Thomas: traversata

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"Non possiamo illuderci diconoscere il mare senza averlo visto nella tempesta come nella calma"

-Irène Nèmirovsky

Il vento aumentava mano a mano che l'Omnia si staccava dal porto. Thomas sentì l'aria umida di pioggia e di mare accarezzargli il volto, inspirò quel profumo salmastro e depose la sua lancia per poter camminare sulla barca senza averla d'impiccio.

"La traversata durerà poche ore ma, se volete, ci sono delle cabine sottocoperta" comunicò Naian.
"Mai resterei al chiuso privandomi della compagnia di una tempesta come questa" Jona rise e si abbandonò su una panca a prua godendosi l'aria elettrica che soffiava dal mare. Thomas lo percepì ribollire sotto di sè, lo sentiva arrabbiato, indomabile, carico di energia. Guardò le nuvole scure verso le quali avanzavano e, per un attimo, ne fu terrorizzato: sarebbe riuscito a governare un'entità così selvaggia? Si disse di non avere paura e sperò che Naian evitasse la tormenta.
Dopotutto era artefice dell'acqua, il mare era il suo elemento, le raccomandazioni degli amici l'avevano appena sfiorato senza minare la sua sicurezza sulla possibilità di farcela. Cercando di dare un nome a quella sensazione pensò: superbia? Forse. Ambizione e volontà di dimostrare qualcosa ai compagni? Probabile.

I minuti passarono, l'aria divenne più fredda e il rollio delle mare sempre più frequente ed intenso. Onde dalle schiume spumeggianti schiaffeggiavano i fianchi dell' Omnia e i tuoni rombavano in lontananza. Henry e Jona sedevano a prua e si beavano della freschezza dell'aria. Thomas tentò di imbrigliare i flutti sottostanti alla barca, le sue mani si mossero fluidamente, assecondando il movimento del mare. Si sentì lo stomaco annodato e i pensieri ingarbugliati; era come tentare di addomesticare un leone inferocito. Tentò nuovamente di assumere il controllo e di placare la furia delle onde.

Dopo un paio di tentativi e con una buona dose di concentrazione ci riuscì. Si sentiva parte di quella distesa acquosa, come se fossero stati una sola creatura. La potenza del mare scorreva nelle sue vene assieme al sangue, si sentì trascinare via da una sensazione nuova, un miscuglio tra la felicità e l'orgoglio. Sperava di aver eseguito il suo compito con successo, quando delle onde sempre più alte colpirono ripetutamente l'Omnia facendola traballare pericolosamente.

"Io credo che darò di stomaco " annunciò Elija prima di correre verso il parapetto di poppa.

"Anch'io" Jacqueline, verde come un'insalata, lo seguì.

"Attenti al boma!" gridò Naian mentre armeggiava con le vele e le cime della barca.

Thomas si riscosse dal disorientamento che lo aveva colto e corse a prua. Si trovò davanti a uno spettacolo pazzesco: proprio sopra la sua testa nuvole nere come una notte senza stelle mandavano fulmini pericolosi. Vide onde sempre più alte circondare l'Omnia e la prima goccia di quella tempesta cadde sul suo viso come una lacrima. Sbarrò gli occhi e deglutí, la baldanza che lo aveva abitato poco prima lo abbandonò completamente.

La goccia di pioggia venne seguita da molte altre e, in pochi secondi, il ragazzo si ritrovò fradicio. Il gelo del vento gli penetrò nelle ossa. Un'altra onda si abbattè sulla barca ma, questa volta, sommerse tutto il ponte dell'imbarcazione bagnando completamente gli artefici dell'aria che erano ancora a prua. Un tuono risuonò nel fragore del vento e delle onde.

"Forza! Datemi una mano con quei secchi!" disse Naian porgendo loro dei catini per togliere l'acqua dal ponte. Elija e Jacqueline si rifugiarono a poppa, nauseati da tutto quel dondolio. L'Omnia continuava a barcollare in balia dei flutti mentre Naian, Thomas, Jona ed Henry si affaccendavano per togliere l'acqua che inondava il ponte. Il ragazzo vedeva il bompresso alzarsi e abbassarsi sempre più frequentemente per seguire le onde che si facevano altissime. I venti facevano girare violentemente il boma come l'ago di una bussola, il rischio di essere sbattuti in mare era notevole.

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