Il mattino seguente mi svegliai molto presto, per via del colloquio, ma vi dirò, ero senza alcun dubbio di buon umore, avevo chattato tutta la notte con Diana. Quella mattina avevo il pensiero fisso su di lei. Entrai in bagno, mi sciacquai il viso, mi guardai allo specchio. E continuai a ripetermi: "ho chattato con Diana, ho chattato con Diana!" Non sapevo che la pazzia si potesse trasmettere attraverso dei messaggi in chat. Voi ne sapete qualcosa? Terminato l'attimo di pazzia, scesi giù a fare colazione, al tavolo sedevano solo mia madre e Karen, perché mio padre era già andato via in fabbrica. Nel frattempo che facevamo colazione rimasi qualche istante fermo ad osservare un punto del muro, imbambolato,e sorridevo come un ebete, non so se a voi è mai capitato. Chi se non quella piccola peste di Karen, si accorse del mio momento.... ehm chiamiamolo momento stand-by, e si rivolse a me ridendo:
<<Cos'è quel sorriso da ebete?>>
<<Fatti i fatti tuoi!>>
<<Ti ha solo fatto una domanda!>> Intervenne in aiuto mia madre.
<<Le ho semplicemente chiesto di farsi i fatti suoi, che ho detto di male?>>
<<È pur sempre una bambina Aaron.. E' normale che sia curiosa. Magari vuole semplicemente capire per quale bel motivo sei felice.>>
<<Sono felice perché oggi vado a giocarmi una carta importante per il mio futuro.>> mentii
Sapete benissimo il motivo per il quale sorridevo come un ebete.
Una volta finita la colazione, finì di preparami, e mi apprestai ad uscire di casa.
Una volta fuori casa mi incamminai verso la fermata del bus, non ve l'ho detto, ma possediamo solo un mezzo, una vecchia Ford, che usa principalmente mio padre. Io mi spostavo maggiormente con bus e metro. Quel giorno appunto, presi il bus, che mi portava nel Queens, perché lì si trovava il negozio dove avrei dovuto sostenere il colloquio. Ma lungo il tragitto nel bus, accadde un avvenimento che segnò negativamente il colloquio ancor prima di sostenerlo. Vi dirò, sono sempre stato cresciuto da mia madre e da mio padre con la massima educazione verso tutti, "Rispetta sempre chi ti rispetta" mi ripetevano sempre i miei, in vita mia ebbi così pochi battibecchi, che nemmeno li ricordo più, forse perché gli unici avvenimenti accaddero a scuola. E dunque, se c'è una cosa che non sopporto della gente è la prepotenza e la maleducazione.
Mancavano credo quattro fermate, e poi sarei sceso. Ma ad un certo punto assistetti ad una scena che io definirei alquanto scandalosa. Una povera vecchietta salí sul bus, con delle buste della spesa in mano, e quindi quasi impedita nell'afferrare le maniglie del bus, credo che alla prima frenata brusca del bus, la povera signora sarebbe caduta e si sarebbe fatta male. Sul bus non vi era alcun posto libero. Quindi afferrai la signora per il braccio e le dissi:
<<Venga qui signora, la tengo io.>>
La signora mi guardò, mi sorrise, e mi ringraziò con tanta umiltà.
Notai ad un certo punto che teneva una benda intorno al ginocchio, pensai: "magari stancherà restando alzata." E siccome il più delle volte mi interesso anche dei problemi degli altri, non facendomi i fatti miei, mi avvicinai ad un uomo, avrà avuto 35 massimo 40 anni, uno dei più giovani ad occupare uno dei posti sul bus, il resto erano tutti anziani, come detto mi avvicinai, e gli chiesi con tanta ma dico tanta educazione, e posso giurarvelo, gli chiesi:
<<Mi scusi signore, sarebbe così gentile da cedere il suo posto a questa signora?>>
<<No, io scendo tra quattro fermate!>> rispose l'uomo con tono arrogante.
<<Fa niente figliolo.>> Intervenne la dolce vecchietta. Che era palesemente sofferente.
<<Non si preoccupi signora, ci penso io.>> Le dissi.
Ripresi ancora una volta il dialogo se così lo si può definire, con quell'uomo:
<<Visto che scende alla mia stessa fermata, e manca davvero poco, sarebbe così gentile dal cederle il posto?>> Risposi.
<<Ti ho detto di no! Appena scenderò dal bus, questa vecchia potrà sedersi!>> Rispose l'uomo con tono maleducato.
<<Ma non vede che è sofferente?>> Risposi infuriato.
<<Non è mica un mio problema!>> Ribatte' ancora una volta.
Lì io non capì più nulla e l'educazione ricevuta dai miei genitori andò a farsi benedire. Anche perché da parte di quell'uomo non vidi alcuna forma di rispetto. Non sono mai stato un tipo violento, mai, però in quell'occasione mi venne di prendere quell'uomo per il colletto, e di cantargliene quattro. Adesso non ricordo bene così gli dissi, ma vi assicuro non erano complimenti.
La gente che assistette alla scena, si schierò dalla mia parte. Una volta arrivati alla fermata, quell'uomo, ancora una volta maleducatamente, scese dal bus, uscendosene da gran "signore", mandando a quel paese tutti. Io salutai l'anziana signore e mi incamminai lungo Main street, alla ricerca del civico 72. Ero in anticipo di circa 20 minuti, così pensai bene di fare un giro dell'isolato.
Una volta giunto dinnanzi al 72 di Main street, entrai nel negozio. Era una negozio di una catena di articoli sportivi, il che mi piaceva tanto, mi informai con una commessa, e le chiesi di dover incontrare il signor Robson, così mi era stato riferito per telefono. La ragazza chiamò al telefono interno d'ufficio, e mi disse di aspettare qualche istante, e che a momenti sarei stato ricevuto.
<<Ehi amico, il signor Robson ti sta attendendo in ufficio.>> Disse la commessa.
Mi accingevo ad entrare alla porta dell'ufficio, quando ad un tratto sentì delle urla:
<<Sei un incapace! Non sei in grado di saper vendere neanche un paio di boxer!>>
<<Ma signore, io ci metto l'impegno.>>
<<Silenzio!!!! Sei licenziato! E adesso fuori!>>
Era il signor Robson che licenziava in tronco un suo dipendente. Povero ragazzo, mi fece tanta tenerezza, uscì a testa bassa, subendo un umiliazione gratuita. Sul ciglio della porta esclamai: "È permesso?" Il signor Robson mi stava aspettando seduto dando le spalle alla porta. "Vieni avanti!" Rispose con tono autoritario. Una volta giunto davanti alla scrivania mi sedetti. Il signor Robson si giro' con la sua sedia, e lo riconobbi, era quel grandissimo maleducato del bus! Una volta che anch'egli mi riconobbe, esclamò:
<<E chi abbiamo qui? L'eroe dei poveri vecchi!>>
Io rimasi in silenzio, e provai a restare indifferente alle sue provocazioni. Pensando a come un uomo così maleducato ed arrogante, potesse essere a capo di un'azienda, e poi perché prendeva il bus, avendo soldi a palate. Mi domandavo perché una persona buona, gentile ed educata come mio padre rischiava di restare senza lavoro, mentre una persona così cattiva nell'animo potesse trovarsi dietro una scrivania. Chi gli dava il diritto di trattare la gente così male?
<<E così vorresti lavorare qui?>> Mi domandò.
A quella domanda io rimasi qualche secondo in silenzio, a pensare. Al che Robson, se ne uscì da fenomeno:
<<Cos'è, sarai mica sordo? Sul bus non mi pare che lo eri!>>
In quel momento trovai le parole giuste e lo congedai:
<<No signore, ci sento benissimo! Stavo semplicemente pensando a come poterla mandare a quel paese nel modo più educato possibile !>> Gliele cantai ancora una volta.
Mi scuserete per il mio atteggiamento, ma quell'uomo meritava questo, mi dispiaceva tantissimo perdere anche l'opportunità di trovare un lavoro, ma non avrei mai potuto lavorare con quell'uomo arrogante e maleducato.
<<E le dirò, io non lavorerei mai alle sue dipendenze, dovessi morire di fame! Lei sarà pure ricco, ma dentro è davvero povero!>>
In quel momento Robson rimase basito, e non seppe più rispondermi. Ero riuscito a zittirlo. Mi alzai dalla sedia, uscì ed andai via sbattendo la porta. Quell'uomo provoco' in me una reazione abbastanza esagerata, anche perché io sono un ragazzo abbastanza calmo.
Presi nuovamente il bus, e feci il tragitto che mi riporto' a casa. Una volta a casa, mia madre mi
Chiese subito com'era andato il colloquio, pensando alla situazione che c'era in casa, non mi andò di dirle la verità, e mentí:
<<Bene mamma, mi faranno sapere!>> Le dissi.
Solitamente non dico bugie, ma non volevo far capire a mia madre niente.
Andai dritto in camera e mi misi al pc, e mandai un messaggio a Diana. Ma quel giorno Diana non si collegò. Non mi restava che cenare e poi andare a dormire. Con quella voglia matta di risentirla.
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Io ti resto accanto
RomanceQuesta storia si svolge nella New York dei giorni nostri. I protagonisti sono due ragazzi newyorkesi, poco più che adolescenti. Aaron, non è il classico ragazzo bastardo, che tratta le donne come fossero oggetti, ma è un ragazzo con la testa sulle s...