Lucifero's pov
Fu un'unione che superò tutti i confini.
Lasciai decidere al mio piccolo corvo il posto in cui sposarsi. Ci mise parecchio tempo a decidersi e a trovare il luogo perfetto per quella che sarebbe stata la nostra unione. Non lo avrei mai definito come matrimonio perché quello era un termine meramente umano e non si adattava per niente alla nostra condizione. Non chiese la mia opinione in niente e ammisi che la cosa non mi infastidì più di tanto. La vedevo entusiasta sfrecciare per il salone a giorni alterni, spargendo carta da lettere, inchiostro, fiori, (anche se quelli duravano ben poco con il calore eccessivo dell'Inferno) stoffa e oggetti vari ovunque.
Riuscì a riempire a dismisura l'armadio che avevo portato nelle mie stanze per i suoi abiti. Ne aveva pochi, anche perché il tempo passato qui si era rivelato insufficiente per poterlo riempire a dovere. Ero rimasto stupito una sera, vedendola spingere con tutte le sue forze un'anta fino a far scattare la chiusura. Mi ero rifiutato di sapere cosa sarebbe successo una volta riaperta. Me l'ero immaginata sepolta da ogni cosa, la mano che spuntava dal mucchio come quella di uno zombie dalla terra. Questa era la situazione che mi ero prefigurato, ma non avevo osato riderle in faccia.Mi premurai di osservarla in tutto quello faceva, rimanendo al passo con i suoi progetti, le idee, senza intervenire o interferire.
Quando cominciò a passare al setaccio dei posti per cercarne uno che avrebbe fatto al caso nostro non la vidi per una settimana. Alla fine la sequestrai per un giorno interno, obbligandola a rimanere con me, con la scusa che mi stava trascurando e che mi sentivo abbandonato. Avevo mascherato la mia anima al suo scrutinio scrupoloso, distraendola in tutti i modi, spostandole i capelli dietro le orecchie, accarezzandola dolcemente e mettendo su un'espressione con gli occhioni da cucciolo che necessitava le coccole. Non era stata così stolta da cascarci, ma si era lasciata convincere a passare la giornata con me a oziare, facendoci portare i pasti da Arsen, che scendeva e bussava come se fosse un maggiordomo invece che un cuoco.
Il giorno dopo era ripartita presto e tornò solo a mezzanotte inoltrata.
Me ne stavo sdraiato pigramente a leggere uno dei romanzi che avevo visto appoggiati sulle mensole della sua camera. Sorrisi deliziato al concetto di amore da cui sembrava prendere spunto. Ma forse era proprio grazie a quel concetto un po' fiabesco che lei era rimasta accanto a me, come se avesse fatto appello al coraggio dalle eroine dei suoi libri.
Nonostante la sua anima mi apparisse chiara come il sole mi piaceva scovare parti della sua personalità anche tramite metodi a me non convenzionali, come la lettura dei suoi libri preferiti o sfilze di domande che s volte sembravano interrogatori.
Continuai a leggere, perso nelle avventure strambe di queste ragazzine a metà tra lo stupido e il coraggioso. C'erano dei punti in cui mi sbellicavo dalle risate, fino ad avere le lacrime agli occhi. Non ricordavo più quand'era stata l'ultima volta che avevo riso così.
La sentii tornare, un fruscio sonoro di ali ripiegate ne preannunciò il suo arrivo. Percorse il corridoio che portava nella nostra stanza in un silenzio tombale. Da quando aveva preso a volare alla ricerca del posto giusto aveva smesso di portare scarpe di qualunque tipo; diceva che si sentiva più libera. Perché mai giudicarla quando io stesso in un periodo particolare della mia vita avevo sperimentato la vera libertà? C'era un tempo in cui me ne andavo in giro nudo senza che nessuno fiatasse. Probabilmente avevano anche eretto delle statue in mio nome e mi veneravano, forse durante l'età ellenica, in cui si credeva agli dei.
Prima che Paris aprisse la porta mi finsi addormentato, come se fossi già in un sonno profondo. Avevo il suo libro abbandonato sul petto e il viso girato in direzione opposta alla porta. La sentii avvicinarsi in silenzio e sedersi accanto a me, il materasso che sprofondava leggermente a causa del peso. Mi tolse il libro di mano e lo appoggiò sul comodino. Il silenzio statuario che la accompagnava mi preoccupò, perché di solito si incastrava tra le mie braccia come un pezzo del tetris prima di addormentarsi. Le sue labbra si appoggiarono sulle mie, indugiando per qualche secondo, così riuscii ad assorbire il suo profumo di sole e acqua fresca. Quel suo nuovo odore, così naturale e rilassante era come un balsamo per me, anche se non avrei saputo specificarne il motivo. Forse era proprio il fatto che fosse il suo profumo a renderlo così particolare per me.
Rimasi stupito quando affondò le mani nei miei capelli, tirandoli leggermente in una carezza. - Non riesco proprio a resisterti quando dormi. Sei così innocente, come un bambino. Mi fai impazzire. - Non so quale forza mi impedì di aprire gli occhi di scatto a quella sua affermazione, ma riuscii a tenerli morbidamente chiusi, mentre lei continuava ad accarezzarmi i capelli con dolcezza; sentivo il suo sguardo su di me. Chissà che espressione aveva in questo momento.
Purtroppo, dei due, l'unico che impazziva ero io. Sempre a causa sua ovviamente.
Sentivo in me l'ardente desiderio e bisogno di stringerla e farla mia, non una ma un milione di volte, perché non c'era essere più prezioso su questa terra che per me valesse di più di lei.
- Nemmeno mentre dormi ti liberi della tua corazza, vero amore mio? Non mi lasci vedere la tua anima, che luccica come un cielo stellato. Potrei guardarla tutta la notte. - Rimasi colpito. Sembrava triste e un po' malinconica dall'intonazione della voce. Non volevo che si sentisse così. Volevo scacciare via tutto il "blu" che sentivo provenire da lei.
Girai lentamente il viso verso la sua voce e la mano che riposava tra i miei capelli scivolò con lentezza e dolcezza sulla mia guancia. Aprii lentamente gli occhi e la fissai con intensità in quei suoi nuovi occhi dorati. Un po' mi mancavano quelli vecchi, grigi e pieni di tempesta. Quelli che stavo fissando adesso sembravano freddi e insondabili, ma sapevo che era solo una mia impressione, perché bastava vederla sorridere perché si illuminasse come una stella.
- Se ti manca e vuoi vedere il cielo stellato che desideri così tanto toglierò l'armatura ogni volta che vorrai, mio piccolo corvo. - Sussurrai gentilmente e girando il viso posai un bacio sul palmo della sua mano, per poi alzarmi piano. - Si era come pietrificata, invece che sussultare come mi ero aspettato.
- Si, lo ammetto, sei davvero irresistibile. - Mi sorrise, ma con quel semplice sollevamento di labbra su denti candidi aveva illuminato tutta la stanza. O meglio, così la percepivo io. - Se non fossi irresistibile io, il Diavolo, non so chi altro potrebbe esserlo. Forse tu. - Le sorrisi di rimando e lei si avvicinò con lentezza, salendomi delicatamente a cavalcioni e circondandomi il collo con le braccia. Il sorriso radioso che mi regalò mi fece quasi sciogliere sotto di lei.
Altro che irresistibile. Non solo averla tra le braccia era desiderio e pura pace, ma anche incredibile tentazione. Non avevo mai trovato un'anima in grado di tentarmi come lei faceva con me, come se fossi sempre alla sua mercé. Dovevo oppormi a questo suo giochetto, anche se sapevo che lei ne era inconsapevole, e prendere in mano la situazione.
La strinsi a me come se fosse fatta di porcellana e affondai il viso nel suo collo, respirando il profumo che emanava la sua pelle morbida. Baciai con cura e dolcezza il collo, percorrendo il sentiero tracciato dalla mascella fino alla bocca e sentii tre cose distinte nel nel breve lasso di tempo che avevo dato sfogo ad una piccola parte del desiderio che avevo di lei. Il suo respiro si fece affannoso, il battito del suo cuore galoppò in fretta e la temperatura dei nostri corpi aumentò di qualche grado. Era bastato così poco per farla sciogliere e ne ero estasiato.
Al contrario di quanto pensassi e di quanto mi sentissi esaltato Paris sembrava ancora una volta dominare la situazione. Si avventò sulle mie labbra come una persona che vaga nel deserto e infine trova un'oasi piena d'acqua. Sentivo la stessa speranza, lo stesso bisogno e la stessa felicità che passava da me a lei come se fosse corrente elettrica. Potevo quasi sentirla fisicamente mentre si stringeva in modo quasi spasmodico a me, come se volesse diventare un tutt'uno con me.
Accolsi la sua bocca famelica, il suo fuoco e accontentai il suo desiderio incandescente, pari al mio.
Ci beammo l'uno dell'altra, tra carezze, baci, passione e segreti sussurrati a fior di labbra finché il mattino non fece capolino col suo profumo di croissant appena sfornati, frutta fresca e caffè.
Ci alzammo lentamente, ancora nel bel mezzo di quella nebbia mattutina che affliggeva gli umani appena svegli. Non era una sensazione spiacevole, più di intorpidimento, come se ci stessimo risvegliando da un lungo sonno.
Uscii dalla camera con le dita intrecciate a quelle di Paris, che camminava con calma accanto a me, senza alcuna fretta.
Ci incamminammo verso la sala da pranzo e lasciai la sua mano per andare a sedermi al mio posto a capotavola. Era già tutto pronto e a disposizione, anche se effettivamente ci eravamo presentati prima del solito. Invitai Paris a sedermisi in grembo, ma scosse la testa e si sedette sulla sedia accanto alla mia, ormai per eccellenza il suo posto dichiarato.
- Non oggi. Voglio che ci siano tutti, così vi mostrerò finalmente il frutto delle mie ricerche, prometto che non ti deluderà come posto. - Alzai un sopracciglio, curioso, come se il posto che aveva scelto potesse anche solo avere la piccola disavventura di essere rifiutato. Non avrei mai potuto.
La vidi osservare la sedia che era appartenuta a Cameron e un pensiero malinconico fece velocemente capolino nei suoi occhi, prima che lei lo scacciasse e sorridere. Sapevo che un po' le mancava; dopotutto Cameron era stato il suo primo amore e non era qualcosa che si poteva scordare velocemente, come io non avevo mai dimenticato Serena. Il suo ricordo però non era più doloroso ma solo un'eco del passato che avevo vissuto e che faceva parte di me.
Paris cominciò a selezionare la sua colazione come un cacciatore fa con la sua preda.
- Sei degna del mio peccato, mia signora! - Sentii Fabio urlare dal fondo del corridoio. Si avvicinava a passo svelto ma il mio piccolo corvo non girò nemmeno il viso nella sua direzione per rispondergli. -Oh, ti prego, smettila di chiamarmi così, non lo sopporto. - Sbuffò prima di cacciarsi in bocca un pezzo di croissant al cioccolato.
- Ma sarà presto la verità, non è così? - Lui si mise a ridere sotto i baffi prima di prendere posto a tavola e Paris alzò gli occhi al cielo, ignorandolo.
Carter, Zoe e Reed si presentarono insieme come se fossero compagni d'armi, puntuali al secondo e si sedettero in silenzio, preparando i loro piatti. Furono molto sorpresi di vederci lì con loro, perché negli ultimi tempi non avevamo più fatto colazione insieme, presi ognuno dai propri impegni e progetti. Avevamo in corso un programma per restaurare tutto l'Inferno e dovevamo capire come ricostruirlo.
Osservai Reed e notai che nei suoi pensieri c'era la mia versione demoniaca che faceva parte della psiche di Paris. Se poteva, lei lasciava che Nero conducesse la sua esistenza senza interferire e soprattutto fuori dalla sua testa, a meno che non fossero questioni importanti o problemi gravi da risolvere. Poteva così avere a disposizione il suo cervello senza il commento radiofonico di sottofondo a tutto ciò che faceva o pensava, mi aveva confidato una sera. Era riuscita a trovare anche un metodo per bloccare la rete di pensieri che li collegava una volta preso possesso del suo corpo fisico con sembianze da pantera.
Rabbrividii al pensiero di una copia di me stesso. Bastavo io e grazie tante.
Mi aveva anche accennato al fatto che la sua parte angelica era poco più di un vago calore, che sentiva pulsare accanto al cuore e per lei era confortante che ci fosse. Le permetteva di non dimenticare che anche se aveva scelto l'Inferno, il suo compito pretendeva che il Paradiso facesse parte della sua vita.
Scarlett arrivò per ultima. Indossava un pigiamino enorme, soprattutto per i suoi standard, dove tutto ciò che era attillato, nudo o scoperto era il meglio del meglio. Aveva in braccio un bambino di circa sei anni e mezzo con in mano un piccolo peluche a forma di orsacchiotto. Era il nostro nuovo Custode dell'Accidia e aveva preso subito in simpatia Scarlett e la seguiva ovunque. Lei si era intenerita e da quando il piccolo Orion aveva azzardato la parola "mami" per Scarlett era giunta la fine.
Lo coccolava come se fosse un figlio e dal canto suo Orion non sembrava voler smentire la faccenda, soprattutto dato il passato, anche se breve, che aveva vissuto.
Avevo fatto un giro qualche settimana prima sulla Terra, perché Sirio stava diventando difficile da gestire senza un custode. Ero incappato in un orfanotrofio e avevo scartabellato qualche documento finché non avevo trovato qualcosa di diverso che aveva catturato il mio interesse. Orion era stato abbandonato a causa di una gravidanza indesiderata ed era rimasto lì finché non l'avevo portato via. Mi ero accorto solo dopo averlo portato con me, che il piccolino non aveva fiatato a parte per il cenno di assenso ad essere portato via.
Se ne stava tutt'ora seduto in braccio a Scarlett in silenzio quasi religioso e la contemplava, come se fosse un angelo. Non eravamo tanto distanti dalla realtà, solo qualche secolo indietro.
Ma anche Orion non era da meno. I riccioli neri e fitti gli incorniciavano il volto morbido e le guance rosee illuminavano gli occhi talmente verdi che solo a fissarli per qualche secondo sembrava di camminare in mezzo a una foresta. Il nome della costellazione che gli avevano dato rispecchiava molto il suo aspetto esteriore, che sembrava abbagliare quasi tutti.
Paris l'aveva osservato da lontano, senza mai avvicinarsi. Mi aveva detto che i bambini non facevano per lei e che da sempre rimanevano alla larga. Le avevo spiegato che era normale che fosse così; tutti i bambini prima di crescere e diventare adolescenti possedevano una sorta di "scudo" o istinto, che dir si voglia, che consentiva loro di percepire creature non umane. Questa protezione svaniva entrando in contatto gradualmente con il mondo degli adulti, ricco di corruzione e peccato.
Paris, intenta a divorare la sua colazione, con l'evidente approvazione di Fabio, non si accorse che Orion si era avvicinato a lei. Io osservai incuriosito la scena. Volevo vedere cosa sarebbe accaduto di lì a breve. Orion allungò una manina e afferrò un lembo della gonna asimmetrica di Paris, che non appena si accorse del piccolo ospite si irrigidì, con la tazza di thè in mano.
Non appenna ebbe ottenuto la sua attenzione allungò entrambe le braccia verso di lei, come per essere sollevato.
- Ne sei proprio sicuro? - Gli chiese lei. Aveva letto l'anima di Orion, le cui intenzioni si erano palesate molto chiaramente anche grazie al fatto che non conosceva ancora il modo per proteggere i suoi pensieri. Lui assentì e lei lo sollevò, mettendoselo seduto in grembo.
In quel momento la mia mente volò oltre il tempo. Chissà come sarebbe stato vederla tenere in braccio nostro figlio. Già la vedevo chiara come il sole: la pancia grande e tonda, poi il piccolo fagotto in braccio e ancora più avanti una scena analoga a quella che avevo davanti agli occhi. Nostro figlio seduto in grembo al mio piccolo corvo, che ridacchiava con sua madre mentre facevamo colazione. Mi si strinse il cuore con un fitta straziante al solo pensiero di una vista del genere, come se non mi fosse ancora concesso di sperare in un futuro del genere. Ma sentivo dentro un forte desiderio, quasi una necessità di avere una famiglia.
Tornai bruscamente alla realtà quando sentii Orion pronunciare la parola "zia" con voce acuta e cristallina. Ci girammo tutti verso il piccolo, che sorrise a Paris, ammaliandola. Giurai di aver visto Scarlett versare qualche lacrima di felicità prima di scacciarle bruscamente con la mano.
- Non ti faccio paura? - Gli chiese lei titubante. Orion scosse la testa, le lasciò un bacino veloce sulla guancia e corse di nuovo tra le braccia di Scarlett, che lo strinse a sé soffocando i singhiozzi leggeri nel pigiamino di Orion, che pareva confuso e in procinto di avere un attacco di panico a vedere la sua "mami" che piangeva. Si riprese in fretta per sorridergli con così tanto amore materno che avrebbe potuto sciogliere il sole. -Sei stato bravissimo Orion, sono fiera di te. - Gli disse, accarezzandogli i capelli e preparando un piatto per la colazione di entrambi.
Il mio piccolo corvo accanto a me era ancora confusa, con gli occhi sgranati e fissi sul piccolino. Le passai una mano davanti agli occhi e mi premurai di nascondere a fondo della mia anima la scena che aveva fatto capolino nella mia mente come un piccolo film.
- Non dovevi raccontarci qualche dettaglio in più a riguardo della nostra unione? - La spronai a proseguire, togliendola dal suo stato di "cervello svuotato" affinché riprendessimo il nostro discorso iniziale. Scosse la testa per schiarire i pensieri e focalizzò lo sguardo su tutti, un po' per volta.
- Allora ragazzi, ho delle novità interessanti...-
STAI LEGGENDO
Lucifero - l'altra metà del male
FantasíaComincia sempre tutto con un incontro. Siamo al cospetto di un Lucifero nuovo, di angeli che si comportano con la superbia dell'essere umano e con un ibrido particolare, che ha la chiave di entrambi i mondi, ma la scelta di uno solo. -Ho visto la...