto a fondo come aveva fatto Cristal quella sera.
“Ti lascia andare?” chiese Remus, ansioso. Peter era in silenzio alle spalle dei due ragazzi, troppo timido e timoroso del giudizio altrui per parlare. Era felice per il risveglio di James, certo, ma non riusciva ad esprimerlo senza sentirsi fuori posto, impacciato.
“Dice che è presto. Appena sarà possibile andrò.” sospirò Alice, delusa. Cristal si avvicinò all’amica e le diede un bacio sulla guancia.
Per un po’ i ragazzi rimasero in silenzio. L’allegria che aveva scatenato la notizia che James si era svegliato era scomparsa, e tutti pensavano a quello che sarebbe accaduto ora. Di fronte a loro si stagliava un lungo sentiero pieno di buche, di insidie e di incognite.
Alice non poteva fare a meno di chiedersi se il cugino stesse bene e avesse o meno riportato danni. Sirius, Remus e Lily pensavano alle ultime discussioni con James e cercavano di indovinare come avrebbe reagito ora che era sveglio. Frank, Sebastian e Charleen erano tristi e preoccupati per gli amici. Avrebbero voluto poterli aiutare, ma la cosa appariva molto complicata. Solo Peter sembrava non fare caso a tutto quel trambusto. Il biondino era felice che James stesse di nuovo bene, e non capiva perché tutti si preoccupassero così tanto.
Charleen poi, era anche stranita. Negli ultimi tempi si era resa conto di non conoscere affatto James e si era ripromessa che se mai il ragazzo si fosse ripreso avrebbe cercato di rimediare. Giorno dopo giorno aveva imparato a vedere, attraverso la sofferenza di Sirius, Alice e Remus, un ragazzo diverso dal Potter presuntuoso e pieno di sé che aveva visto calcare i corridoi e i campi da Quiddicht fino a pochi mesi prima.
Fu Lily alla fine a rompere quel silenzio; nella Sala Grande erano rimasti solamente loro e gli elfi domestici che stavano sistemando i tavoli, muovendosi veloci nel disperato tentativo di dare meno nell’occhio possibile.
“Ragazzi è tardi. Andiamo a dormire.” propose Lily. I ragazzi annuirono stancamente e piano si diressero verso la loro sala comune, coscienti del fatto che nessuno di loro sarebbe riuscito a chiudere occhio quella notte. I loro passi risuonavano pesanti nel silenzio dei corridoi, mentre i pensieri di tutti andavano a James, solo e debole nella sua stanzetta d’ospedale a tante miglia da loro.
Erano passate ore, e l’orologio della stanza dei ragazzi batteva le due di notte ma due ragazzi continuavano a rigirarsi insonni nel letto; l’unico che era crollato subito era Peter, stancato dalle tante emozioni delle ultime ore.
“Remus, stai dormendo?” chiese Sirius piano, nel silenzio irreale della stanza. Sapeva che anche l’amico era sveglio. Dopo quasi sei anni che condividevano la stanza aveva imparato a capire lo stato d’animo degli amici a seconda di come respiravano o si muovevano nel letto. Remus aveva un sonno leggero ed il respiro regolare quando dormiva, inoltre non si rigirava mai nel letto. Al contrario James non stava mai fermo, si arrotolava nelle coperte e crollava a terra la mattina quando cercava di alzarsi. Sirius e Remus lo avevano preso in giro molte volte per quella sua strana abitudine. Peter invece, beh Peter per Sirius era un mistero anche quando dormiva. Solo James sembrava essere in grado di capirlo, e proprio per questo era il preferito del biondino. Per essere precisi Peter provava una vera e propria venerazione nei confronti di James.
“No, sono troppo agitato.” ammise Remus, mettendosi a sedere e lanciando un’occhiata a Sirius. Il ragazzo era sdraiato, gli occhi fissi al soffitto. Remus non riusciva a vederli, ma era sicuro che fossero ancora colmi di lacrime.
“Per James, vero?” disse Sirius. Remus non riuscì a capire se quella dell’amico fosse una domanda oppure un’affermazione.
“Anche tu immagino. A che pensi?” chiese Remus in rimando, sospirando.
“Sono felice che stia bene, non avrei sopportato di perderlo.” iniziò Sirius, cercando di scacciare dalla mente il pensiero di James morto. Nelle settimane precedenti non c’era stato giorno nel quale non avesse pensato alla morte di James e non c’era stata notte che non lo aveva sognato, risvegliandosi sudato e spaventato. Non aveva avuto il coraggio di raccontare a nessuno quei sogni, terrorizzato all’idea che potessero rivelarsi premonitori.
“Ma?” domandò Remus, intuendo che l’amico avesse qualcosa che lo tormentava. Probabilmente si trattava della stessa cosa che tormentava lui. Ora che James era sveglio e che stava bene era arrivato il momento di chiedersi come avrebbe preso il loro comportamento sul treno. La paura più grande di Remus era che James non li volesse più vedere, ma cercava in tutti i modi di nasconderla a Sirius. Doveva essere forte anche per l’amico; questa volta il compito di fare la roccia toccava a lui.
“Ma ho paura che sia arrabbiato con me, che non mi voglia vedere. Se me lo trovassi davanti ora non saprei cosa dirgli.” ammise Sirius tristemente, asciugandosi gli occhi alla meglio con le lenzuola.
Remus rimase in silenzio per un po’, cercando le parole giuste per confortare l’amico senza risultare banale e scontato. Per la prima volta nella sua vita Remus Lupin non sapeva cosa dire. Le paure di Sirius erano le stesse che aveva lui, le stesse che non riusciva ad affrontare. Come poteva essere di aiuto all’amico se non riusciva ad essere d’aiuto nemmeno a se stesso?
“Parlate di James?” chiese una vocina assonnata che proveniva dalla parte opposta della stanza che doveva certamente appartenere a Peter.
“Si, Peter.” rispose Remus, grato all‘amico per essere intervenuto. Le parole di Peter avevano messo fine a quel silenzio carico di interrogativi.
“Sono contento che si sia svegliato. Quando torna a scuola?” chiese Peter con il solito tono infantile. Remus si stupiva sempre di come tutto gli apparisse ovvio e scontato.
“Non saprei, è stato in come quattro mesi. Penso che dovrà riprendere le forze e fare fisioterapia.” ipotizzò Remus, dopo averci pensato un po’ su.
“Fisioterapia?” chiese Sirius, stupito.
“È stato a letto immobile quattro mesi, penso che avrà qualche difficoltà a camminare.” fece notare Remus. Sirius si incupì ulteriormente. L’idea che James non avesse ancora finito di soffrire lo distruggeva dentro. Quanto altro tempo doveva passare prima che James tornasse quello di sempre, il ragazzo spensierato che avevano imparato ad apprezzare?
“Ah, già. Non ci avevo pensato.” mormorò Peter, imbarazzato.
“Pensi che dovremmo andare da lui, a trovarlo dico..” disse Sirius in un sussurro rivolto a Remus. Il ragazzo rimase ancora in silenzio, prendendosi qualche istante per pensare.
“Non so, in questo momento non lasciano andare nemmeno Alice. Aspettiamo qualche giorno.” rispose Remus, saggiamente.
“Va bene, penso che tu abbia ragione.” ammise Sirius, tranquillizzato da quel breve scambio di opinioni con l’amico.
“Adesso dormi, però.” si raccomandò Remus, accoccolandosi sotto le coperte.
“Va bene mamma, ora faccio la nanna..” lo canzonò Sirius, accoccolandosi sotto le coperte. Nella sua mente i pensieri si rincorrevano ancora, veloci e negativi ma lui cercava di non dar loro troppo peso; doveva riuscire a credere di nuovo nel futuro.
Dopo che Sirius e Remus si furono addormentati la mattina successiva arrivò in un baleno. Sirius si era svegliato molte altre volte a causa di incubi in cui James lo inseguiva, gli lanciava maledizioni e gli urlava di tutto, ma nonostante questo poteva dirsi più tranquillo rispetto alla sera precedente. Almeno quella notte non aveva sognato la morte di James.
Per Dorea e Fanny la notte invece era stata un lunghissimo calvario. Dorea non aveva chiuso occhio, era rimasta per ore a fissare il vuoto e a ripensare ai ricordi perduti del figlio.
Non riusciva davvero a credere che i guaritori, che la magia stessa non potesse fare nulla per James. Fanny aveva fatto del suo meglio per consolare la cognata, ma era cosciente che non esistessero parole che potessero mettere fine alla disperazione di una madre di fronte al dolore del proprio figlio. Dorea in quei mesi aveva sopportato così tanto dolore che a Fanny pareva strano non fosse impazzita; le era morto in marito, lo aveva seppellito, non aveva ancora finito di piangerlo che si era trovata a vegliare James in ospedale. Dopo quattro mesi di tormento, paura e angoscia James si era svegliato ma non la riconosceva. Doveva essere terribile, al suo posto Fanny non avrebbe resistito.
“Che hai detto ad Alice ieri?” chiese Dorea a Fanny. Il suo tono era piatto, incolore, non c‘era traccia della minima emozione. La donna ci pensò su qualche istante.
“Che James si è svegliato.” rispose Fanny, passando all’altra donna un cappuccino che aveva preso al bar. Dorea prese la tazza e ringrazio timidamente Fanny. Si era completamente dimenticata da quanto tempo non metteva qualcosa sotto i denti. Erano settimane che non si concedeva un pasto vero o una colazione come si deve.
“Non sa nulla dell’amnesia?” chiese ancora Dorea, ansiosa.
“Non ancora.” ripeté Fanny, porgendo a Dorea anche un cornetto alla crema. Dorea lo studiò a lungo, poi lo prese e lentamente lo portò alla bocca.
“Povera ragazza, saperlo la distruggerà.” sospirò Dorea, ingoiando un morso del cornetto.
“Non puoi abbatterti così Dorea. Tuo figlio si è svegliato e sta bene.” disse Fanny, nella speranza di scuotere la cognata da tutto quel dolore. Dorea alzò la testa e studiò attentamente la donna.
“Però non si ricorda nulla di me, ne di nessun altro..” mormorò Dorea in tono funebre.
“Vedrai che con il tempo ritroverà la memoria. Dobbiamo solo stargli vicino.” disse Fanny decisa, appoggiando una mano sulle spalle di Dorea. Era sicura che tutto si sarebbe risolto, qualcosa dentro di lei le diceva che non era ancora arrivato il momento di perdere le speranze.
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Dove Sei James?
Fanfictionil sesto anno al tempo dei malandrini inizia in modo davvero movimentato. Lily e Sirius sono talmennte arrabbiati con James tanto da odiarlo e persino Remus ha pensato di strozzare l'amico con gli occhiali, l'unico problema è che James non si trova...