3) maestro lycan

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Passai il resto dei giorni a pensare a lei.
Era un pensiero fisso nella mia mente.
A scuola, a casa, nel bosco, ovunque fossi, due cose mi seguivano:
Le emicranie, e dolori alle ossa, alle articolazioni, sbalzi di umore che controllavo appena; e lei, Asya.
Non potevo avvicinarmi a lei, non volevo che diventasse un altro bersaglio per i ragazzi in vena di cattiverie.
Sapevo cosa sarebbe successo se avrei provato a parlarle.
Tuttavia, il comportamento che aveva avuto con me quel giorno mi aveva rapito.
In quel momento lo sapevo con certezza, mi ero innamorato.
Un amore, che mi faceva stare male, perché non potevo sfiorare la mia amata neanche con una parola.

Mi stavo lavando i denti quando l'ennesima emicrania mi colpì.
Lasciai cadere lo spazzolino e mi strinsi forte le tempie con le mani.
Sentii le vene del collo pulsare.
Qualche interminabile secondo dopo, il dolore finì.
Ero steso a terra.
Mi rialzai, aggrappandomi al lavandino.
Aprii il rubinetto sull'acqua fredda e mi sciacquai un paio di volte il viso.
Mi guardai allo specchio.
C'era qualcosa di strano in me.
Qualcosa che mi faceva paura.
I miei occhi, erano diversi, i colori più accesi, non più quel verde dorato, ma un giallo intenso.
Le vene erano improvvisamente diventate più scure.
La barba era cresciuta tutta d'un tratto.
Mi lavai altre volte il viso.
Avevo il cuore a mille.
Tremavo come una foglia.
Mi feci una doccia veloce, fredda.
Quando uscii tirai un sospiro di sollievo.
Le vene erano tornate normali, come gli occhi, erano di nuovo i miei.
Presi il rasoio e tagliai via la barba.
" Cosa mi sta succedendo?"
Cercai di calmarmi.
Controllare il respiro.
Quando capii che non sarei riuscito a far passare facilmente quella crisi pensai a lei, pensai ad Asya, ai suoi occhi chiari, alla sua pelle morbida, ai suoi capelli dello stesso colore della neve.
Riuscii lentamente a tornare in me.
Sistemai il bagno e corsi in camera.
Non sarei riuscito a dormire quella notte.
Ormai mancavano solo due giorni alla luna piena.
Mi venne in mente quello che mi aveva detto l'uomo all'ospedale.
"Forse è il caso che io vada da lui, magari mi può aiutare"
Presi il cellulare e le cuffiette.
Cercai di ascoltarmi qualche canzone rilassante.
La mia preferita: I love you, dei woodkid.

La mattina dopo era sabato.
Niente scuola, niente compiti, ma soprattutto, nessuno che mi prendeva in giro.
Normalmente la passavo la giornata bosco, ma quel giorno, un cambio di programma era obbligatorio.
Feci colazione, mi vestii, salutai i miei genitori e uscii di casa.
"Dove abita quel signore?" Pensai " mi ricordo che la sua casa era da qualche parte su una via che si avvicinava al bosco, ma non ricordo bene quale"
Passai un'ora a cercare la strada giusta, ma infine la trovai.
Proseguii sulla stradina asfaltata per un chilometro circa.
Una casa si nascondeva dietro la siepe.
Un cancello in ferro nero bloccava l'ingresso.
Suonai il campanello.
Non rispose nessuno.
"Forse è via"
Sbirciai all'interno della proprietà.
Vidi il furgone blu scuro.
" No, è in casa"
Stavo per andarmene quando il cancello si aprí all'improvviso.
Entrai.
La casa era di un bianco sporco, il tetto color terra bruciata.
L'uomo uscì dalla porta.
- alla fine sei venuto - disse - come stai? -
Sorrideva.
- La ferita è solo una cicatrice ormai - dissi - lei mi ha detto di venire se mi sarebbero succede cose ... Strane -
Il volto dell'uomo si indurí.
-non qui ragazzo- disse - entra -
Seguii l'uomo all'interno della casa.
Un grande tappeto ricopriva il pavimento della stanza.
Fuoco ardeva dentro il camino. Sopra il quale due fucili facevano bella mostra di sé.
Qualche trofeo di caccia impagliato si trovava qua e là nella stanza.
Un divano era posizionato davanti al camino.
L'unico mobile del salotto.
Devon avanzo in un corridoio, poi alzò una botola e scese nel seminterrato.
Io mi fermai titubante.
- vieni ragazzo - disse
La luce era fioca.
La stanza un po' buia.
Una grande libreria copriva l'intera parete della stanza. Un tavolo con una sedia erano posizionate invece dall'altra parte della stanza.
- qui possiamo parlare- disse chiudendo la botola.
Cominciai a sentirmi come imprigionato in quel posto.
Claustrofobia.
- ti senti in gabbia vero? - mi chiese
Lo guardai.
Come faceva a sapere le mie sensazioni?
- Penso di sapere cosa ti sta succedendo -
Indietreggiai di un passo.
- puoi aiutarmi? - chiesi
- non posso fare niente per fermare l'inevitabile. Ma posso insegnarti a controllare ciò che sei -
Lo guardai.
Non riuscivo a capirlo.
"Controllare quello che sono ora? Cosa sono ora?"
- dimmi cosa ti sta succedendo ragazzo -
Indietreggiai.
Cominciavo a pensare di aver sbagliato ad andare da lui.
- hai paura del fuoco? -
Feci un cenno d'assenso con la testa.
- stai diventando claustrofobico?-
Ora che me lo aveva ricordato, un brivido corse lungo la mia schiena.
- hai delle emicrania violente e improvvise? -
Accennai un sì.
- Hai notato qualche differenza nel tuo aspetto ogni tanto? Come crescita improvvisa della barba e colore degli occhi più luminoso? -
- come fai a sapere tutto questo? - chiesi stupito e impaurito allo stesso tempo.
-È cominciato tutto da quando sei stato morso- questa non era una domanda - e sta peggiorando ogni giorno -
Lui capii il mio sguardo.
- ti sto per dire una cosa, a cui potrai credere o meno, sta a te decidere -
- sentiamo - dissi io con un fil di voce.
- non sei stato morso da un lupo. Tutti dicono che era un lupo enorme, ma non era solo un animale; nel caso lo fosse stato, tre proiettili di fucile in testa lo avrebbero ucciso -
Guardai l'uomo.
Dove voleva parare?
- quello che ti ha morso, era un licantropo -
Rimasi scioccato.
"Quest'uomo è pazzo, i licantropi non esistono"
- ora mi starai prendendo per pazzo - disse l'uomo.
Si alzò dalla sedia.
Si tolse la camicia.
Un grande graffio gli solcava il torace.
Un grande morso di un grosso animale era rimasto sulla pelle del braccio destro dell'uomo.
Era uguale al mio morso.
D'un tratto, i peli del corpo dell'uomo cominciarono a infoltirsi.
I suoi occhi si accesero.
I denti si appuntirono.
Il cranio si allungò, le orecchie si ingrandorono.
La schiena si inviarvó.
In poco tempo, dove prima c'era un uomo, ora c'era un enorme lupo, dal pelo nero e folto, gli occhi azzurri e le zanne candide.
Rimasi impietrito.
Lentamente, la trasformazione si inverti, e ciò che ora era animale, tornò ad essere umano.
- tu, tu sei ... -
- un licantropo - rispose - noi siamo licantropi -
- noi, noi chi? Io e te? - chiesi sgomento
- si, io e te -
- ma... Ma ... Ma, non è, possibile-
-invece lo è - ribadì lui - tuttavia, tu non lo sei ancora - aggiunse
- io non ... Non lo sono? - deglutii
- non ancora - rispose - la luna piena è qui, alle porte, la senti, vero? Ogni notte, ogni giorno - aggiunse - quando arriverà, tu sarai un licantropo a tutti gli effetti -
- posso ... - le parole mi si strozzarono in gola.
- no, è inevitabile, puoi solo preparati -
- prepararmi a cosa? -
- la prima luna è la più dura da affrontare - disse - ti trasformerà per la prima volta, e per la prima volta ucciderai, è inevitabile -
- io ... - non riuscivo neanche a pensarci
- però, se riesci a controllarti, portai riuscire a ragionare, e a scegliere una preda, che potrebbe essere una pecora, una capra, un cervo ... Non una persona -
- io, come, come farò a controllarmi? -
- te lo insegnerò io - rispose.

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