Capitolo 50 - Rinascita

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Cameron's pov

Da quando sono morto il tempo ha smesso di esistere. Ho sentito distintamente la vita lasciare il mio corpo, rendendolo freddo e rigido. Non ero ancora morto del tutto quando ho sentito urlare Paris con talmente tanta disperazione che avrei voluto riaprire gli occhi per dirle che non me ne sarei mai andato, che sarei rimasto lì solo per lei. Ma la verità è che non avevo più nemmeno la forza di pensare. La freccia lanciata da uno degli angeli corrotti mi ha ucciso quasi sul colpo e tutto quello che ho potuto sentire dopo è stato il vuoto buio e nero dell'oblio.
Ho ricominciato a sentire qualcosa in un momento indefinito, non avrei saputo dire quando, visto che la mia concezione di tempo è stata completamente distrutta. La prima emozione che ha risvegliato i miei sensi, il mio io, è stato l'amore. Un amore circondato dall'oscurità, a cui non è stata concessa la possibilità di essere pronunciato. Mi ha risvegliato l'amore di un individuo il cui cuore pensavo fosse diventato solo un pezzo di pietra. È stato un impulso così potente e così angelico che mi sono sorpreso che non abbia risvegliato altri morti oltre me.
Poi c'è stata la disperazione, l'orrore dovuto a un incubo, la rabbia e la tristezza che si alternavano, ma anche la gratitudine, il disgusto e l'amore, soprattutto l'amore. Non è mai stato reso esplicito, ma ribolliva in profondità, senza che nessuno dei due se ne accorgesse.
Ma ora sono finalmente sveglio, e con mia grande sorpresa ho riacquisito le mie ali. Devo dire che erano una delle cose che mi sono mancate di più da quando sono venuto all'Inferno di mia spontanea volontà. Paris piange di gioia tra le mie braccia e io mi rifiuto categoricamente di lasciarla andare. Mi è mancato il calore e il contatto con il suo corpo, la sua voce. Non so nemmeno quanto tempo è passato di quando sono morto, ma sono felice di non esserlo davvero. Mi è mancato tutto di lei e ora che è tra le mie braccia mi sento veramente in paradiso, come se tutto fosse tornato al suo posto.
Un'altra cosa strana che ho notato appena sveglio è stato questo tipo, simile in modo inquietante al Re, tranne che per una vistosa coda, degli artigli al posto delle unghie e gli occhi gialli dalla pupilla allungata di un gatto. L'ho squadrato un paio di volte, per accertarmi che non avesse cattive intenzioni verso di noi, ma lui non ha fatto niente; non si è nemmeno mosso di un millimetro, nonostante fissasse Paris con un'espressione che di rassicurante aveva bene poco. Sembrava famelico oltre ogni dire.
-Ma quindi lui chi è?- Soffia indignato il gatto-Re nella mia direzione. Avverto della gelosia dietro il suo sguardo da gatto che fa andare la coda.
Paris si stacca lentamente da me, come se anche lei fosse dispiaciuta del nostro breve abbraccio, e si gira per rispondere. -Nero, lui è Cameron, la cui morte ha portato alla tua creazione.-
Nero mi osserva prima con disgusto, poi le parole di Paris fanno breccia nella sua coscienza e la sua espressione diventa curiosa. -Non mi sembra molto morto però.-
La bocca di Paris si piega in una smorfia e si volta verso di me con aria di scusa. -Non fa niente pasticcino, va bene così.- Muovo una mano per aria come per rinforzare il concetto. Visto che sono seduto a terra da un po' decido di alzarmi, per sgranchirmi le gambe.
-Pasticcino?!- Se poco fa era curioso, adesso è scandalizzato. Alzo un sopracciglio nella sua direzione e scrollo le spalle.
-È solo un nomignolo che le ho dato.- Dico con tranquillità. Mi stiro le braccia e mi allungo verso l'alto, facendo scrocchiare le articolazioni una dopo l'altra.
-Senti cucciola, non ho la più pallida idea del perché tu ti sia disperata così tanto per un tipo così, per di più un angelo. Ma dico io, ti si è riempita la testa di segatura?- Nero incrocia le braccia davanti a sé e mi osserva con superiorità. Ha proprio la stessa faccia da schiaffi di Lucifero, se non peggio.
-Cucciola? Mi sono perso qualcosa negli ultimi tempi, non è così?- Domando sorpreso a Paris e incrocio le braccia sul petto, imitando Nero. Lei si gira verso di me, sempre con la smorfia appiccicata alle labbra.
Lei e Nero parlano in contemporanea.
-È una storia lunga.-
-È solo un nomignolo che le ho dato.- Mi fa il verso il gatto-Re, prima di ridere con cattiveria.
Non so perché ma tutta questa situazione mi lascia confuso e fa crescere in me la rabbia. -Smettila di comportarti come un bambino! Devo minacciarti un'altra volta?- Sbotta Paris, puntando un dito contro Nero e assottigliando gli occhi.
Lui sbuffa e alza gli occhi al cielo. -Sai già che non riusciresti a impedirmelo.-
Paris si irrigidisce. -Molto bene.- Sorride con cattiveria e si sfrega le mani. Da quello che vedo deve aver trovato una soluzione al suo problema, anche se non gliela vuole dire apertamente. Rido divertito e mi fissano entrambi; Paris con la gioia negli occhi e Nero con palese fastidio.
-Cos'hai da ridere? Sei solo un insulso piccione, buono solo a portare dolore a lei per nutrire me.- Sorride compiaciuto quando Paris sussulta.
Raccolgo tutta la pazienza a mia disposizione e gli rispondo pacatamente. -Solo per il fatto di esistere dovresti essermi grato. E chi sarebbe il piccione scusa?- Spalanco le mie ali candide, tendendole fino a sentire muscoli e tendini che mandano piacevoli scosse lungo la spina dorsale. La mia ombra ricopre persino Paris, che mi si avvicina con sguardo incantato.
Nero, invece, trasalisce e incespica, cadendo a terra. Continuo implacabile il mio discorso, senza alzare tono di voce. -Sei solo un codardo che si nasconde dietro a una ragazza che ha sofferto e che soffre tuttora. Sei un'ombra tra le ombre, uno scarto mediocre della sofferenza del Re, niente di più.- Una volta concluso Paris mi guarda con tanto d'occhi e Nero si alza in piedi, con lo sguardo rivolto a terra e se ne va, senza più spiaccicare parola.
-Sei riuscito a zittirlo, non ci credo. È una cosa meravigliosa.- Mi guarda riconoscente e io sprofondo nel grigio tempestoso dei suoi occhi. La prendo per mano e vedo che il disegno di una rosa si fa largo sul suo braccio; poso un bacio sul dorso e la sento rabbrividire, ma sposta gli occhi per non incontrare i miei, come se si sentisse in colpa.
So molto bene che i suoi sentimenti per me sono cambiati, che io non sono più il centro del suo amore. Lo capisco e accetto la sua scelta, anche se mi provoca un po' di dolore.
-So che non provi più quel genere di sentimento per me.- La mia voce è calma. Da quando sono tornato al mio stato angelico mi sembra tutto più facile da gestire, come se mi stessi raffreddando. Gli occhi di Paris si oscurano e si riempiono di dolore. Mi fa male vederla in questo stato, così la prendo tra le braccia e le lascio appoggiare la testa sul mio petto. La tunica bianca che indosso si inzuppa delle sue lacrime e la sento singhiozzare. Mi stringe forte mentre le accarezzo la schiena e i capelli, cercando di darle conforto.
-Sono una persona orribile. Dovrei essere io a consolare te, non il contrario.- Biascica lentamente, la voce attutita dal tessuto.
-Non è vero.- Ribatto con gentilezza. Mi abbasso senza fare movimenti bruschi e la faccio sedere in grembo. -La morte è un confine per tutti. Nel momento che tocca qualcuno a noi caro, qualcosa in noi cambia per sempre. Non sarai più la stessa persona di prima, come non lo sarò io.-
Le tremano le spalle e rabbrividisce, allora allargo le ali in modo che ci circondino per intero, lasciandoci in uno spazio intimo. Lei si stacca dal mio petto e si asciuga le ultime lacrime, che le hanno fatto arrossare gli occhi. Il tormento che leggo nella sua espressione mi fa sentire perso, come in balìa delle onde nel bel mezzo dell'oceano. Non so più cosa dirle.
-Quando sei... morto, qualcosa dentro di me si è spezzato e non sapevo più cosa fare.- Allunga le mani verso di me, accarezzandomi il viso, poi scende finché non si trova a un millimetro dalle piume delle ali. Le tocca con estrema delicatezza, lasciando che le dita traccino un percorso leggero tra penne e piume. Queste carezze mi riempiono di piacere, facendomi fremere sotto le sue mani delicate. Chiudo gli occhi e respiro profondamente mentre Paris mi racconta in modo veloce tutto ciò che è successo da quando sono stato trasformato in Animus. Alla fine del suo racconto mi alzo di scatto in piedi. -Dobbiamo andare a riprenderci il nostro Re, non trovi? O qui all'Inferno le cose andranno di male in peggio. E poi non possiamo perdere questa battaglia contro gli angeli.- Dico con determinazione. Le porgo una mano per aiutarla a rialzarsi e la vedo che mi fissa stupita. -Che c'è?-
-Tu... vuoi salvare Lucifero? Andresti contro la tua razza per un demone?- Questo suo titubare mi fa riflettere, ma infine prendo la mia decisione. È dolorosa, ma finché ci sarà lei al mio fianco io posso sopportare qualsiasi cosa.
-Io ti amo Paris e questo non cambierà mai. Sei riuscita a risvegliarmi dal torpore che mi opprimeva quando ero il peccato capitale dell'Accidia, mi hai amato per ciò che ero, sei rimasta al mio fianco e non ti biasimo per essere finita tra le braccia di Lucifero.- Le sorrido con dolcezza e le lacrime sgorgano ancora una volta dai suoi occhi, ma in un silenzio quasi religioso.
-Lui è riuscito ad aiutarti quando io non c'ero per te. È normale che tu ti sia innamorata di lui. Ti amo così tanto che so che se dovessi perdere lui, non ne usciresti viva. Rimarrò al tuo fianco per sempre, perché prima di tutto sono un amico. Ma da ora in poi ti faccio il mio giuramento di Custode.- Mi metto in ginocchio davanti a lei e prendo la mano tatuata tra le mie. Paris sembra così piccola, eppure nasconde una forza immensa.
-Io non so se posso accettarlo. Farò parte dell'Inferno e combatterò contro gli angeli se ce ne sarà bisogno.- La voce arrochita si spezza e la mano che stringo tra le mie scatta in modo selvaggio, ma senza sottrarsi.
-Sì che puoi. Mi sottoporrei comunque al giuramento del Custode, qualsiasi scelta tu faccia. Ti sto solo chiedendo il permesso. Combatterò anche io per l'Inferno, non appena potrò fare il giuramento a Lucifero. Al momento il Re scarseggia con la sua presenza fisica, quindi il mio primo giuramento di Custode lo faccio a te.- Mi schiarisco la voce, ma prima che io possa cominciare il rito formale, Paris mi ferma.
-Sei sicuro di quello che stai facendo? Puoi ancora tornare indietro.- È nervosa e sotto sotto lo sono anche io, ma la mia decisione è presa. -Sono sicuro. Non rinuncerò a te.-
-Anche se il mio cuore appartiene a qualcun'altro?- I suoi occhi guardano dietro di me, verso il laghetto, e si fanno pensierosi. Quello che dice assomiglia a una lancia piantata nel petto, eppure mi faccio forza e le sorrido. -Anche se il tuo cuore appartiene al Re dell'Inferno.-
Lei mi fa un sorriso, che nonostante sia tremulo e poco accennato, le illumina i lineamenti.
-Io, Cameron, figlio dell'angelo Hesediel, rendo i miei servigi di angelo Custode all'ibridio destinato a servire l'Inferno. Giuro solennemente di proteggerti da tutto ciò che potrebbe nuocerti. Accetti il mio giuramento?- Chiedo trepidante. Il giuramento è sempre stato qualcosa di semplice, eppure la sua efficacia non ha mai messo in dubbio nessuno.
Paris annuisce. -Io accetto il tuo giuramento.-
Un'ondata di energia bianca scaturisce da me, avvolgendo ogni cosa di calore benevolo. Quando mi alzo in piedi per completare il rito, sento una forza che mi tira verso Paris, come una piccola fune. Mi avvicino a lei e poso un bacio delicato sulla fronte e uno su ciascuna guancia. Lei mi abbraccia di slancio e la stringo forte a me, lasciando che questo momento si imprima per bene nella mia mente. Lei non sarà mai più mia, ma conserverò nel cuore il tempo passato con lei fino al giorno in cui la morte verrà a trovarmi.

Lucifero - l'altra metà del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora