Thomas: il castello di Edomen

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Il più grande peccato dell'uomo è dormire la notte
quando l'universo è disposto a lasciarsi guardare
-anonimo

Improvvisamente Henry uscì dalla sua tenda e disse con timbro allegro:
"Ragazzi, la cena è pronta" Jacqueline tentò di rialzarsi massaggiandosi la caviglia, gli occhi le lacrimavano.
"Vuoi dirmi che mentre noi rischiavamo la vita tu stavi cucinando la cena?"
"Precisamente" rispose lui. "Sapevo che ve la sareste cavata"
Jacqueline non seppe come rispondere, sospirò profondamente.
"É guarita la tua zampa ferita?" chiese la ragazza, Henry annuì.
Thomas aiutò Jacqueline a rialzarsi e si fece passare il suo braccio intorno alle spalle in modo che non avesse difficoltà con l'equilibrio.
"I tuoi salti erano impressionanti" le disse per rallegrarla un po', mentre la ragazza procedeva con una smorfia di dolore dipinta sul volto.
"Ti ringrazio, ma davvero non so come ci riuscissi" rispose.
"Che cosa è successo?" domandò Henry.
Gli spiegarono dei lupi, dei salti e della rovinosa caduta di Jacqueline.
"Se fosse venuto ad aiutarci lo sapresti " aggiunse Thomas, avrebbe voluto omettere i particolari sul suo svenimento, ma non gli fu possibile.
"Molto strano " disse Henry meditabondo.
"Mai visti tanti Lica Morpha trasformati essere così aggressivi, nei confronti di un loro simile per giunta" si passò una mano sul viso accarezzandosi la barba.
I ragazzi si cambiarono uno sguardo inquieto, pieni di domande.
"Quelli erano Lica Morpha?" Chiese Thomas.
"Precisamente, dovete sapere che sotto forma di lupo i Lica Morpha perdono le loro capacità razionali, perciò riassumere forma umana è molto difficile, ma un giorno vi spiegherò con più calma, avrete fame"

Tra i due giovani artefici ci fu un altro scambio di sguardi inquieti e carichi di dubbi.
"Toglimi una curiosità..." chiese Thomas a Jacqueline dopo qualche istante.
"Come riuscivi a saltare così in alto anche con la caviglia ferita?" entrarono nella tenda, stava per rispondere quando i loro sguardi furono attirati dalla tavola imbandita che si trovava al centro della stanza.

La tenda somigliava alla loro, ma era molto più spaziosa e luminosa, un'enorme cucina di legno di betulla dominava la sala. Lí vicino c'era un salottino con un divanetto e due poltroncine. Un tavolo di legno chiaro, imbandito con le cibarie migliori che si possano trovare su questa terra, troneggiava al centro della stanza.
Jacqueline, meravigliata, si sciolse dal braccio di Thomas, e si sedette seppur con la caviglia dolorante.
Thomas aveva ancora dolori lancinanti alla schiena e stava cominciando a sudare freddo, ma si sforzò di non darlo a vedere. Si tradì quando provò a sedersi, non appena la sua spina dorsale si appoggiò al legno della sedia lui si scostò molto velocemente come se si fosse ustionato e contrasse il viso in una smorfia di dolore Si portò la mano destra al bacino e lasciò cadere la lancia che teneva ancora in mano .

"Sei stato graffiato, Thomas?" chiese Henry non appena vide l'espressione del ragazzo.
"Tu che ne dici?"
"Allora è meglio che tu mangi questa" e gli porse una scodella con un liquido azzurrognolo.
"E' una pozione curativa, ti farà sentire meglio, per ora è meglio che tu sieda sul divano"
Il ragazzo obbedì e, alzatosi faticosamente, si abbandonò sul divano rosato del salottino.

Mentre i suoi amici cenavano, a Thomas venne un dubbio, deglutì l'ultimo sorso della pozione azzurrognola e disse: "Dove si trova il mantello di Edomen, precisamente? "
"C'è un castello a circa un paio di chilometri da qui, lì vive una vecchia amica che custodisce il primo mantello, anche se non credo che sarà così facile ottenerlo..." concluse pensoso.
"E gli altri due mantelli dove si trovano?" Chiese Jacqueline.
"Uno è a Keya, su di una montagna e l'altro nel deserto di Nenja" rispose.

Finita la cena Henry disse loro: "Jacqueline prima di dormire spalmati la crema che ti ho dato sulla caviglia e tampona la schiena di Thomas con la pozione blu"
"Sarà fatto" disse la ragazza mentre ,zoppicando, si avviava verso la loro tenda.
Entrò e scese le scale percorrendo il corridoio che portava alla sua camera, lì si levò la scarpa e si spalmò la crema sulla caviglia, poi, raggiunse Thomas. Era disteso a pancia in giù sul letto, la schiena scoperta gli bruciava terribilmente, solcata da graffi profondi e molto arrossati, il segno di un morso coronava la base del collo, ferite del genere potevano essere mortali se il lupo posizionava i denti nella maniera giusta.

"Vedo che le pozioni di Henry funzionano, mi sembra che tu stia molto meglio" le disse stancamente mentre si voltava: la ragazza non zoppicava più.
"Sono prodigiose" gli rispose.
"A proposito delle ferite...Henry dice che sono probabilmente avvelenate, e che bisognerà disinfettarle ogni luna piena. Il disinfettante brucia un po'" lo informò Jacqueline, inzuppò un batuffolo di cotone nella pozione blu.
Thomas Imprecò mentre Jacqueline gli tamponava i graffi: gli sembrava di avere la schiena in fiamme. Strinse convulsamente il cuscino morbido con le mani fino a farsi divenire le nocche bianche, provò solamente a immaginare che espressione contrita dal dolore potesse avere in quel momento.

Il ragazzo strinse i denti e imprecò. Si promise che si sarebbe fatto insegnare qualche parolaccia in francese da Jacqueline.

Il dolore gli offuscava la vista e al secondo tamponamento mille coltelli dalle lame affilate gli trafissero la pelle, poi, improvvisamente, il bruciore e il dolore cessarono.

Jacqueline aveva smesso di tamponarlo vedendo la sua espressione.
"Se ti fa tanto male posso fermarmi" gli disse la ragazza. Thomas sorrise debolmente e la invitò a concludere la medicazione. Dopo qualche minuto di tortura Jacqueline si fermò nuovamente dicendo che aveva finito. Lui si mise a sedere e le sussurrò un grazie stentato. Thomas vide lo sguardo della ragazza indugiare sul suo corpo, pensò che non stesse solamente controllando se ci fossero altre ferite. Si guardarono e una sonora imprecazione rimbombò nella testa del ragazzo.

Pensò a quanto gli sarebbe piaciuto baciarla in quel momento, la sola idea del contatto tra le loro labbra lo riempiva di dolcezza. Le luci morbide della sua stanza facevano scintillare gli occhi castani di Jacqueline, impreziositi da pagliuzze dorate. Stava per alzare una mano e accarezzarle il viso quando lei si alzò e gli augurò buonanotte arruffandogli affettuosamente i capelli. Ricambiò flebilmente il saluto e si sorprese a mordersi il labbro. Si diede uno schiaffo mentale e si mise a dormire.

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