Non sono cambiato

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  Siamo seduti l'uno accanto all'altro sul taxi che ci condurrà alla banca. Sherlock ha ancora quelle cartine e le sta studiando meticolosamente, ma quando si accorge della mia curiosità, si avvicina maggiormente e poggia tutti i fogli sulle mie gambe. Davanti a me c'è la planimetria di una casa e per un attimo, mentre guardo ogni dettaglio, non riesco proprio a capire di che cosa si tratti, poi la struttura del salone comincia a sembrarmi familiare e sollevo sorpreso le sopracciglia.
- Questo è il salotto di Ellen! – Esclamo, ricevendo in cambio un sorrisetto soddisfatto. – Come hai fatto a procurarti le planimetrie? – Sherlock sorride ancora mentre incrocia le dita sul grembo e comincia a scrutare fuori dal finestrino, togliendo la sua attenzione visiva dal sottoscritto.
- Ti ricordi quando ieri ti ho detto che mi ero procurato il numero di una persona che mi avrebbe aiutato? – Io rispondo di sì, mentre ripiego con cura uno dei fogli che sto sfogliando. – Bene, il numero apparteneva all'ex proprietario della casa, gli ho chiesto le planimetrie ma non mi aspettavo affatto la risposta che mi ha dato. –
- Cosa ti ha detto? –
- Che me le aveva già procurate, ma io non lo sapevo, cioè... non lo ricordavo. – A questo punto si gira e mi guarda, accennando un minuscolo sorriso imbarazzato, poi sospira pesantemente e riprende il suo racconto. – Così l'ho ringraziato e ho cominciato a mettere a soqquadro l'appartamento per trovarle. –
- Tutto questo mentre io dormivo? –
- Sì. –
- Perché non mi hai svegliato? Insomma... potevo aiutarti. – Chiedo rivolgendogli un'occhiata dolce ma severa allo stesso tempo. Lui scuote la testa e si mordicchia nervosamente le labbra prima di rispondermi.
- Non volevo svegliarti, dormivi così bene. – Lo dice accennando un piccolo sorriso e allora capisco che ogni tanto è passato a controllarmi mentre dormivo. Forse si è soffermato più del solito, forse su ogni mio minimo e apparentemente insignificante particolare.


Forse ha pensato al nostro bacio mentre lo faceva.


- Ho chiesto alla signora Hudson. Mi ha detto che mentre ero in ospedale ha messo un po' di ordine e che aveva visto le planimetrie sul tavolino del soggiorno. – Il suo riprendere a raccontare mi distrae dalle possibili fantasie riguardo a questa mattina, poi lascio storcere le labbra mentre sto attento al suo discorso ed improvvisamente mi illumino.
- Se erano sul tavolino allora vuol dire che quel giorno avevi davvero scoperto qualcosa! – Lui annuisce ed io abbasso nuovamente lo sguardo sulla rappresentazione della casa di Ellen, senza però capire cosa può esserci di importante su questi fogli da farlo eccitare quella volta, tanto da essere travolto da un... maledetto furgone.
- John, guarda con attenzione! Non noti nulla? – Nella mia testa rivedo la stanza in cui io e Sherlock abbiamo scrupolosamente osservato i dettagli. Riconosco la parete dominante sulla cartina, la porta d'ingresso e la grande finestra, poi riconosco la porta che dà sul corridoio e... aspetta, questa porta non l'ho mai vista. – L'hai notata? –
- Che diavolo è? –
- La libreria, John! – Continuo però a non capire. Lui sospira esasperato, poi si gira quasi del tutto verso di me e comincia a spiegarmi. – Le due diverse carte da parati, quasi simili ma di cui si riconosce quando finisce una e quando comincia l'altra. All'inizio credevo si trattasse di una ristrutturazione, ma quando ho richiamato l'ex proprietario mi ha spiegato che all'epoca la casa era stata costruita durante il periodo della seconda guerra mondiale. I bombardamenti erano quasi all'ordine del giorno e i suoi nonni avevano fatto costruire un rifugio sotterraneo. –
- Aspetta, frena! – Esclamo, stirando per bene il foglio sulle mie gambe, poi poggio il dito su quello che sembra un corridoio con delle scale, oltre la porta che poco prima mi era sembrata sconosciuta. – Mi stai dicendo che la libreria è in realtà un ingresso segreto al rifugio? –
- Ne sono sicurissimo. –
- Ma... perché questo dovrebbe essere importante per il caso? – Chiedo confuso mentre passo nuovamente a Sherlock le planimetrie della casa. – Cosa c'entra il rifugio sotterraneo con la sparizione dei soldi alla banca? –
- Oh John, davvero non ci arrivi? – Mi chiede con disappunto mentre io mi fermo un attimo a riflettere. D'un tratto tutto mi sembra più chiaro, e lo è perché ho imparato a pensare e riflettere come mio marito, grazie ad i suoi utili e vecchi insegnamenti sulla deduzione, e... ok, anche perché forse sono molto più intelligente di quanto io creda.
- Pensi che siano nascosti lì? –
- Credo di sì. –
- Quindi è stata Ellen a rubarli! – Esclamo, ricevendo in cambio un'occhiata insicura. Raro da lui se si tratta di un caso.
- Non ne sono sicuro. È casa sua, quindi è la sospettata numero uno, ma ho come la sensazione che lei non ne sappia niente. Forse non sa nemmeno dell'esistenza del rifugio. Come hai visto per noi è stato difficile capire si trattasse di un passaggio. Lei lavora tutto il giorno, è sempre fuori di casa, può anche darsi che non se ne sia accorta, che non ci abbia prestato molta attenzione. – Io annuisco, rendendomi conto che il suo ragionamento non fa una piega. Il lavoro a tempo pieno distrae, probabilmente non se n'è accorta. – E lei non mi sembra il tipo da rubare tutti quei soldi e nasconderli in un posto così ovvio e prevedibile, avrebbe trovato un altro luogo. –
- Quindi pensi sia stato qualcun altro e che li abbia nascosti a casa sua? – Sherlock annuisce ed io punto per un attimo lo sguardo fuori dal finestrino. Mi rendo conto che siamo quasi arrivati, quindi metto le mani in tasca ed afferro il portafoglio per recuperare la mancia da consegnare al tassista. – Qualcuno che conosce bene, allora, se Ellen gli permette da restare tanto tempo a casa sua per studiarla e per scovare nascondigli. –
- Magari anche mentre lei è al lavoro e lui ha il campo libero. – L'auto si ferma ed io mi sporgo per consegnare i soldi al cinquantenne seduto al posto di guida. Lo salutiamo e lo ringraziamo della corsa, poi scendiamo insieme dalla macchina e raggiungiamo l'entrata della banca.
- Un uomo? –
- Ti ricordi quando siamo andati da lei la prima volta? Io mi sono ricordato di quella volta. Mi sono ricordato della biancheria maschile sul tavolo, della tua affermazione che ha fatto arrossire Ellen e del forte odore di acqua di colonia. – Raggiungiamo le scale mobili ed aspettiamo che ci portino fino al piano superiore. Siamo uno accanto all'altro e le sue parole mi fanno sorridere mentre porto le mani dietro alla schiena.


Recovery || JohnlockDove le storie prendono vita. Scoprilo ora