Capitolo 44 -Purgatorio

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Lucifero's pov

Mi è quasi venuto un infarto quando sono entrato in bagno e l'ho vista immergersi nell'acqua, per non uscirne più per almeno cinque minuti. Ho proprio sentito il mio cuore perdere un battito e la cosa non mi è affatto piaciuta. La mia parte razionale -che mi domina per la maggior parte del tempo- ha esordito con un "se muore è solo un'anima in più che si aggiunge alle nostre schiere. Estremamente potente, ma solo un'anima." Al che, la mia parte sentimentale, che si fa vedere di rado ha ribattuto con un "Non è solo un'anima. È Paris, è mia. E devo proteggerla, perché questo è un momento delicato, visto che ha appena perso una persona molto importante."
Dopo questo scambio di battute nel mio cervello, la mia parte sentimentale ha azzerato quella razionale e ho agito d'istinto. L'ho afferrata velocemente e tirata fuori dall'acqua con violenza.
Dopo aver chiarito che stava pensando e non voleva uccidersi mi sono calmato, il cuore ha smesso di battere violentemente nel petto come se fossi alla mia prima cotta, e ha riguadagnato un ritmo normale.
Nonostante fosse completamente nuda e zuppa d'acqua il mio sguardo non si è spostato dai suoi occhi, intenti a bucare i miei, tanto erano intensi. Dopo essersi coperta e avermi abbracciato come se ne andasse della sua vita, mi ha stretto forte, avvolgendomi nel suo -mio, anche se su di lei risulta più dolce, ma non nauseante- profumo. In quel momento sono rimasto spiazzato ed esterrefatto. Non ero mai stato abbracciato da nessuno che non fosse Serena con tanto affetto.
Poi ho fatto una cosa che ha sorpreso perfino me stesso. Le ho asciugato i capelli con calma, coccolandola e viziandola un po'. La sua espressione sorpresa ha lasciato spazio alla tranquillità e alla beatitudine. Ha chiuso gli occhi, dondolandosi leggermente sulle punte dei piedi, e un sorriso dolce e meraviglioso si è fatto spazio sulla sua bocca. Mi è sembrato, per un attimo, di guardare un angelo in piena beatitudine. Forse agogno in modo tremendo tutto ciò che rimane fuori dalla mia portata...
Dopo una battuta su quello che faccio nel tempo libero, alza gli occhi al cielo e sorride, facendo un passo verso la porta. Si blocca immediatamente, il volto sofferente. La vedo cadere a terra in un millesimo di secondo, e sono abbastanza veloce da riuscire a prenderla in tempo, prima che sbatta la testa contro il pavimento. Si artiglia il petto e lo graffia con ferocia, proprio sopra il tatuaggio del corvo che ha sopra il seno. Si agita in modo forsennato e fatica a respirare. Non ho la più pallida idea di cosa le stia succedendo, ma cerco di rassicurarla in ogni modo possibile.
-Fa malissimo!- Sibila con voce rauca, mentre le lacrime scendono dai suoi occhi. Gliele asciugo con la punta delle dita.
Si aggrappa alle mie braccia e ci conficca dentro le unghie, facendo uscire il sangue.
Da quando ha donato il suo sangue alla mia spada sento distintamente ogni volta che lei prova dolore fisico o mentale. Il legame della spada è qualcosa di molto antico, una volta che due combattenti mischiano il proprio sangue in una lama si crea una connessione fisica; se uno dei due dovesse perdere l'altro si patirebbe una sofferenza atroce. L'ho visto accadere numerose volte da quando sono caduto, soprattutto durante la guerra in cui ci siamo decimati a vicenda. Ma accadeva già quando ero un servo del paradiso. Il compagno o la compagna di spada venivano legati da un giuramento, che durava fino alla fine dei tempi, un giuramento in cui si dichiarava di proteggere la propria controparte fino alla morte. La mia controparte un tempo era Michele... quando ho deciso di rinnegare Dio quel legame si è spezzato e tutto ciò che mi riguardava era stato maledetto. Ma adesso la mia controparte è Paris; persino senza giuramento è riuscita a connettersi a me. La cosa un po' mi spaventa e mi infastidisce allo stesso tempo, perché non sono mai stato legato a nessuno prima d'ora, non così intimamente. Paris è la prima persona a cui sono legato fisicamente, a causa della spada, e mentalmente, grazie alle forti e contrastanti emozioni che provo per lei.
Un paio di volte mi sono estraniato dal suo dolore, in modo che fosse unicamente suo, forse anche un po' per egoismo, per evitare di soffrire. Ma questo... da questo dolore non posso fuggire. Sento il male che sente lei, ma ho più resistenza ed esperienza nel nasconderlo.
Mi sembra di bruciare dall'interno, il cuore stretto in una morsa, la pelle di Paris che scotta e si arrossa intorno al tatuaggio. Qualcosa al di sotto della superficie si muove e un taglio compare tra le sfumature. Ne sbuca fuori una zampa bianca imbrattata di sangue, seguita dall'intero corpo di un corvo, che sbatte le ali con rabbia per uscire definitivamente. Il sangue schizza ovunque, mentre Paris si abbandona a peso morto su di me. Mi chino su di lei e accosto l'orecchio alle sue labbra per vedere se respira. Un lieve refolo d'aria spira dalla bocca, allora la prendo tra le braccia, la porto in camera e la stendo sul letto. Il corvo mi ha seguito e si posa accanto a lei, con la testa che preme nell'incavo del collo, come a cercare calore.
Il dolore che proviene da Paris si affievolisce lentamente, quindi anche la sua ferita deve essersi richiusa.
Mi alzo e torno in bagno, prendo delle salviette e le immergo nell'acqua. -Ma che cavolo!?- Sento Paris urlare dalla camera da letto. Corro da lei e la vedo fissare orripilata il corvo che la segue qualunque mossa lei faccia. Alza il viso verso di me, sconcertata, e indicando il pennuto mi chiede: -Da dove arriva lui? E per quale motivo mi sta appiccicato come una cozza?
Il corvo si ferma un attimo e sembra guardarla addolorato, come a scusarsi. -È uscito dal tuo tatuaggio, quello sopra il cuore.- Le spiego, mentre le passo una salvietta e lei si pulisce.
Lo osserva con sguardo critico e poi allunga una mano nella sua direzione, con fare titubante. Il corvo sbatte le ali un paio di volte, apre il becco e si fionda contento sulla sua mano. -C'è qualcosa che non va.- Mi fa notare Paris.
-Cosa?- Mi siedo sul letto insieme a lei e aspetto che parli. Mi ha rubato l'accapatoio nero, che su di lei è molto grande e le ricade addosso come una coperta. Le gambe pallide sono stese, con le caviglie intrecciate a qualche passo dalle mie mani, che formicolano dalla voglia di accarezzarle. Anche in un momento così delicato come questo il mio desiderio non accenna a sparire.
-Sento che mi manca qualcosa, come se mi fosse stato portato via. E scommetto che lo ha lui.- Borbotta in direzione del pennuto che le becchetta affettuosamente le dita. -Ecco cos'è!- Si illumina. -Le anime che ho preso ai due angeli che mi hanno torturato. Non le ho trasformate in pietra, ma non capisco perché è saltato fuori adesso. Avrebbe potuto farlo anche quando ho preso l'anima di Megan.- Leggo la confusione sul suo volto e penso a una risposta che possa suonare plausibile.
Avevo sentito che fosse possibile avere un animale che contenesse le anime, ma l'animale in questo caso trovava la via per arrivare al suo padrone. All'inizio avevo pensato che fosse Nur, poi visto che non succedeva niente ho lasciato perdere l'idea. Non ho mai sentito invece che un porta anime fuoriuscisse da un tatuaggio. In più, come ha specificato lei stessa poteva palesarsi quando aveva risucchiato l'anima di Megan. O magari non è successo perché non aveva ancora sviluppato le sue ali. O ancora potrebbe essere solo un portatore di anime angeliche, visto che ha scelto l'Inferno. Le spiego le mie teorie perché non sono certo di nulla; lei è il primo ibrido ad avere delle capacità così particolari. Paria sembra ancora più confusa, ma rimane in silenzio.- È un Portatore e devi dargli un nome, per legarlo fisicamente a te, anche se non so quanto valga con te questa regola, visto che lui- lo addito sgarbatamente- è letteralmente uscito dalla tua pelle.
Paris soppesa il corvo, che ha cominciato a pulirsi le penne con estrema cura, rivelando il vero colore al di sotto del sangue. Un bianco quasi perlaceo, innaturale.
-Mmm... Hugin.- Hugin si ferma e le becchetta le dita. -Come mai questo nome?- Averla così vicino rende i miei pensieri foschi e cerco di resistere agli impulsi che cercano di dominarmi.
-Non lo so, sembrava carino. È anche il nome di uno dei due corvi di Odino, pensiero.- Non la vedo molto convinta, ma alla fine è il suo animale, non posso certo sceglierlo io il nome.
-Ti piace la mitologia eh?- Sorrido lievemente al ricordo di tutti i libri sulla mitologia greca nella sua stanza.
Il suo profumo giunge al mio olfatto e non resisto più. Faccio correre le dita sulle sue caviglie, anche se sembrano dei pezzi di ghiaccio. Paris sussulta e poi rabbrividisce. -Cosa c'è piccolo corvo?-
-Perché lo stai facendo?- Sussurra.
La squadro lentamente, dalla testa ai piedi, continuando ad accarezzarla. Non si scosta dalle mie mani calde, nemmeno quando risalgo verso il polpaccio, ma sento i suoi occhi puntati su di me. Mi avvicino ancora, lentamente, come farebbe un gatto che gioca col topolino.
La voglio. Voglio che sia mia e di nessun altro. La voglio in tutti i modi possibili, mi voglio impossessare di lei, entrarle sottopelle, farla mia. -Perché ho voglia di farlo, semplice.
Salgo ancora, sfiorando con la punta delle dita l'interno della coscia. Non stacco lo sguardo dal suo e la vedo arrossire, il battito che accelera in poco tempo. Non ha ancora spiaccicato parola così vado avanti. La tiro verso di me, afferrandola per la vita. Il corvo scende indignato dalla sua mano, sbattendo le ali per rimettersi in equilibro. Poso le labbra sul suo collo, lasciando una traccia di baci caldi, mentre lei preme le mani sul mio petto. Mi sposto verso i boccioli di rosa che ha al posto delle labbra e a quel punto sento le sue mani spingermi via, con forza. E non solo la sua forza fisica, ma mi punta contro anche uno scudo di energia nera che mi fa spostare da lei.
-Solo adesso? Avresti dovuto farlo prima. Complimenti per la forza di volontà.- Inarco un sopracciglio e la fisso con malizia mentre si sistema l'accappatoio. Si alza dal letto, il corvo che svolazza e atterra sulla sua spalla ed esce dalla camera, per dirigersi in sala. Non mi degna di uno sguardo, non parla. Si chiude in un silenzio tombale e nonostante io cerchi di parlarle non ottengo segni di vita. Ha lo scudo di energia nera ancora proiettato attorno a sè e non lo toglie.
Ammetto che non mi sentivo particolarmente me stesso poco fa, come se qualcosa avesse preso possesso del mio corpo. Una specie di essenza animalesca mi ha confinato in un angolo del mio cervello, lasciandomi in balìa dei miei istinti primordiali. Non è stata una mossa carina da parte mia, dopo tutto quello che le è successo, ma non avevo altra scelta.
-Mi dispiace piccolo corvo. Non volevo.- Mi scuso a bassa voce, fissando il pavimento e ficcandomi le mani in tasca. Non mi sono mai scusato in vita mia, ma questo lei non può saperlo. Si gira verso di me e mi lancia un'occhiata a metà tra il confuso e il disgustato, ma fa sparire lo scudo, che si dissolve sulla sua pelle come fumo nero. Torna in camera e si veste in fretta, con una canottiera che lascia scoperta la schiena e dei jeans neri. Ai piedi porta dei sandali argentati, che dovevano essere di Scarlett.
È bellissima, ma quello che mi attira di più sono i suoi occhi. Grigi e freddi, come una tempesta in arrivo e leggermente sottolineati da una riga nera, che rende i suoi occhi simili a quelli di un gatto. So di aver rovinato tutto, ma non sono una che si piange addosso. Ritroverò un modo per far sì che lei si fidi ancora di me. Non solo per un capriccio egoistico, ma perché tengo a lei, nonostante spesso il mio carattere non sia rose e fiori.
-Forza, andiamo.-
La guardo confuso. -Non avevi detto che uscivamo?- Dice con voce fredda.
-Giusto.- Mi incammino verso il garage, sorpassandola. Prendo le chiavi della macchina ed entro, sedendomi sui confortevoli sedili di pelle. Lei mi raggiunge poco dopo, sempre senza parlare e questa volta senza mostrare nessuna emozione. Abbasso i finestrini e metto in moto. Usciamo dal garage, percorro le stradine del paese e poi mi immetto nella tangenziale, facendo rombare il motore. Il suono è pari a quello delle fusa di una pantera, morbido e potente.
-Una Maserati. Bella scelta per una macchina.- Guarda fuori dal finestrino senza girarsi dalla mia parte. Mi infastidisce questo suo non rivolgermi nessuna attenzione, anche se so di essere stato un emerito idiota. -Ti piacciono le auto?-
-Abbastanza, si. Anche se non ho mai avuto il privilegio di guidarne una, visto che posso fare la patente solo l'anno prossimo, al compimento della maggiore età.-
Rimango basito da questa sua rivelazione, ma non mi viene in mente altro da dire, anche perché siamo arrivati al bar che avevo in mente da questo pomeriggio. Entriamo e poco dopo il chiacchiericcio sparisce, rimpiazzato da borbottii e sibili. Questo bar è territorio misto per angeli e demoni, anche se ci sono molti umani, tutti sicuramente pronti per stringere qualche patto.
-Mi hai portato in un bar pieno di creature soprannaturali?- Sbotta Paris al mio fianco, rifilandomi un'occhiataccia. Cerco di mettere una mano sulla sua spalla per rassicurarla, ma viene sbalzata via, come se avesse ancora lo scudo attivo. Vedo un sottile velo fumoso che avvolge tutto il suo corpo e capisco che non gradisce il mio intervento nel suo territorio al momento.
-Ti do il benvenuto al Purgatorio.- Spalanco le braccia per includere tutto il locale. Le luci sono soffuse e in sottofondo c'è della musica rock anni 80, la mia preferita. Vado verso il bancone e numerosi demoni si girano a guardarmi, la paura che arriva strisciando ai miei sensi. Mi faccio preparare la prima cosa che mi viene in mente, alzo il bicchiere in mezzo al locale e urlo: -Sono qui per divertirmi, non per totrurare qualcuno di voi, quindi bevete!- Vedo molti umani fissarmi confusi, ma non lo biasimo per il fatto che non sanno chi sono.
Un sospiro generale arriva dalla folla, quindi prendo un sorso di quello che ho ordinato, che ha il gusto di arancia, frutti rossi e assenzio. Un mix diabolico niente male, che ordina anche Paris.
-Questo posto è una specie di terra neutra, un po' come la svizzera. Angeli e demoni qui possono stringere patti, accordi, perfino alcune sentenze o addirittura degli ultimatum che possono riguardare sia gli esseri umani che noi soprannaturali.- Trovo un tavolino accanto al bancone e mi siedo tranquillamente. Sento la tensione degli angeli crescere notevolmente, aggravata dalla mia presenza, mentre i demoni si scatenano ancora di più a causa della mia presenza. In questo posto è vietato dare battaglia a qualcuno di un'altra fazione, altrimenti si ricadrebbe nella stessa storia compiuta duecento anni fa, solo che ci andrebbero di mezzo anche gli umani e questo non può essere permesso.
Paris si accomoda con fare titubante, mentre sorseggia il suo drink. Spalanca gli occhi, ma continua a bere. Non pensavo che bevesse così tanto, ma evidentemente le piace.
-Paris? Sei tu?- Una ragazza dai capelli rossi si fa largo tra la gente che balla e si avvicina a noi e quando riconosce Paris la abbraccia con trasporto, che lei ricambia. -Selene! Cosa ci fai qui? Come...?-
-Tu, piuttosto, cosa ci fai qui? Questo non è proprio il tuo tipo di bar.- Selene sorride e la osserva con occhio critico.
-Ma non si addice a te, piccolo angelo.- Dico con cattiveria, alzandomi e avvicinandomi a Paris. Lei si scosta quasi impercettibilmente.
-Sei venuta qui con lui?- Selene impallidisce e arretra di un passo. Paris stringe le labbra e annuisce, infastidita. -Dov'è Cameron?-
La domanda innocua che Selene le rivolge le fa abbassare le spalle di colpo, come se un masso si fosse abbattuto su di lei. -È stato ucciso da un angelo, un giorno fa.- Sussurra con voce intrisa di dolore. -Che cosa!?- Sbotta la rossa con enfasi, afferrando le braccia di Paris per poi stringerla nuovamente in un abbraccio. Le accarezza teneramente la schiena e azzarda uno sguardo verso di me, a dir poco cattivo, come se non le credesse.
-Pensi veramente che sia stato io?- Sbuffo sonoramente, finendo di bere il mio alcolico e sorridendo. -Per quanto la cosa potesse solleticarmi il cervello a volte, mi dispiace, ma non sono stato io.- Mi sto scusando e dispiacendo un sacco di volte in questo periodo e la cosa non va affatto bene.
-Non pensavo nemmeno che avessi un cervello.- Ribatte la rossa con ostilità. Riassumo il mio atteggiamento da Re dell'Inferno e sorrido con malevolenza prima di esordire con un: -Attenta ragazzina, stai giocando con qualcuno che non sai gestire, quindi vedi di starmi alla larga.-
-Dovresti prendere la via per andare dritto a quel paese, visto che la sai a memoria.- Paris ci osserva mezza sconvolta, facendo correre i suoi occhi da me a Selene. Che coraggio questo peperino, che cerca di tenermi testa.
-Cosa sta succedendo qui?- Qualcun altro si aggrega a noi, facendo passare un braccio sulle spalle di Selene.
-Darmian! Grazie al cielo sei arrivato. Dobbiamo concludere un patto con un umano, ci sta aspettando in fondo al locale.- Osservo il tipo in questione, dai capelli grigi agli occhi verdi, tanto intensi da sembrare radioattivi. Ripesco nella memoria dove ho già visto quel viso, tutto angoli e ossa affilate.
Quando ero un angelo lui occupava una carica di basso livello, ma poco prima della mia caduta era diventato uno stratega molto abile. Era lodato, e suppongo che lo sia tuttora, per la sua eccellente freddezza e razionalità. Assomiglia molto a Carter, sia fisicamente -tranne il colore degli occhi e dei capelli-, che caratterialmente, tranne forse per il fatto che Carter è più pacato e gentile.
-Tu sei il fratello di cui Carter non parla mai, non è così?- Mi si accende una lampadina nel cervello e ogni tassello e frase scambiata con Carter ora acquistano un senso. È la prima volta che vedo dei fratelli misti e la cosa mi incuriosisce parecchio, visto che sono molto rari.
-Che cosa?! Carter ha un fratello? E per di più angelo? Non posso crederci.-

Buon Natale! Ecco a voi un altro capitolo, non proprio sfavillante... però va beh.

Cosa ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti!

Vi auguro buone feste e al prossimo capitolo!

Vostra Beffii

Lucifero - l'altra metà del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora