Capitolo undici:

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Aria:

Ero in macchina con Riley e il tragitto sembrava non finire mai. Ero lì attenta a guardare come il maglione fosse tirato dai muscoli che, detto fra noi, non mi aspettavo per niente. Mi ero sempre immaginata un Riley diverso. Il solito cocco di mamma, squallido. Il solito sbruffone che fa brutti brindisi ai pranzi di Natale, e invece l'avevo ritrovato in tutto il suo splendore, più pacato che mai. E alla fine dei giochi, era passato così tanto tempo che tenere su la maschera da 'offesa' mi avrebbe fatta sembrare stupida ed infantile. Così presi coraggio «Ahm, Riley... Si può fumare in questa macchina?» gli chiesi. Lui mi guardò e sorrise «Oh, certo. Anzi, offrimene una dai!» mi rispose. Lo guardai con occhi torvi «Da quando hai incominciato a fumare?» gli chiesi. Lui sbuffò leggermente e mi offrì uno sguardo sornione «Ari, non ci vediamo da un sacco di tempo, è normale che molte cose in me siano cambiate, come sono cambiate in te, suppongo...» mi disse, lasciando alludere alla morte di mio padre. «Effettivamente non è stato uno dei miei periodi migliori...» gli risposi. Lui mi guardò e si sporse a prendermi una mano «A tutti manca Zio Bob... A chiunque e lo sai. Era amato da tutti, e lui amava tutti. E so che ci sta guardando da lassù ed è fiero di tutti noi. Di cosa siamo diventati.» mi disse, stringendomi ancora di più la mia piccola mano nella sua. Dopo diversi secondi di silenzio, Riley parlò di nuovo «Sei felice Aria?» mi chiese. Rimasi in silenzio a pensare. Ero davvero felice? Con Christopher accanto a me? Con tutto ciò che era successo? «Non lo so.» gli risposi «Ma spero di esserlo, per davvero.» continuai. Lui mi guardò, e in quel momento, lo sapevo, mi stava guardando dentro. Stava scavando, per capire cosa ci fosse di sbagliato. E poi attaccò «Sei confusa, vero?» mi chiese. Riley era così. Mi guardava e sapeva esattamente cosa stessi pensando, cosa provavo e o sentivo. Mi conosceva, anche se ci eravamo allontanati. Sapeva chi ero. «Come fai? Ci riesci sempre a capirmi.» gli dissi, dandogli un pugnetto amichevole sul braccio. Lui sorrise e mi strattonò «Sono un mago in queste cose! Ti capivo da piccola e ti capisco anche adesso. Siamo legati da un legame che difficilmente si spezza.» mi rispose. E aveva ragione. Quando cresci con qualcuno, quando passate l'estate insieme, il natale, il ringraziamento, allora quella persona impara a capirti e a conoscerti come nessun altro. «Siamo una famiglia» aggiunsi io «Ovvio che lo siamo.» rispose lui. E ci abbracciammo. In quell'esatto momento, capì di aver sbagliato a tenermi tutto quel rancore dentro. 

Ritorno dagli occhi blu. [IN REVISIONE.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora