Capitolo 1

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So per certo che nel mondo esistono milioni, ma che dico milioni, miliardi di storie. Alcune poco importanti, altre abbastanza importanti, ma, ce ne sono alcune che non puoi fare meno di raccontare. Ed io penso, non per fare lo spaccone, che la mia storia valga davvero la pena di essere raccontata. Ricordo ancora il giorno in cui .... Oh scusate! Che maleducato! Non mi sono presentato! Mi chiamo Aaron James Russo. Ho 21 anni, vivo a New York, e risiedo nel distretto di Brooklyn, precisamente. Come potrete ben capire dal mio cognome ho origini italiane. Mio nonno, Arturo, è nativo della Sicilia, trasferitosi a New York alla fine degli anni '60, per motivi di lavoro. Venire a vivere qui, credo sia stata la sua più grande fortuna, (e forse anche la mia, perché credo non sarei stato qui a raccontarvi tutto ciò) perché conobbe nonna, Amanda. Si sposarono ed ebbero 3 figli. Michael (mio padre), zia Elizabeth, per tutti Betty, e zio Paul, il più piccolo dei tre, al quale sono molto legato. Adesso non voglio dilungarmi troppo sulla presentazione della mia famiglia, ma è giusto che vi presenti il resto della ciurma. Vivo in una piccola casetta, con mio padre, mia madre, Annie, e quella piccola peste di 10 anni di mia sorella Karen, che amo da morire. Viviamo tranquilli ed in armonia, circondati dall'amore che mio padre e mia madre ci hanno saputo trasmettere fin da piccoli. Nonostante la situazione economica a casa non sia delle migliori, siamo una famiglia felice, perché si sa, non bisogna avere chissà quali ricchezze per stare bene, attenzione non farebbero male un po' di soldi in più, ma ci accontentiamo. Mio padre lavora in una fabbrica nel Queens, mentre mia madre quando può, accudisce alcuni anziani del quartiere, per mettere da parte qualcosa, per me e per Karen. Ecco proprio lei, la piccola peste di casa Russo, frequenta la quinta elementare, se pure sia una monella a casa, appena mette piede fuori, diventa un'altra bambina, dolce ed educata, molto sveglia e con ottimi voti a scuola, ma si sa avendo avuto un mentore come me era anche scontato, no? - Scherzo.
Ma veniamo a noi. Io al momento non ho un lavoro fisso, anche se ne cerco uno disperatamente, per poter riuscire a dare una mano a casa. Di questi tempi è davvero dura tirare a campare. Vi dirò... Un mese potete trovarmi a cuocere hamburger in un fast food, qualche mese dopo magari mi trovate a piegare maglie in un negozio di abbigliamento e perché no, il mese successivo in un autolavaggio, a maneggiare spugne e pelle daino. Sono un tuttofare in poche parole. Mi potete trovate ovunque! Ogni lavoro lo faccio con il massimo impegno, cercando di mostrare quanto io sia valido nel lavoro, ma al momento ho ricevuto solo promesse in vano.
Solo contratti a 3 massimo 6 mesi. Per quanto lavoro possa offrire una grande città come New York, a volte non è così facile come sembra trovarne uno a tempo indeterminato.
La mia storia inizia in un periodo della mia vita nel quale ero un po' giù, dovuto al fatto che, nessuno mi aveva riconfermato per lavorare. Però devo dire che a volte anche nei momenti tristi, qualcosa accade, e non per caso.
Era una mattina abbastanza fredda, per essere solo a metà del mese di Ottobre, quel giorno pensai bene di restarmene bello riposato a letto, sotto le coperte, e che per nessuna ragione al mondo mi sarei mosso da lì. Le tapparelle della mia camera erano sigillate, per evitare che potesse entrare anche un solo eventuale raggio di sole, che avrebbe potuto rovinare i miei piani. Ma ahimè, questa precauzione non bastò. Me ne stavo bello coricato nel mio caldo letto, sfregando la faccia sul cuscino, e respirando il profumo delle lenzuola cambiate la sera prima. Sembrava che tutto procedesse come nei miei piani, ma non andò esattamente così. Annie, mia madre, quel giorno, mi svegliò con uno dei rumori più odiosi esistenti al mondo: l'aspirapolvere!
Beh, credo che possiate capirmi, non c'è cosa peggiore, quando vuoi dormire, e tua madre ti sveglia per il semplice motivo che, quello era il giorno di pulizia generale in casa.
Ma io mi domando... Perché?
<<Aaron! Alzati sono le 7! Devo pulire casa>> Disse mia madre, impugnando minacciosamente la tanto odiata aspirapolvere.
<<Che?>> esclamai non capendo cosa stesse succedendo intorno a me. Con un occhio aperto ed un occhio chiuso. L'unica cosa che mi fu chiara era il rumore irritante ed insopportabile dell'aspirapolvere.
<<Sono le 7! Dai che devo pulire anche camera tua!>>
<<Scusami mamma, ma mica la polvere la devi prendere nel sonno!>> Risposi con tono sarcastico.
<<Dai Aaron, vai in bagno a lavarti, che dopo devo pulirlo. Fai colazione, e poi accompagna Karen a scuola, che oggi lo scuolabus non passa>> Replicò mia madre.
<<Ma mamma! Uffa che strazio!>> sbuffai uscendo dalle coperte.
<<Dai Aaron ti piacerà accompagnarmi a scuola, che sarà mai? Sono giusto quattro passi.>> Esclamò la dolcissima Karen entrando con un balzo in camera mia.
<<Dai Karen, vestiti ed andiamo!>> le dissi intimandole di uscire subito.
Non mi restò che andare di corsa in bagno a lavarmi. Diedi una rapida occhiata allo specchio. Mi venne un colpo vedendo le condizioni in cui mi trovavo. Non mi piacque per niente l'immagine che in quel momento rifletteva lo specchio. Avevo ancora i segni del cuscino stampati sulla mia faccia, i miei capelli castani erano tutti arruffati.
'Qui serve un restauro!' pensai.
Quella mattina diciamo che ero in modalità zombie, proprio perché non ero ancora psicologicamente e fisicamente pronto ad uscire di casa, con quel freddo e le raffiche di vento che mi prendevano a sberle. Una volta incamminati sul vialetto che portava alla scuola di Karen, iniziai a prendere conoscenza, anche perché amavo passare lungo i vialetti alberati del mio quartiere, le foglie gialle che cadono giù. Adoro quel periodo, i colori dell'autunno sono fantastici! Anche se il mese che preferisco più di tutti è senza dubbio dicembre.
Una volta arrivati dinnanzi alla scuola affidai la mia piccola Karen alle maestre.
'Adesso torno a casa' pensai.
Ma non feci in tempo ad elaborare il tutto che, iniziò a squillare insistentemente il cellulare!
<<Pronto!>> Risposi.
<<Aaron sono mamma. Hai accompagnato Karen?>>
<<Si, l'ho appena lasciata a scuola. Infatti stavo per rientrare a casa>>.
<<Figliolo se non ti dispiace resta un'altra oretta in giro, che finisco di pulire la tua stanza>>.
<<È uno scherzo? Vero?>>
<<Ehm direi di no. Se tu magari fossi poco poco più ordinato, avrei già finito di sistemarla mezz'ora fa>>.
Effettivamente riconosco di essere un gran disordinato.
<<Ok mamma, cercherò di essere più ordinato, così magari la prossima volta posso rientrare prima.>>
<<Bravo figliolo! Così mi piaci.>> Disse con tono soddisfatto.
<<Vado a fare colazione nel frattempo dai.>> E misi giù il cellulare.
Camminando senza una meta ben precisa, vista la quantità di tempo libero a disposizione, arrivai dinnanzi ad una caffettiera tra le tante presenti in zona. Una di quelle dove consumi da bere, e nel frattempo puoi rilassarti, leggendo un giornale, o smanettando con lo smartphone, usufruendo di connessione wi-fi gratuita. Yeah! Come già detto in precedenza faceva un freddo cane. Ordinai una cioccolata calda, mi sedetti, ed iniziai a leggere un quotidiano sportivo.
Ero seduto dando le spalle alla porta d'ingresso, e, ad ogni persona che vi entrava, non vi sto scherzando giuro, erano continue sberle, da parte del vento! Intelligentemente scelsi il posto meno adatto.
Molti di voi saranno stati almeno una volta in della grande caffetterie americane, e quindi sapete come funziona per ordinare. Ok, per chi non lo sapesse, ve lo spiego. Allora, ti presenti dinnanzi la cassa, scegli la bevanda che vuoi, lasci il tuo nome, che poi verrà scritto sul bicchiere di carta, e non appena essa è pronta, vieni chiamato. Vi porto il mio esempio:
<<Aaron! Hot chocolate!>> Disse la ragazza poggiando la mia bevanda sul bancone.
Mi alzai da tavolo e presi la mia cioccolata, e tornai al mio posto. Fico no?
Ero lì da circa 10 minuti a sorseggiare la mia cioccolata calda, e a leggere il giornale. Tra il mormorio della gente ed il rumore prodotto dalle macchine, sentì esclamare dalla ragazza che serviva al bancone:
<<Diana! Cioccolata al caramello con aggiunta di caffè!>>
Cioccolata al caramello con aggiunta di caffè. 'Ma che bevanda è? Roba da matti!' Pensai. Il dolce del caramello mischiato all'amaro del caffè. Non feci in tempo a girarmi per vedere chi ordinò quella strana bevanda, che già questa certa Diana ritiro' la sua consumazione. Finito di bere la mia cioccolata mi alzai e mi avviai verso l'uscita, quando ad una certo punto, mi venne addosso, sbadatamente, una ragazza, che, accidentalmente mi versó addosso la sua bevanda. Fortuna che si era freddata, avrei potuto rischiare un ustione.
<<Scusami, non l'ho fatto apposta! Ti ho fatto male?>> Disse la ragazza.
<<Forse avrei preferito che mi avessi pestato un piede.>> Risposi.
<<Ti chiedo scusa, ma ti sei alzato di scatto e non ti ho visto!>> Replico' lei.
<<Alzato di scatto? Ma se sono in modalità zombie!>>
A questa mia esternazione lei non resistette ed inizio' a ridere come una matta. Il che mi preoccupò. 'Questa è tutta matta' pensai abbozzando un sorriso. Se pur diciamo irritato dal fatto che ero zuppo come una spugna di una bevanda a me sconosciuta, e pensando a mia madre ed alle conseguenze che mi spettavano una volta rientrato inzuppato fradicio, le sorrisi, e mi chinai per raccogliere il suo bicchiere. E su quel piccolo cartoncino lessi: Diana. Non ci crederete, ma era lei! La matta del caramello e caffè!
<<E così mischi caramello e caffè?!>> chiesi tenendo in mano il suo bicchiere.
<<Eh si, mi piace il dolce, ma con un pizzico di amaro>>. Disse Diana sorridendo.
<<Sei sicura che oltre al caffè non ci fosse anche del whisky?>> Iniziai a ridere come un matto, ma mai quanto lei.
<<Spiritoso>>. Rispose Diana.
Lei mi salutò e andò via di corsa, senza capirne il perché. 'L'avrò mica offesa?' Pensai. Non ebbi nemmeno il tempo di presentarmi come si deve. Uscito dalla caffetteria, tutto inzuppato, iniziai ad incamminarmi verso casa ripensando a quella scena. Con uno strano sorriso che mi si formava ogni qualvolta ripensavo a Diana.

Io ti resto accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora