Capitolo ventuno:

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Riley mi stava guardando, la faccia improvvisamente bianca, un'espressione indecifrabile sul volto. Mi fissava e basta, senza avvicinarsi, senza chiedere spiegazioni. Cercai di non abbassare lo sguardo, cercai di restare fissa sul suo volto, non volevo dimostrarmi più debole di lui. Grover mi si avvicinò porgendomi una coca-cola, gli sorrisi e ci incamminammo verso il Motel. Riley non mi seguì. Arrivammo al Motel, Grover aveva parlato per tutto il tragitto, ma io no, ero rimasta in silenzio. Come se fossi stata io quella a sbagliare. Avrei voluto urlare, sbattere i pugni sul muro e dirmi che ero una stupida ad averci creduto anche sta volta. Grover se ne accorse, mi guardò spaesato «Ho fatto qualcosa Aria?» mi chiese. Scossi la testa, aprendo il cartone della pizza. Grover mise la sua pizza nel microonde presente in camera, e mi disse di mangiare, e di non aspettarlo perché aveva bisogno di farsi una doccia. Annuii lievemente e staccai un trancio dalla pizza, avvicinandolo alla bocca, ma in quell'esatto momento, il telefono in tasca mi vibrò. Aprì il messaggio: "Spero sia stato un raptus. Spero che non sia davvero tu, quella che ho visto dieci minuti fa. Se così fosse, perché non me l'hai detto? Perché dopo quella notte sei sparita, perché eri con un ragazzo?! Ti prego Aria, dimmi che era solo un sogno, più che un sogno, un brutto incubo." 
Il messaggio era parecchio chiaro, presi il coraggio "No, ero io." risposi. Poi cercai di chiamare Kim, ma rispose la segreteria telefonica, le lasciai un messaggio, dicendole che ero stata parecchio male, che ero andata via e che non sapevo quando sarei tornata, che nonostante tutto le volevo bene, ma che non ero pronta per affrontare la realtà, e che c'era una cosa che avevo bisogno di fare, prima di qualsiasi altra cosa, infine misi il telefono in tasca.

Continuai a mangiare la pizza, guardando un programma alla Tv. Agivo come un automa, mangiavo, bevevo, ma dentro... dentro ero rotta. Cosa mai avevo fatto per meritarmi un dolore così forte? Non seppi rispondermi. Finì la mia pizza in cinque minuti, più per rabbia che per fame. Scrissi su un foglietto a Grover che avevo bisogno di fare quattro passi e respirare un po' d'aria fresca. Così presi i soldi, il telefono, e l'mp3 con le cuffie. Appena feci partire la canzone il mio cervello andò in stand-by. Stavo camminando, cercando un tabacchino dove poter prendere le mie sigarette, così accesi il telefono, aprì Google Maps e cercai, ne trovai uno ad ottantina di metri, quasi dopo la pizzeria. Guardai attentamente, e il gruppetto era leggermente diminuito, ma quelli rimasti erano i soliti personaggi delle confraternite, sbuffai, mi misi in testa il cappuccio della felpa e camminai a testa bassa. Superai i ragazzi seduti al tavolo senza nemmeno controllare se fra di loro ci fosse ancora Riley, e arrivai al tabacchino. Misi i soldi nella macchinetta e spinsi il bottone per far scendere le sigarette, mi accovacciai a prenderle e a ritirare il resto. Tolsi l'involucro di plastica e aprì il pacchetto, prendendo una sigaretta. Me la portai sulle labbra e l'accesi. Decisi di togliermi una delle cuffie e di ascoltare i discorsi dei ragazzi, così entrai di nuovo nella pizzeria, ordinai una vaschetta di patatine e una coca-cola e mi sedetti ad un tavolino non molto lontano. Stavano parlando delle solite cazzate, ma erano così vicini tra di loro che non riuscivo a vedere Riley, anche perché ero di lato. Poi ad un tratto sentì la sua voce. «Andiamo ragazzi, smettetela. Non mi va di scherzare, non ne ho proprio voglia. Se resto qui è solo perché se tornassi nel dormitorium mi annoierei da morire.» Il mio cuore perse un battito. Quella voce, quella dannata voce mi faceva lo stesso effetto nonostante il suo comportamento da stronzo. Mi dimenticai di avere il telefono acceso, cercai di fare veloce, di prenderlo dalla tasca il più velocemente possibile, ma Riley fu più veloce di me, mi mandò un messaggio e il telefono squillò. Nessuno dei suoi amici si girò, ma lui alzò lo sguardo, mettendosi in piedi. Continuai a far finta di niente, ero di spalle e stavo mangiando, non mi avrebbe riconosciuto, misi la vibrazione al telefono, mentre guardavo Riley impazzire, guardarsi intorno. Lessi il messaggio: "Come puoi rispondere solo con un No ero io? Cosa ci fai qui? Perché non sei al campus e perché non mi hai avvisato, perché non hai fatto nient'altro se non guardami e poi andare via. Cristo Aria, mi stai facendo impazzire."

Avrei voluto alzarmi e prenderlo a schiaffi, ma evitai accuratamente di rispondergli, anzi, feci di meglio. Mi sbottonai la felpa, sotto nascondevo un crop top e dei pantaloncini a vita alta, mi abbassai il cappuccio e mi alzai dalla sedia per rientrare nella pizzeria a prendere qualcos'altro, non sapevo cosa, stavo trangugiando cose da mangiare solo per farmi vedere, ma questa volta Riley mi vide, e anche bene. Entrai, chiesi se avessero qualcosa di dolce, il ragazzo al bancone mi indicò una torta, così gli chiesi due pezzi e chiesi se poteva portarmeli lui al tavolo, lui annuì e mi sorrise, pagai anche quelli insieme al resto e tornai a sedermi. Riley si allontanò dal gruppo e si avvicinò al mio tavolo «Ma mi prendi in giro?» mi disse. Sorrisi, e nel frattempo il ragazzo del bancone arrivò con i due pezzi di torta, gli sorrisi amorevolmente e lo congedai. Poi tornai a guardare Riley «Dimmi Riley, cosa ti turba?» gli chiesi. Avrebbe voluto prendermi a schiaffi, glielo si leggeva negli occhi. «Cosa mi turba? COSA MI TURBA! Mio dio, sei forse diventata stupida in due giorni?» mi disse. Presi a ridere e poi lo guardai attentamente «No, per l'appunto, mi chiedo dove sia la ragazza con cui te la stavi spassando quando ti ho chiamato.» dissi mangiando un pezzo di torta. Lui mi guardò esterrefatto «Ma di quale ragazza stai parlando? Che chiamata, Aria dai. Smettila di fare i giochetti che facevi con Chris con me.» «Nessun giochetto.» asserì io, continuando a mangiare la torta, che in realtà non era poi così male. Lui mi guardò dritto negli occhi «Ari, ti giuro che non c'è stata ness» non fece in tempo a finire la frase, uno schiaffo gli arrivò in pieno volto, ma non fui io a tirarglielo. Difronte a lui, dietro di me, una ragazza bionda con grandi occhi marroni lo guardava furente. «Cosa diavolo stai facendo Riley? Ci provi con un'altra appena dopo essermene andata?! Sei un porco!» In quel momento Riley rimase in silenzio per circa trenta secondi, in imbarazzo, decisamente rosso in volto e con sguardo nervoso. «Letisha, di nuovo. NON. SONO. IL. TUO. RAGAZZO. Smettila di starmi attaccata, cristo!»

Rimasi in silenzio, senza saper cosa dire, i suoi occhioni marroni si riempirono di lacrime. «Io so che non è finita tra di noi. E lo sai anche tu, devi solo ritrovare te stesso. Scommetto che lei è la stessa ragazza che ti ha chiamato mentre ero a casa tua.» Riley mi guardò, poi guardò lei. Mi alzai in piedi, decisamente seccata e con la voglia di tornarmene al Motel. Ma un'altra voce si inserì nella conversazione. «Bimba, forse ti dimentichi che quella sera eri ubriaca fradicia, e stavi scopando con me, non con Riley» disse il ragazzo, il quale scoppiò a ridere. Riley si voltò verso di me e capì dal mio volto che erano stati loro al telefono, che lui non centrava e che avevo commesso un'enorme sbaglio. «Riley...» dissi. Lui mi si avvicinò, mi abbracciò così forte e mi prese in braccio «Ma tu hai pensato davvero, anche per un solo istante, che io stessi facendo qualcosa con qualcun'altra quando qualche notte fa ho dormito con te?»

Poggiai la testa sulla sua spalla e respirai il suo odore. Quanto ero stata stupida a dubitare di lui. 

Ritorno dagli occhi blu. [IN REVISIONE.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora