Ho avuto un'idea malsana questa mattina. È proprio vero che la notte porta consiglio, perché ho sognato di fare tutto questo e adesso lo sto mettendo in atto. Forse è la cosa più smielata che avessi mai potuto fare ma devo ammettere, non per vantarmi, che è a dir poco geniale.
Mi sono alzato prima di lui. L'odore forte del bagno schiuma a ricordarmi del nostro bagno insieme, ciò mi fa sorridere. Era presto, non si è alzata nemmeno l'alba. Ho subito pensato: "Mi serve Mycroft Holmes", e non ho esitato a chiamarlo. Mi ha preso per pazzo per l'orario ma poi, visto che si trattava di suo fratello, ha acconsentito al mio piano e siamo diventati immediatamente complici. Ma non c'è solo lui ad aiutarmi: la signora Hudson, Molly, Lestrade, perfino Angelo e Anderson... tutti al seguito di questo povero, sciocco innamorato.
Ho preparato tutto nell'arco della giornata. Sherlock ha deciso di non spremersi le meningi sul caso e di prendersi un'intera giornata di pausa, così, con la scusa di una rimpatriata al lavoro per decidere quando ricominciare con i miei turni, ho sistemato ogni cosa.
Il piano consiste nel fatto che io debba restare con Mycroft, nel suo studio, accanto a lui, di fronte agli schermi che ha preparato per me. Il mio telefono deve stare immobile sulla scrivania e deve essere toccato soltanto nel caso io veda il suo nome sullo schermo. Sono le 9.30 del giorno dopo quando succede ed io ho le gambe tremanti mentre mi precipito a rispondere.
- Pronto? - Mycroft accanto a me non dà segni di interessamento.
- Dove diavolo sei, e che vuol dire questo biglietto? - Sorrido silenziosamente e nella mia mente si ricrea l'immagine di me stesso che lascia quell'appunto proprio sul cuscino accanto a lui.
Buongiorno. Sai... mi annoiavo.
Vuoi metterti alla prova con me?
Il gioco è cominciato.
Chiamami se puoi.
Se non puoi chiama comunque.
- Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere fare un gioco. -- John, non mi piace svegliarmi da solo. - Ed eccola, la batosta che per un attimo mi fa sentire in colpa, ma il suo tono è scherzoso e so che non è sua intenzione, quindi continuo a raccontare.- Lo so, ma so anche che vuoi ricordare. -
- Non voglio ricordare tutto, voglio solo ricordare te. -
- Bene, è quello che faremo oggi. Non posso farti ricordare tutto Sherlock, il tuo cervello non reggerebbe. Ma ti farò rivivere passo passo ogni nostro momento e volevo trovare un modo originale. - Non sento niente per dei secondi che sembrano interminabili, nei quali io faccio silenzio e mi limito a fissare un punto davanti a me, sentendo lo sguardo indagatore di Mycroft addosso.
Deglutisco rumorosamente quando ciò succede, poi mi decido a reclamare la sua attenzione.
- Sherlock, sei ancora lì? -
- Sì... -
- Dì qualcosa! - Ancora silenzio, poi un sospiro e il rumore delle coperte e del letto cigolante.
- Grazie, John, davvero. - non dico niente, ma so che ha già dedotto il mio sorriso, perché ha imparato a conoscermi, sa che sto sorridendo e non ho bisogno di aggiungere altro. - Cosa devo fare? -
- Adesso la nostra conversazione finisce qui, devi vestirti e andare in cucina, li capirai subito cosa devi fare. -
- Va bene ma... John, come hai fatto ad organizzare tutta questa cosa? -
- Ho i miei collaboratori. - La mia affermazione lo fa ridere, forse anche perché ho usato un tono fintamente misterioso, poco credibile e poco convincente per lui, ma decide di lasciarmelo passare. Mette giù e la chiamata finisce. A questo punto il telefono mi serve per i messaggi, quindi lo posiziono di nuovo al centro della scrivania mentre, dietro di me, Anthea mi sistema con cura il microfono e l'auricolare. Davanti a noi gli schermi proiettano Baker Street, precisamente l'entrata del 221b. Mi sono ricordato della prima volta in cui Mycroft ha tentato di spaventarmi, quando ha iniziato a manovrare le telecamere pubbliche per scoraggiarmi. Quindi perché non usufruire del suo stesso potere?
- Hai capito come manovrare le telecamere? -
- Sì, è piuttosto facile. - Rispondo mentre Mycroft si alza dalla sua sedia e compie il giro attorno alla scrivania.
- Direi che per me è il momento di andare. Non voglio assistere alla vostra smielata caccia al tesoro. -
- Non ti interessa? - Chiedo leggermente contrariato dalla sua improvvisata. Lui mi lancia un sorrisetto ironico e afferra l'ombrello poggiato alla parete, stringendo possessivamente il manico.
- Questa è una cosa che dovete fare da soli. In più se ci saranno progressi me lo farai sapere. - Dice con sciolta naturalezza mentre si avvia a passo lento verso la porta, con un cenno dell'ombrello richiama l'attenzione di Anthea che, dopo avermi sistemato per bene, lo raggiunge. - La macchina di sotto è arrivata, quando sei pronto... - Lascia la frase in sospeso ed io annuisco deciso, poi la porta si chiude ed io sono finalmente solo nell'ufficio del Governo inglese. Sono seduto al posto di Mycroft Holmes e non posso fare a meno di sorridere fiero della mia posizione, anche se temporanea.
So che lui si preoccupa per Sherlock, che finge di provare disinteresse verso questo piano di riabilitazione che ho messo in atto, ma con me non attacca più. Gli Holmes sono diventati la mia famiglia, li conosco molto bene ormai e sono capace di leggerli come un libro aperto. Uscendo dalla stanza ha solo fatto in modo che io e mio marito avessimo la privacy che ci spetta. Gliene sono grato, sotto un certo aspetto... anche perché non avrei voluto lasciarmi sfuggire delle smancerie in sua presenza e vederlo quindi roteare gli occhi dal disgusto.
Passa qualche minuto prima che senta effettivamente la voce di Sherlock provenire dal mio auricolare, e ciò che sento sono una serie di imprecazioni che mi fanno ridacchiare sommessamente.
- Hai trovato tutto, a quanto pare. -
- Non riesco a mettere questo dannato microfono. -
- Devi appuntarlo alla giacca. - Sento il frusciare dei vestiti e il tintinnio della molletta del microfono, poi ancora altre imprecazioni, infine un sospiro di sollievo.
- Non era meglio continuare a stare al telefono? - Mi chiede poi, io sto per rispondere ma lui mi deduce infallibilmente. - No, giusto, devi parlare con i tuoi complici. -
- Esatto. -
- Avevi detto che non ero ancor pronto per sforzare il mio cervello con degli enigmi. - Io inizio a tamburellare con le dita sul legno chiaro della scrivania, mentre i miei occhi non si spostano un attimo dalla telecamera che inquadra alla perfezione il nostro appartamento.
- Questa è la tua riabilitazione, e gli enigmi sono facili. -
- Certo, li hai fatti tu. - C'è qualche secondo di silenzio, ma temendo di avermi offeso non esita a correggersi. - Nel senso... non sei una mente criminale folle, quindi i tuoi enigmi non sono... John, insomma. -
- Tranquillo, Holmes, ho capito. - Dico con un sorriso di circostanza, riuscendo a vedere perfino da qui la sua espressione mortificata. - Hai trovato il biglietto? -
- Sì, l'ho trovato. -
STAI LEGGENDO
Recovery || Johnlock
Fanfiction- John, tu chi sei per me? - Si asciuga le lacrime con il palmo della mano. Mi sembra di guardare un bambino indifeso e impaurito. E quel bambino indifeso ha bisogno di qualcuno che lo aiuti e che lo sostenga, ed anche se non mi riconosce voglio ess...