Latte e zollette

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Siamo tornati a casa con l'auto di Mycroft.
Non è stato molto difficile portare Sherlock fino al parcheggio, dato che le sue gambe non avevano subito alcun danno, ma aveva comunque bisogno di sostegno perché le sue forze non erano del tutto tornate a dominare il suo corpo stanco.
Ho preferito che fosse Violet ad aiutarlo a vestirsi, non volevo si sentisse in imbarazzo sotto il mio sguardo, nonostante ciò che Sarah mi aveva fatto notare sul suo comportamento nei miei confronti. Ha indossato la camicia viola.


Quanto amo quella camicia... la indossava alla nostra prima volta, è stato bello sfilargliela furiosamente dalle spalle, mentre la mia bocca si dedicava alla pelle liscia del suo petto.


La manica del braccio destro era arrotolata fin sopra il gomito, per non intralciare il gesso. Per tenere su il braccio i medici gli avevano fornito un tutore. Il suo completo nero comprendeva la giacca che aveva lasciato appoggiata sulle spalle.
Durante il tragitto verso la macchina si era aggrappato al mio maglione con la mano sana e si era lasciato sfuggire un sospiro ogni volta che ci trovavamo sempre più vicini al veicolo scuro, con il quale di solito il maggiore degli Holmes viene a prendermi per comunicarmi qualcosa di urgente.
Dopo essersi accomodato sui sedili posteriori accanto a me, le sue dita non hanno smesso di stringere il mio indumento e quando mi sono girato per guardarlo i suoi occhi erano chiusi e riuscivo a vedere il suo pomo d'Adamo andare su e giù per il nervosismo. L'essere così spaventato non è da lui.
Adesso siamo arrivati all'appartamento, seguiti da Violet. La signora Hudson ci accoglie contenta e ci accompagna al piano di sopra, dove sono sicuro di trovare Siger e Mycroft. Avevano detto di voler preparare qualcosa di speciale per lui, non hanno specificato cosa, forse un pranzo particolare per rimetterlo in forza... mio suocero sapeva essere un ottimo cuoco quando voleva, e dubito che il maggiore degli Holmes si fosse disturbato di muovere un solo dito ai fornelli, quindi forse il suo contributo era supervisionare il tutto, la cosa che sicuramente gli riusciva meglio.
- Ho pulito la casa maniacalmente, e mi sono premurata di farvi la spesa in occasione del vostro ritorno. - Dice la nostra padrona di casa mentre ci fa strada su per le scale. Violet è davanti a noi, io preferisco stare dietro, accanto a Sherlock, tenendo una mano sulla sua schiena per aiutarlo a salire: le sue costole sono ancora fratturate e deve stare attento a come cammina.
- Grazie signora Hudson, è un angelo! Ma non doveva disturbarsi, avrei fatto tutto io da oggi in poi. - Dico mentre Sherlock si guarda incuriosito intorno, superando trionfalmente gli ultimi gradini.
- Oh, non diciamo idiozie! Prendersi cura di Sherlock porterà via del tempo e alle pulizie posso benissimo pensarci io! - Aggiunge poi mentre apre lentamente la porta che ci condurrà al salotto.
Non mi aspetto per niente quello che viene dopo. Ci sono tutti, urlano un allegro e festoso "sorpresa!" non appena io e Sherlock mettiamo piede nella stanza: Lestrade è appena tornato dal lavoro, di sicuro. Non ha perso tempo a raggiungere Baker Street. Molly indossa il suo adorato maglione colorato e un paio di jeans, ha lasciato i capelli sciolti lungo le spalle, adesso il suo viso è ben incorniciato... non ricordo delle volte in cui l'ho vista senza la sua coda di cavallo. Siger è sorridente e felicemente sollevato di vedere il figlio... e credo sia lo stesso anche per Mycroft, anche se sta in un angolino a cercare di contenere l'entusiasmo con l'accenno di un sorriso. C'è addirittura l'infermiera di cui Mycroft ci aveva parlato.
Si sente il rumore di una bottiglia di spumante che viene stappata e subito dopo gli applausi che fanno arrossire vistosamente il volto del mioconsulente investigativo. Lo vedo accennare un sorriso di ringraziamento ed io sono felice che loro abbiano avuto questa meravigliosa idea per far sentire Sherlock a casa.
Dopo aver ricevuto il bicchiere di spumante ha iniziato ad ispezionare l'appartamento. Si è soffermato su tutti i dettagli, perfino i più futili: le due grandi finestre, il grande tappeto, le poltrone, le lampade, il caminetto, il teschio poggiato su di esso, il divano e poi... ha guardato con occhio critico lo smile giallo che lui stesso aveva disegnato per noia.
- Sei stato tu. - Mormoro con le labbra vicino al bicchiere mezzo vuoto, prima di mandare giù un lungo sorso.
- Davvero? - Mi chiede stupito, sollevando un sopracciglio.
- Già. -
- E questi? - Indica i buchi causati dalle pallottole.
- Sempre tu, ti annoiavi. -
- Fammi capire bene, io sparavo alle pareti quando mi annoiavo? - La sua voce è stridula, quasi non crede a ciò che era capace di fare. Sembra di scherzare su un'altra persona, non di Sherlock Holmes, ma di qualcuno che non è presente.
Lo vedo scuotere la testa con un sorriso divertito, poi sposta gli occhi sugli appunti, le cartine e le foto attaccate sopra al divano e cerca di decifrare il filo rosso che ha attorcigliato tempo fa alle puntine da disegno per collegare le foto tra di loro. Le x segnavano le facce di alcuni individui sulle immagini, alcuni segni con un pennarello tracciavano un percorso ben preciso sulla mappa.
- Stavi lavorando ad un caso prima dell'incidente. Non lo hai ancora risolto... non hai fatto in tempo. - Dico a voce bassa, facendo ondeggiare il liquido chiaro dentro il mio bicchiere. Lui fa scorrere lo sguardo sulla mappa che aveva messo insieme con le sue mani e il suo infallibile senso di deduzione, ma vede solo confusione adesso.

Recovery || JohnlockDove le storie prendono vita. Scoprilo ora