4) umiliazione

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Passai molto tempo con Devon da quel giorno.
Mi insegnò cose che in un primo momento sembravano inutili, ma colsi subito che erano invece molto importanti.
La meditazione, ad esempio, permetteva di liberare la mente da ogni preoccupazione, trovare uno stato di calma, di equilibrio, che era fondamentale per me.
Ora dovevo imparare a controllare e gestire le mie emozioni, per evitare eccessi di rabbia improvvisi, che avrebbero potuto solo peggiorare la mia situazione.
Devon diceva sempre che prima di poter controllare il lupo, devo controllare la mia parte umana.
- tutti hanno una cosa a cui tengono molto, un oggetto, un affetto, un amore - disse il lycan - il tuo, qual'è? -
Non mi ci volle nemmeno un istante per sapere che era Asya, ciò che riusciva a prendermi più di qualsiasi altra cosa.
Ma ci volle più tempo per poter dire al mio maestro, che era lei.
Quando pronunciati il suo nome, sul volto di Devon passò rapida un'ombra.
- focalizzati sulla ragazza per riuscire a controllarti, chiudi la tua mente al resto, vedi solo lei. Pensi di riuscirci? -
Feci un cenno di assenso con il capo.
Lesto come un serpente mi tirò un sonoro schiaffo.
Indietreggiai di due passi.
Non capivo il motivo del colpo.
Qualcosa cominciò a ribollire dentro di me.
Qualcosa di caldo.
Rabbia.
Lentamente, un ringhio cominciò a uscire dalla mia gola.
Gli occhi si adattarono alla luce alla perfezione, la visione si distorse in parte, garantendomi una vista migliore.
- controllati - disse lui
Abbassai il volume del ringhio, ma non riuscivo a smettere di ribollire di rabbia.
- calmati -
Mostrai i denti a quell'ordine.
- Asya - disse lui - pensa a lei, non a me, non a questo -
E mi tirò un altro ceffone.
Caddi a terra.
Strinsi i pugni.
Sentii qualcosa cambiare; i denti farsi più appuntiti, le pupille irrigidirsi, gli iridi illuminarsi, la barba crescere.
"Ce la devo fare"
Ma quel pensiero erano parole al vento.
"Asya"
La tempesta dentro la mia mente vacillò.
Pensai ai suoi occhi, alle sue labbra, alla sua pelle, ai suoi capelli chiari e le sopracciglia scure.
E lentamente, il temporale passò.
I denti tornarono a essere quelli di un tempo.
Gli iridi si spensero.
Le pupille si rimpicciolirono.
Ansimante, guardai Devon.
- Migliori - disse - per farti arrabbiare devo colpirti, le parole non bastano più - aggiunse - sono felice del mio operato, ma non abbiamo finito - continuò - domani notte ci sarà la luna piena, ho informato i tuoi genitori che trascorrerà la notte con me -
" Ha parlato con i miei "
- hanno notato miglioramenti nel tuo comportamento da quando passi del tempo con me, quindi hanno accettato senza troppe esitazioni -
- la prima notte di luna piena ... -
- si, la prima notte di luna piena ti trasformerai - confermò - dovrai riuscire a ricordare chi sei veramente, per avere il controllo, perché se non lo fai, il lupo prenderà il sopravvento -
- ce la posso fare? - chiesi
- non lo so - rispose perplesso - certe cose dipendono solo da te, ognuno è diverso, quindi anche ogni lupo è differente -
- il tuo, sei riuscito a domarlo la prima volta? -
- sì, il mio lupo è abbastanza mansueto, per quanto lo possa essere un lupo -
Guardò l'orologio.
- per oggi abbiamo finito - disse - torna a casa, altrimenti i tuoi genitori si preoccuperanno -
Annuii.
Salutai l'uomo dall'uscio e salii in sella alla mia bici.
Una volta a casa cenai con i miei genitori.
Parlai un po' di quello che io e il signor Devon avevamo fatto nel pomeriggio, mentendo spudoratamente.
"Nessuno deve sapere cosa sei" mi aveva detto l'uomo " metteresti te stesso tra il ridicolo e il pericoloso, perché non sei al sicuro, nessuno di noi lo è"
Non capii cosa intendesse dire, io di pericoli non ne vedevo, la cosa più saggia da fare era quella di tenere nascosto cosa stavo diventando.
Finita la cena andai a lavarmi e poi mi infilai a letto.
Presi il libro di filosofia e cominciai a ripassare Aristotele.
Avevo notato che tenere la mente concentrata su altro diminuiva molto le emicranie e gli sbalzi d'umore che ormai caratterizzavano le mie giornate.
A scuola procedeva tutto come il solito, ero lo zimbello di tutti e ogni scusa era buona per prendermi in giro.
Grazie agli insegnamenti di Devon, riuscii sempre a mantenere il mio abituale stato di calma, non badando troppo a ciò che gli altri ragazzi dicevano di me, e a me.
Nessuno si era accorto che qualcosa in me stava cambiando, questo mi faceva riflettere su come ormai i ragazzi mi vedevano.
Ero io e sarei rimasto per sempre "io".
In classe cercai di porre più attenzione possibili alle spiegazioni dei professori, per non dare retta agli sguardi di derisione che mi lanciavano i miei compagni di classe.
" Di sicuro mi hanno bucato di nuovo le ruote della bici "
Durante la ricreazione, cercai, come al solito, di rimanere il più lontano da tutti gli altri ragazzi, cosa difficile dato la quantità di persone che frequentavano la scuola.
Vagando per il cortile, mentre la mela color smeraldo dalla polpa bianca e succosa, incrociai la strada di uno dei miei compagni di classe.
Era un ragazzo alto e robusto, di nome Ronel, bullo di professione.
Come mi vide, tirò un pugno alla mela che tenevo in mano, facendola rotolare via.
- vai a prenderla cane - disse
Un altro ragazzo, che lo seguiva, aggiunse - si Wolf, vai a prendere la mela -
- fai il bravo cagnolino, corri a prenderla - aggiunse un altro
Altri ragazzi arrivarono, attirati dallo schiamazzo.
Tutti mi davano del cane, tutti mi ridevano dietro, mi dicevano di andarla a riprendere.
Poi una figura più alta si erse dal gruppo.
Il professore di chimica.
- cosa succede? - tuovRonel gli rispose subito - prof, Wolf a fatto cadere la mela e non la vuole buttare nel cestino -
Non riuscii neanche a dire una parola.
Il professore mi guardò - vai a recuperare la mela, Wolf - mi ordinò - fai il bravo cagnolino una volta tanto -
Strinsi i denti.
Avevo gli occhi rossi, lucidi.
Il cuore pulsava pesantemente nel petto.
Ogni passo, era un'umiliazione.
Strinsi i denti.
Vidi le vene sul palmo della mia mano scurirsi.
Provai a pensare a Asya, ma non ci riuscii.
La rabbia che ribolliva in me era troppo forte.
La luna piena che sarebbe sorta quella notte aveva un potere molto persuasivo su di me.
Sentivo le budella che si attorcigliavano per cercare di tenere il lupo sotto controllo.
Stavo per non riuscirci, quando la vidi.
Fu solo un istante, la fugace visione di un volto in mezzo ai tanti, ma non di un volto qualsiasi, del suo.
Riuscii a prendere la mela e a gettarla nel vestito, tra la derisione e l'umiliazione più totali.
La folla ridendo, lentamente, si sparse per il cortile.
La campanella suonò.
Persi di vista Asya tra gli altri ragazzi.
Non sarei mai riuscito ad avvicinarmi a lei.
Finita la quinta ora, il professore di chimica, come se non gli bastasse avermi umiliato nel momento della merenda, mi tenne in classe e mi sgridò sonoramente, per non aver rispettato il divieto di buttare il cibo per terra.
Quando uscii, le ruote della bicicletta erano sgonfie, bucate.
Tornai a casa a piedi.
Ero un fascio di nervi, stavo per dare di matto.
Di primo pomeriggio, andai a trovare il signor Devon.

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