2.1 Aiden

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Ci vollero altri due giorni prima che il dottor Hemmings firmasse la mia cartella per la dimissione, ma non prima di avermi fatto promettere che mi sarei presa cura di me stessa. Mia madre pensava che il dottor Hemmings fosse molto premuroso per prendersi così tanto cura di me. I miei genitori non pensarono che fosse strano quando il dottor Hemmings li disse che avrebbe chiamato tutti i giorni per tenersi aggiornato sui miei progressi.

Quale medico avrebbe voluto tenersi aggiornato quotidianamente sui suoi pazienti, una volta rilasciati? Se un paziente si sentisse abbastanza bene per tornare a casa, non c'era bisogno di tenersi aggiornati. Chiamare ogni giorno mi sembrava un po' troppo, ed era strano che i miei genitori non pensassero che non fosse normale. Ma forse i miei genitori stavano assumendo che il comportamento eccessivamente premuroso del dottor Hemmings fosse dovuto al fatto che non fossi sua figlia, era questo che avrebbe dovuto capire. E che rese tutta questa situazione personale anche per lui.

Forse avrei dovuto chiedere un altro medico. Ciò mi avrebbe reso le cose molto più semplici.

Ritornammo a casa con la Volkswagen di mio padre con una sedia a rotelle nascosta nel bagagliaio e con un paio di stampelle. Se fosse stato per me, quella sedia a rotelle non avrebbe mai visto la luce del giorno e sarebbe stata nascosta in un angolo remoto, probabilmente in soffitta. Non avevo bisogno di un altro promemoria per ciò che fossi diventata, le stampelle erano già abbastanza e non mi permettevano di dimenticare.

E il dolore alla gambe aumentava, naturalmente. Chi avrebbe potuto dimenticare questo?

Mio padre mi aiutò ad uscire dalla macchina e mia madre mi diede le stampelle dal sedile posteriore. L'asfalto era bagnato e fangoso per via della pioggia, e non c'era ghiaccio o neve. Vacillai facendomi strada verso casa e gemetti come sentii le stampelle affondare un po' nel fango. Mio padre entrò prima di me tenendo la sedia a rotella ripiegata, e mia madre era proprio dietro di me.

- Hai bisogno di aiuto, tesoro? - Mi chiese, quando arrivammo quasi vicino al portico di casa.

- No, posso farcela .- Risposi sbuffando.

Ogni passo che facevo era doloroso, ma non in senso fisico. Le stampelle slittavano sull'asfalto bagnato, che ovviamente rese la mia camminata più difficile del dovuto.

- Sei sicura di non volere aiuto? - Mio padre mi chiese cautamente, come fece un passò indietro dopo aver aperto la porta.

- Ho detto che posso farcela. - Dissi a denti stretti.

Quando finalmente entrai, mio padre arrivò con un asciugamano per pulire le stampelle fangose. Gli sorrisi forzatamente mentre cercò di pulirle per me.

- Grazie.- Mormorai.

Mi sorrise goffamente in cambio, prima di andare in bagno e gettare l'asciugamano nella cesta dei panni sporchi.

Vacillai dopo di lui, verso la cucina e mi congelai quando vidi la pila di libri e quaderni sul tavolo. Sapevo di chi fossero quei libri, sapevo di chi fossero quei quaderni. Ma sentii il bisogno di chiederlo.

- Cos'è questo...?- Chiesi.

Mia madre voltò la testa dal lavandino e guardò ciò che stavo guardando.

- Oh, sono tutti i tuoi compiti. Una delle tue amiche è venuta ogni giorno di questa settimana per portarteli .- Disse con un sorriso.

Non che mi desse fastidio, ma mi dava fastidio il fatto che fece crescere qui la pila di libri e quaderni, invece di portameli in ospedale, cos' avrei potuto fare qualcosa, o il fatto che me li aveva lasciati una amica.

- Chi era questa... amica? - Chiesi, cercando di nascondere il sarcasmo nella mia voce.

- Credo che il suo nome fosse Claire Jensen... o Jennings, o qualcosa del genere. Non ho capito, parlava troppo velocemente. - Disse con una risatina. - Come mai non me l'hai mai presentata? Sembrava una brava ragazza. -

Hold My Hand  || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora