Quindi siamo pari

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Sherlock non ha più dolori fisici. Le sue ossa stanno bene e mi accorgo dei suoi miglioramenti quando lo vedo salire o scendere agilmente le scale, quando si allunga con le braccia per afferrare oggetti in alto, sugli scaffali della cucina, quando si sdraia scomposto sul divano o sulla sua poltrona. Non ha più bisogni del mio aiuto per sdraiarsi sul letto, né per sforzi fisici che prima gli risultavano difficili. Devo comunque andargli incontro quando si tratta delle medicine che deve prendere. Niente più antidolorifici, solo ciò di cui la sua memoria ha bisogno.
Ho fatto la spesa oggi. È la prima volta che la faccio io invece della signora Hudson. Non avrei voluto lasciare Sherlock da solo, ma lui ha insistito che prendessi un po' d'aria e non ho potuto rifiutare.
Quando torno a casa e inizio a salire i primi gradini dell'appartamento, mi accorgo che esso non è del tutto silenzioso. Nell'aria riecheggia una melodia altamente familiare proveniente da uno strumento altrettanto conosciuto. Chiudo gli occhi e mi rendo conto di aver passato interminabili secondi immobile ad ascoltare in silenzio quelle note senza un minimo cenno di reazione. Nella mia testa scorrono tutte quelle immagini, tutti quei ricordi passati, dolorosi e non... ma... un attimo! Sherlock sta suonando il violino!
Inizio a correre su per le scale come un forsennato e mi fermo appena in tempo sulla porta per vedere uno Sherlock intento a suonare davanti alla finestra, ha gli occhi chiusi e muove quell'archetto come se sapesse fare solo quello, intonando con maestria il walzer che aveva composto lui stesso, quel walzer che io e Mary avevamo danzato al ricevimento di nozze. La musica finisce e lui lascia ricadere lentamente il braccio lungo il fianco, ma tiene gli occhi chiusi.
- Ho fissato questo violino tutta la mattina. - Dice senza muovere un muscolo, le palpebre ancora abbassate sulle iridi chiare. - Volevo fare qualcosa di diverso dal solito, dall'annoiarmi, dal cercare di rimettermi in pari con la mia vita, così l'ho preso e quando ho iniziato a stringere l'archetto e ho posizionato questo strumento sulla spalla mi sono reso conto che sapevo suonarlo. - Parla a bassa voce, lentamente, mentre io poggio con delicatezza le buste della spesa sul pavimento e non smetto di fissarlo. - Ho iniziato a suonare questa canzone. Non so come è successo, ho poggiato l'archetto sulle corde ed è uscita fuori questa canzone, l'ho fatto senza pensarci. L'ho provata e riprovata per ore, chiedendomi il perché l'avessi scelta, il perché avessi deciso di suonare proprio questa. - I miei passi leggeri fanno in modo che io possa avvicinarmi di qualche metro, per poi farmi fermare in mezzo alla stanza, accanto alla sua poltrona di pelle.
- Sei giunto ad una qualche conclusione? -
- No... non ricordo nulla, John. - Io annuisco, consapevole del fatto che adesso che ha aperto gli occhi può vedere il mio riflesso sul vetro della finestra. - Ma se è una canzone allegra, perché mi fa sentire così triste? - La sua voce trema ed io mi affretto a raggiungerlo, poggiando una mano sulla sua spalla. - John... perché sento questo dolore montarmi dentro? Perché mi sento così abbattuto e perché ho solo voglia di piangere? - Le sue parole mi trafiggono come un pugnale dritto al cuore. Io so perché prova tutte queste cose, ma non so se voglio che lo sappia. Lui non era felice quando ho sposato Mary, quella volta non lo avevo capito, ma dopo aver iniziato questa relazione con lui, me lo ha confessato. Mi ha rilevato chiaro e tondo quanto si sentisse "morire" durante quel ricevimento.


Morire, ha proprio usato questo termine.

Perché credeva di aver perso "la sua ragione di esistere", mi ha detto.

- Sherlock... -
- John, tu lo sai. Dimmi perché questa cosa mi fa sentire così. - Si è girato verso di me e adesso il suo sguardo puntato nei miei occhi è implorante, non desidera altro che la verità.
- L'hai composta tu. - Confesso evitando il suo sguardo.

Grave errore.

- Questo lo avevo capito. In che occasione? -
- L'hai suonata al... al mio matrimonio. Il mio matrimonio con Mary. - La sua espressione diviene stupita, e le sue iridi continuano a saettare velocemente alla mia mano mentre noto la sua gola andare su e giù nel tentativo di deglutire.
- Eri sposato. - Mormora, ma non è una domanda. È più che altro un'affermazione, sembra quasi se lo stia dicendo per autoconvincersi di questa nuova informazione. - Che cosa le è successo? -

Recovery || JohnlockDove le storie prendono vita. Scoprilo ora