Capitolo venticinque:

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Angolo scrittrice:

E sì, sono tornata. So che questo messaggio sarà d'intralcio per la lettura, ma volevo solo ringraziarvi per esserci stati sempre nonostante la mia assenza per diversi motivi. Volevo solo avvisarvi che ho deciso di ritornare ufficialmente su Wattpad, e si, di aggiornare "Ritorno dagli occhi blu", revisionare "Il ragazzo dagli occhi blu", di pensare al sequel, al terzo (e forse ultimo) libro della saga, e nel frattempo di scrivere qualche altro libro, fra cui "Destinati" e "Perché proprio tu?" due mie nuove creazioni. 

Volevo solo rendervi partecipi del mio ritorno e spero possiate essere felici di ciò, perché da ora in poi aggiornerò molto più spesso (Lo so che volete ammazzarmi) 

Mi siete mancati, davvero. Detto ciò, do inizio al capitolo e mi levo dalle scatole!


Presi coraggio e riaccesi il telefono, non sapendo nemmeno quanto tempo fosse passato. L'uno dopo l'altro mi arrivarono decine e decine di messaggi di Chris. Uno fra i quali mi stupì:

"Ti prego, rispondimi. Mi manca l'aria al solo pensiero che tu possa essere qui, e non possa starti accanto.

I miei occhi si riempirono di lacrime, e senza rifletterci digitai velocemente il nome dell'hotel e il numero della stanza. Le mani mi tremavano, nella frenetica attesa di una risposta, che avevo paura non potesse mai arrivare. Invece, mi stupì della rapidità della risposta:

"Arrivo, non ti muovere.

Il mio corpo si riempì di brividi, e per la prima vera volta mi resi conto di aver sbagliato ad essere scappata via, un po' per paura, un po' per l'ansia, un po' perché mi sentivo così colpevole che non sarei riuscita a restare sotto il suo sguardo accusatorio. Mentre mi torturavo le mani pensando a tutti gli errori che avevo commesso in questo anno e mezzo, mi rendevo conto che la cosa più bella che mi fosse capitata era stata Christopher. Lui, in tutta la sua bellezza, generosità, disponibilità e comprensione. Lui che per me c'era sempre stato e io, che dal canto mio, non avevo fatto altro che deluderlo. 

Mi portai una mano sulla fronte cercando di capire quale sarebbe stata la mia prossima mossa. Cosa gli avrei detto? "Mi dispiace"? Non ne valeva più la pena. Avrei dovuto dirglielo quand'era tempo debito. Mentre rimuginavo su cosa avrei potuto fare o dire, dalla porta provenne un leggero rumore, un pugno che batteva. Il sangue mi si gelò in un istante, la paura prese il sopravvento. 

Mi alzai, titubante, mi strinsi nella giacca che avevo addosso e mi avviai alla porta, questa volta il rumore si fece più forte, più deciso. Aprì la porta e me lo ritrovai davanti, zuppo per colpa della pioggia, e gli occhi pieni di lacrime. 

Non disse niente, ma mi abbracciò così forte da farmi perdere il fiato. «Non farlo mai più.» mi intimorì sussurrandomelo all'orecchio. Annuì lievemente senza riuscire a proferire parola. «Mi hai fatto preoccupare...» continuò lui, senza staccarsi da me. 

«Mi dispiace.» e l'avevo detto. Che stupida. 

«Non fa niente, l'importante è che sei qui ora.» continuò lui, staccandosi da me, e osservandomi. «Mi sei mancata.» ammise, con un filo di voce, quasi non volesse dirlo, quasi non volesse ammetterlo. 

«Anche tu...» ammisi io, di rimando. Ci guardammo negli occhi, come solo noi sapevamo fare, e lui mi sorrise. E dio, quanto mi era mancato quel sorriso. 

«Che ci fai qui?» mi chiese poi, incamminandosi verso il letto e sedendosi, per poi farmi segno di sedermi accanto a lui. Non sapevo come dirgli che ero lì per lui, che ero partita, avevo fatto non so quante ore di viaggio, subendomi il fuso orario, il mal tempo, e l'ansia solo per poterlo rivedere, solo per rendermi conto che stava bene, che era ancora il famoso "Christopher bello e impossibile Ross". 

«Io...» non riuscì a proferire parola.

«Sei qui per me, vero?» mi chiese, questa volta si avvicinò e mi strinse. Annuì, come solo una stupida poteva fare e mi accasciai su di lui, singhiozzando.

«Scusami Chris... scusami. Non sarei dovuta venire, non avrei dovuto farlo. Sono stata così stupida.»

«Non sei stata stupida Aria.» disse lui, stringendomi più forte «Mi si è fermato il cuore quando ti ho visto dall'altro lato della strada, mi è sembrata un allucinazione, come se fossi diventato pazzo tutto d'un tratto. Non potevo credere ai miei occhi.» concluse lui lievemente. 

Più passavano i secondi e più mi sentivo inadeguata, come se avessi fatto un enorme sbaglio a presentarmi lì, ad aver fatto tutti quei chilometri senza nemmeno essere stata invitata. 

«Ti ho pensato tanto ultimamente, anzi... che dico. Ti ho pensato ogni giorno.» mi disse lui, questa volta non riuscendo a guardarmi negli occhi. «Mi dispiace per com è andato il nostro ultimo incontro, mi dispiace così tanto per tutto quello che ti ho detto.»

«Me lo sono meritato.» ammisi io.

«No.» rispose lui freddo «Io sono stato assente, per mesi. Ho pensato più a mio padre che a te, quando tu avevi più bisogno di me, invece che lui. Ho sperato che forse diventando un uomo d'affari come lui ha sempre desiderato, finalmente saremmo stati legati, invece non faceva che inveirmi contro, dirmi che sbagliavo qualsiasi cosa facessi. Dirmi che Yale non aveva migliorato niente del mio carattere, e che piuttosto sarei dovuto andare fuori paese per diventare un uomo con le palle. "Persino la tua ragazza ti ha abbandonato perché non vali niente" mi ha detto. E lì mi si è spezzato il cuore. Perché in un certo senso era vero, ma non eri stata tu ad abbandonare me, sono stato io a lasciarti andare. A farti andare nelle braccia di qualcuno che nemmeno ti merita... Dannazione.» finì, gettando per terra il pacchetto di sigarette che teneva in tasca. Si tolse il giubbotto e si prese la testa fra le mani.

«Non sai come sono stato, in questi mesi, con il senso si colpa e la paura che tu mi avessi dimenticato. Con la consapevolezza che sono una merda, e che non ti merito. Non puoi nemmeno immaginare cosa ha significato per me tutto questo. Tutti questi mesi da solo, a riflettere. Non mi sono avvicinato a nessuno. Nemmeno le persone a cui facevo pena. Nessuno si meritava il mio interesse perché l'unica persona che se lo meritava l'ho lasciata andare, come un coglione.» ammise, asciugandosi le lacrime. 

«Chris...» cominciai io, tirando su col naso cercando di non piangere «Non puoi immaginare il senso di colpa che mi ha perseguitata per tutto questo tempo, anche quando tu non c'eri. Sono stata così male... come se non ci fosse più una soluzione.» inevitabilmente scoppiai in lacrime ma cercai di riprendermi «Mi dispiace così tanto di non essere stata alla tua altezza. Di aver sbagliato, di aver anche solo pensato che stare nelle braccia di qualcun altro fosse meglio che stare nelle tue... di braccia. Mi dispiace di essere stata distante, incostante... di averti deluso, perché era l'ultima delle cose che avrei voluto fare. Avrei voluto starti accanto in ogni istante.»

«Adesso ci sei, mentre nessun altro c'è. Né Alex, né mio padre. Ci sei tu, solo e soltanto tu.» concluse lui, prendendomi la mano. 

Alzai lo sguardo e i nostri nasi si scontrarono, e dopo mesi in cui avevo sognato che potesse succedere, Christopher mi baciò, con così tanta passione e mancanza. Mi baciò come avevo sempre sognato che succedesse, e fu il bacio più bello della mia vita. Mi prese il volto fra le mani. 

«Ti amo Aria, come ho sempre fatto, come non ho mai smesso di fare.» mi disse, togliendomi il fiato. «Ti amo come all'inizio, ma che dico, più del primo giorno in cui ti ho vista lì, seduta, assente che litigavi con l'accendino.»  sorrisi a quella affermazione, se lo ricordava ancora. «E' da quando ti ho visto la prima volta che sapevo di amarti. Sapevo che eri diversa, soprattutto eri diversa da me. Io così spavaldo, mettendomi in mostra davanti agli altri, e tu? Tu così timida, introversa, mentre cercavi di nasconderti dal mondo intero, quando invece avresti dovuto urlarlo ai quattro venti che tu eri tu, e chiunque ti avrebbe amato. Ma non l'hai fatto, ti sei aperta solo con me, e mi hai cambiato la vita, e di questo ti sarò per sempre grato.» 

D'un tratto si alzò e prese il pacchetto da terra andando verso l'uscita. «Prepara le valigie, fra venti minuti passo a prenderti.» asserì sorridendomi.

«Ma dove andiamo?» chiesi io, titubante mentre mi rimettevo in piedi.

«Che domande, torniamo a casa

Ritorno dagli occhi blu. [IN REVISIONE.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora