Capitolo 42 - Lunatica

7.4K 435 39
                                    

Dedicato a Disturbed_Lullaby

Lucifero's pov

Rimango a fissare Paris per un po', pensando a cosa fare. È completamente piena di sangue, le ali, la schiena, i vestiti.
Vado verso la cucina e prendo una bacinella, mettendoci dell'acqua calda e una spugna morbida.
Ritornando in camera noto che Paris occupa tutto il letto, perché le ali sono completamente aperte e distese e toccano il pavimento di legno. Ridotta così sembra morta. Il solo pensiero che possa accadere una cosa del genere mi mette i brividi.
Poso la bacinella vicino alla sua testa, mi siedo sotto un'ala e me la appoggio in grembo, in modo da poterla pulire bene.
Non so nemmeno perché la sto aiutando così tanto, sento solo che è giusto e mi fa stare bene.
In tutti i miei millenni di vita mi sono reso conto troppo tardi che facevo cose che non mi piacevano ed ero costantemente a disagio.
Quando finalmente mi sono accorto di essere stato creato per oppormi a Dio mi sono sentito libero. Ho potuto fare qualsiasi cosa mi facesse sentire vivo e libero.
Comincio a passare la spugna su ogni piuma e penna, osservando il sangue che sparisce per ridare posto a un grigio pallido. Mi avvicino all'attaccatura delle ali nella schiena e con uno strappo riesco a togliere la maglietta che indossa, ridotta a brandelli. Le cicatrici sono bianche e in rilievo, completamente guarite grazie al mio sangue. Ripenso alle torture che ha dovuto subire e sento crescere dentro di me un odio profondo verso i suoi aguzzini, anche se spero che siano tutti morti, dopo l'attacco all'Inferno.
Accarezzo lievemente la schiena e Paris rabbrividisce, così ritraggo di scatto la mano e la osservo mentre mi si accartoccia intorno. Mi immobilizzo ad ascoltare il suo respiro lieve che mi sfiora la vita e il peso della sua testa sulla gamba. Deve essere passata in uno stato di sonno profondo.
È una sensazione piacevole e appagante, anche perché è da tanto che qualcuno non mi abbracciava così.
Mi innervosisco al solo pensare a queste cose, perché mi fanno sentire debole e io non voglio essere debole un'altra volta. Non voglio che succeda a Paris quello che è successo a Serena, anche se probabilmente la ragazza che riposa placidamente su di me mi odia.
Finisco di pulire l'ala sinistra e noto che nella parte superiore, proprio dove l'ala si piega c'è un osso appuntito, tipico delle membrane alari demoniache, a confermare la sua natura ibrida.
I miei fratelli, caduti dopo di me per seguirmi, hanno subìto dei cambiamenti. Le ali piumate si sono trasformate in pelle nera con ossa appuntite e sporgenti, mentre il sottoscritto è l'eccezione alla regola. Le mie candide ali hanno assunto il colore della notte, come quelle dei corvi.
A un certo punto comincio a sentire freddo, e non va bene per niente perché la mia temperatura corporea non scende quasi mai al di sotto dei quaranta gradi. Sfioro il viso e le braccia di Paris e mi rendo conto che il calore del suo corpo la sta abbandonando, facendo congelare anche me.
Credo che stia in qualche modo costruendo una difesa per evitare di soffrire ancora, a causa della perdita di Cameron. Sta accettando la sua assenza fisica e mentale e inconsciamente il suo corpo si difende. Il tutto grazie alle sua duplice natura, perché se fosse stata semplicemente umana non sarebbe successo niente del genere.
Osservo la sua mano stretta a pugno accanto al viso e mi incuriosisco, così apro le dita lentamente e trovo l'Animus di Cameron.
Lo teneva strettissimo a sé, come a voler evitare di perderlo.
Mi giro verso il comodino, frugo un po' e tiro fuori una catenina sottile d'argento. Il solo leggero movimento fa irrigidire Paris, che diventa ancora più fredda. Mi rimetto comodo, per modo di dire, e prendo l'Animus, appoggiandolo sulla catenina. Aumento la temperatura corporea e fondo le catenelle centrali, per farle adattare alla pietra. L'argento scivola su di essa senza alterarne le caratteristiche, lasciandola intatta.
La lascio raffreddare e poi gliela allaccio intorno al collo, osservando il modo in cui scende verso il basso.
Paris si sposta leggermente e sento il suo corpo riguadagnare un poco di calore, gli occhi che si muovono lentamente sotto le palpebre. Si sveglia piano piano e si alza dalla posizione in cui si trovava.
Il solo fatto di non sentire più il suo corpo contro il mio mi infastidisce, ma per il momento non posso farci niente.
Ora è seduta sul letto, si stropiccia gli occhi e si guarda intorno, anche se i suoi occhi non esprimono niente e sono completamente vuoti.
-Paris?- Dico titubante, cercando di riscuoterla da questo stato apatico.
-Cosa c'è?- Mi preoccupa anche il fatto che la sua voce non abbia un'inflessione né una tonalità, sembra un automa. -Come ti senti?- Che domanda idiota.
Stringe gli occhi e li punta su di me. -Come vuoi che mi senta? In questo momento distruggerei qualsiasi cosa, oppure potrei piangere o arrabbiarmi.-
-Sei molto lucida mentalmente, dopo quello che ti è successo.- Affermo con calma, cercando di non farla arrabbiare. -Si, grazie. Me ne rendo conto. Sono molto razionale o molto emotiva. Ma in questo momento vorrei evitare di pensare, se non ti dispiace.- Non sembra nemmeno più lei, come se fosse rimasto un guscio vuoto accanto a me.
Annuisco e rimaniamo zitti per un po'. Ho l'ardente desiderio di abbracciarla, così accontento il mio impulso e allungo le braccia, stringendola a me. Affondo il volto nel suo collo, respirando quel poco che rimane del suo profumo, coperto quasi del tutto dall'odore di sangue.
Lei rimane rigida per qualche secondo, poi si abbandona su di me, appoggiando la testa sulla mia spalla. Le ali, che una volta sveglia erano tornate in posizione di riposo, ora sono completamente accasciate.
Sento il suo respiro accorciarsi e farsi più veloce e qualcosa di fresco scorrere sulla pelle. Paris trema visibilmente e la sento singhiozzare.
Le accarezzo la schiena con movimenti lenti e circolari e si rilassa.
Rimarrei in questa posizione per l'eternità, con il mio piccolo corvo tra le braccia, perché è una sensazione gratificante e fa sparire dalla testa qualsiasi pensiero che non sia il qui e ora.
Dopo quella che mi sembra un'ora Paris si stacca da me.
La osservo e la vedo guardarsi attorno con gli occhi arrossati. Non li sfrega e non si asciuga nemmeno le guance.
Mi fa male vederla così e sento qualcosa rompersi dentro di me, andare in frantumi. Passo gentilmente i pollici sulle guance, asciugandole le lacrime che continuano a scendere in silenzio.
-Perché una è pulita e l'altra no?- Chiede con voce roca e tremolante.
Vado a prendere la bacinella, l'acqua ormai completamente tinta di rosso. -Stavo per cominciare a pulire anche l'altra, ma ti sei svegliata.- Alzo le spalle e mi dirigo in cucina, cambiando l'acqua e strizzando la spugna.
Ritorno e in camera e la vedo seduta a gambe incrociate, con gli occhi chiusi.
-Devi togliere la maglietta, così posso pulire l'attaccatura delle ali sulla schiena.- Lei annuisce e si gira, togliendo ciò che rimane della sua maglietta. Rovisto nell'armadio e trovo una delle mie magliette, che le porgo e lei stringe al petto, per coprirsi.
Comincio a detergere la schiena, finché non è completamente pulita. Ha tantissime cicatrici, tutte bianche e in rilievo, a cui se ne aggiungeranno presto altre due, perpendicolari a quelle che ha già. Le aperture sono quasi del tutto cicatrizzate, il processo è stato molto veloce, ma la zona della schiena è molto sensibile in questo momento.
Finisco di pulire anche l'ala destra e prendo un asciugamano dal bagno. Glielo passo bene addosso, in modo da asciugare ogni singola piuma.
-Perché fai tutto questo per me?- Gira la testa verso di me con aria titubante.
-Perché è un momento delicato, quello della comparsa delle ali, e so cosa vuol dire dover fare tutto da soli, senza essere aiutati.- Rispondo semplicemente. Ma so che in realtà lo sto facendo perché sono un egoista, perché la voglio accanto a me il più possibile.
Scruto nei suoi occhi grigi e tempestosi, ma alla fine abbassa lo sguardo. -Devi ritirare le ali sottopelle adesso. Hai la fortuna che l'apertura si sia già cicatrizzata.
-Come ritirarle?- Sembra confusa.
Alzo le sopracciglia e faccio il giro del letto, quando mi accorgo che non può vedermi in faccia.
Mi siedo davanti a lei e giocherello con i suoi capelli. -Siamo sulla terra piccolo corvo. Non puoi svolazzare in giro come se niente fosse.-
Respira profondamente dal naso e poi annuisce. -Mi sono abituata velocemente all'esistenza di Dio e alla tua, Lucifero. Ho accettato di essere un ibrido, a metà tra un angelo e un demone e accetto i miei poteri perché fanno parte di me. Ho scelto l'Inferno, come nuova casa, mi sono abituata ai suoi componenti. E allora perché mi viene portata via l'unica persona che mi ha fatto stare bene, che mi ha dato tutto?- Scuote la testa e poi fa scrocchiare il collo. Quello che dice accende in me una sensazione di dolore, appena accennato ma persistente.
Rimango interdetto dalle sue parole, perché è un discorso sconclusionato, pieno di rabbia e di tristezza. Non so essere delicato con le persone, non lo sono mai stato e non so consolarle, non fa parte della mia natura. Però posso rispondere in modo schietto e veritiero, sperando che in qualche modo lei possa stare meglio.
-Perché la vita è fatta di queste cose. Si nasce per soffrire, perché sappiamo che oltre tutto quel dolore c'è qualcosa che ne vale veramente la pena. Dipende solo da te, se vuoi farti distruggere dall'oscurità o se vuoi combatterla. Non si superano i proprio demoni, mai, impari solo a conviverci e a non farti annientare da loro. Ogni tanto tornano utili, ti proteggono. Ricordati soltanto che a volte è bene tenere un demone per mano e farsi trascinare, ma devi capire fino a che punto è saggio seguirlo. Potresti non uscirne viva. Sei tu che dai potere ai tuoi demoni, sei tu che li alimenti. Devi solo trovare un equilibrio.-
Sul suo volto non cambia niente, ma spero che le parole che ho detto possano fare effetto in qualche modo, anche perché è solo questione di autoconvinzione e controllo su se stessi. Lo si impara a proprie spese quando vivi da tanto tempo.
Paris pianta gli occhi nei miei, bruciandomi con l'intensità del suo sguardo. -Sono parole forti per essere dette da te, Lucifero. Sei sicuro di essere il diavolo? Tralasciando il fatto che dicendo queste cose sembri molto più umano di quello che sei veramente... mi stupisce il fatto che tu non abbia superato i tuoi demoni.
La fulmino con un'occhiata. Questo è un terreno minato per me, ma se penso che lei ha appena perso Cameron, posso glissare si questo cambio di argomento. -Hai ragione, tralascio il fatto che mi hai appena insultato e dovrei fustigarti per questo. Ma non ho intenzione di rivelare i miei demoni a nessuno piccolo corvo, né ora né mai.- La guardo con aria compiaciuta.
Si abbraccia le gambe e scosta la mia mano dai suoi capelli morbidi.
-Portare un peso in due è più semplice.- Sussurra con voce lieve.
Non so a cosa stia pensando in questo momento, ma deve essere molto complicato se richiede diversi sbalzi d'umore. -Non puoi fregarmi in questo signorina. Persuasione e cattiveria vanno a braccetto e li stai usando contro il sottoscritto. Ti devo ricordare che è il mio campo di azione? Mi offendo se qualcuno si finge me. Soprattutto perché nessuno è meravigliosamente affascinante quanto me.- Enfatizzo il concetto indicandomi e assumendo un'aria di superiorità.
La osservo per bene e la sua bocca rosea si distende in un sorriso, fino a sbocciare in una risata. È meravigliosa quando ride e mi incanto a fissarla.
Non so perché stia ridendo così, tanto da avere le lacrime agli occhi, ma fa ridere anche me. È passata da un estremo all'altro... forse è questo il suo modo per trovare un equilibrio, anche se è da pazzi lunatici.
-Non ho mai conosciuto una persona così lunatica.- Sbuffo e sorrido nella sua direzione.
È piegata in avanti, con la maglietta che quasi le sfugge dalle mani, il corpo scosso dalle risate.
-È che non so come affrontare quello che provo.-
Corrugo la fronte. -Dovresti semplicemente viverlo e lasciarlo andare.-
Si rialza dal letto e prende dei respiri profondi, ma vedo che non piange più dal ridere. Rannicchiata su se stessa, chiude gli occhi, si porta la maglietta sopra la bocca e urla.
Urla talmente forte che le vene sulla gola e sulla fronte si ingrossano e le ali si spalancano interamente, occupando tutta la camera. È uno spettacolo straziante, ma non posso fare molto per aiutarla.
Non pensavo che tenesse così tanto a Cameron.
Smette di urlare e prende un respiro lungo e profondo. -Ti ha aiutato?-
-Un po'.-
Se l'ha aiutata solo un po' non oso sapere che genere di dolore prova, visto che era un urlo lancinante.
-Dovresti riposarti, questa sera facciamo un giro, va bene?- Spero di aiutarla a distrarsi un po'.
Mugugna qualcosa e abbassa lo sguardo. Espira e vedo le ali sparire senza problemi, anche se una smorfia di dolore si fa largo sul suo viso.
Si infila la maglietta velocemente ma non posso evitare a me stesso di sbirciare e quello che vedo mi piace parecchio. Mi passo la lingua sulle labbra e mi alzo dal letto per andare in cucina a mangiare qualcosa.
-Spione pervertito.-
Rido e mi fermo con una mano sullo stipite della porta. -Me le offri su un piatto d'argento, come posso non guardare?-
Arrossisce ma non mi risponde e si corica sotto le coperte in posizione fetale, ignorandomi completamente.
La guardo scivolare lentamente nel sonno, l'espressione seria perfino mentre dorme e i capelli serici sparsi sul cuscino.
E fu così che il lupo venne tentato dall'agnello.

Buonasera a voi miei piccoli peluche! Come vi sembra?
Lucifero si svela poco a poco...
Perdonate se settimana scorsa non ho pubblicato, ma lo studio e le scarse idee me lo hanno impedito... -.-"
Spero vi sia piaciuto questo capitolo e vi ringrazio infinitamente per le oltre 67 mila visualizzazioni!! Siete fantastici 😍
Alla prossima, vostra Beffii!

Lucifero - l'altra metà del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora