❖Capitolo 1

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"Buongiorno Signorina Quinzel!"
"Buongiorno dottoressa Quinzel!"
"Buona giornata dottoressa!"
Continuavo a sentirmi ripetere lungo il corridoio che stavo percorrendo, senza degnare di un minimo sguardo chi me lo diceva.
È il mio primo giorno all'Arkham, e probabilmente senza aver fatto nemmeno un giorno di servizio qui, sono già la più brava nel campo.
Gli psicologi sono talmente incapaci che i detenuti potrebbero dire loro di essere degli scimmioni albini e questi gli crederebbero. Sono tutti così ingenui.
"Buongiorno" saluto la dirigente seduta dall'altro lato della scrivania.
"Questo è il suo caso. Quando esce ci sarà una guardia che le mostrerà a grandi linee l'edificio, poi andrà da lei" mi informa la donna, porgendomi la cartellina del mio primo paziente.
"Non c'è qualcuno di un po' più... interessante? Sa, non sono una novellina" le domando lanciando una rapida occhiata alla persona a cui si riferiscono i fogli scarabocchiati che mi ha rifilato.
"Qualcuno di più interessante? Cosa c'è di più entusiasmante di una persona che non si sa come mai si traveste da gatto?" mi domanda ironica.
"Ecco, avrei intenzione di scrivere un libro su uno dei criminali che è rinchiuso in questo... amabile edificio" le rivelo sorridendo lievemente.
Non che questa donna mi vada a genio, ma per ottenere ciò che voglio devo sembrare il più dolce e innocua possibile.
"Intende?" mi domanda incuriosita.
"Il clown" sputo secca.
"Il clown?" ripete cercando di trattenere una risata.
"Lei dev'essere impazzita" commenta tornando seria e frugando tra uno dei cassetti della scrivania.
"In caso di incidenti non può farci causa. Si è scavata la fossa" mi informa prima di ritirare il precedente fascicolo e porgermi quello sul famigerato pazzo di Gotham.
"Non resisterà un giorno" afferma sorridendo, mentre mi alzo dalla comoda sedia in pelle.
"Non ne sarei così sicura, signora Waller" ribatto prima di uscire dalla stanza.
"Buongiorno" mi saluta una guardia.
Penso sia quella addetta al mio 'giro turistico' dell'edificio.
"Si risparmi le gentilezze e mi faccia fare questo giro in fretta" rispondo sorridendo all'uomo.
"Che tipetta volubile. Come mai ha così tanta fretta?" mi domanda mentre camminiamo tra le celle.
"Ho voglia di mettermi all'opera" rispondo noncurante mentre lancio delle occhiatine sparse ai detenuti.
"Le hanno assegnato un criminale interessante?" continua a domandarmi, voltando lo sguardo verso di me.
"Alquanto interessante direi" affermo io sorridendo.
"Se posso chiederle, chi?"
"Credo che lei lo conosca molto bene" gli rivelo alludendo alla scritta incisa sulla sua arma.
"Oh, lei è un'attenta osservatrice" commenta lui sorridendo e prendendo il telefono in mano.
Probabilmente vorrà avvertire altri suoi compagni del mio arrivo.
"Beh, non si vede tutti i giorni un'arma con scritto 'jokerskwad' sulla canna".
Come ho già detto, se non l'hanno ancora notata è soltanto perché sono tutti tremendamente ingenui e disattenti.

"Questo è tutto. Ora dovremmo andare dal signor J" mi informa lo scagnozzo dirigendosi verso un corridoio.
"È così che lo chiamate? Il suo cognome non è Nieper?" domando contrariata.
"Come fa a saperlo"
"Ho fatto delle ricerche" rispondo con tono ovvio.
"Non gli piace quel nome" dice guardando davanti a sè.
"Perché no?" domando nuovamente.
"Lei è troppo curiosa" commenta l'uomo.
Decido di rimanere in silenzio.
E quando si rimane in silenzio, il cervello comincia a pensare, a realizzare. Ed è ora che realizzo il fatto che sto per avere a che fare con un soggetto che ha ucciso più di duemila persone senza un apparente motivo.
Che tra pochi minuti sentirò la sua voce, vedrò il suo viso.
Percepisco il cuore cominciare a palpitare forte in mezzo al petto, mentre le mani cominciano ad inumidirsi a causa del sudore e mi sento avvampare.
'Okay, calma Harleen. Da quando ti fai spaventare da un tuo paziente' cerco di rassicurarmi, senza ottenere troppi risultati.
"Eccoci" mi riferisce il mio accompagnatore, arrestandosi davanti ad una spessa porta.
Sull'etichetta in metallo inchiodata ad essa torreggia il nome 'Joker' inciso in bella calligrafia, probabilmente dal clown stesso.
"Ah, il signor J tende ad essere un po'... strano" dice titubante l'uomo, spostandosi per lasciarmi spazio.
"Lo so, sennò perché ci sarei io? Non si preoccupi per me, so badare a me stessa" affermo prima di raccimolare tutta la mia forza di volontà e aprire la porta con un cigolio.
Dopo che essa si chiude dietro di me con un tonfo, faccio un lungo respiro e alzo lo sguardo verso il criminale seduto su una sedia davanti all'unico tavolo della stanza, rivolto noncurante della mia presenza verso la finestra.
Fortunatamente noto la camicia di forza che fascia il suo busto.
"Buongiorno" lo saluto dolcemente dirigendomi verso la sedia vuota.
"Mi scusi, l'ho salutata" lo ammonisco dopo alcuni secondi in cui noto che resta in silenzio.
"Come vuole" termino tranquillamente, sistemando tutto il materiale sul tavolo con un tonfo e sedendomi.
"Le persone parlano tanto quando sono ansiose" afferma lui voltando lentamente lo sguardo verso di me.
"La spavento?" mi domanda abbozzando un sorrisino.
"Nient'affatto signor... Nieper" rispondo per provocarlo, ignorando il fatto che odiasse quel nome.
"Se mi chiama ancora una volta così, la torturerò con le mie stesse mani" mi informa serio, appoggiando la schiena alla sedia.
"Quali mani? Oh, sta forse parlando di quelle immobilizzate dentro la camicia di forza?" rispondo a tono, sorridendo alla fine della mia frase.
"Ad ogni modo, credo lei sappia perché sono qui"
"Le sembro forse stupido?" mi domanda retoricamente mostrando la dentatura argentata in un sorriso.
"Pazzo, folle, ipocrita... ma di certo non stupido" commento io, aggiustandomi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.
Forse anche un tantino affascinante.
Oh, ma che dico, concentrati.
"Mi vuole chiedere come mi sono fatto queste adorabili cicatrici?" domanda dondolando lentamente il busto e spingendosi in avanti.
"No, a dire il vero avrei una domanda più... interessante. 'Damaged', sulla fronte. Perché?" gli domando a mia volta incrociando le braccia.
"Il mio cervello è irrimediabilmente danneggiato mia cara" mi racconta lui sorridendo.
"La pazzia è curabile" intervengo appoggiando i gomiti sul tavolo.
"La mia non è pazzia, è una scelta di vita" mi rivela lui, voltando lievemente la testa di lato.

🦄SPAZIO UNICORNOSO ME🦄
Hiii Puddins❤️
E BOH, ALLORA VI ESPLICO. Mi sono accorta che non sono in grado di fare la storia Jargot, quindi vi ho scritto l'inizio della storia dedicata ad Harleen e J❤️
Non c'è molto da dire su questa prima parte, FATEMI SAPERE CON COMMENTI E STELLINE SE IL CAPITOLO VI È PIACIUTO, CI VEDIAMO AL PROSSIMO AGGIORNAMENTOO ❤️🦄🦄❤️

My heart scares you? ~Harleen&JokerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora