La serata alla fine è andata abbastanza bene. Siamo rimasti alla villa fino a oltre la mezzanotte. Ci siamo tutti spostati sulle scalinate a osservare i fuochi d'artificio che alcuni del ristorante vicino avevano deciso di sparare in cielo. Sui nostri visi risplendono le luci dei fuochi, risaltando la lucentezza dei nostri occhi felici per la serata appena trascorsa.
Ci siamo salutati tutti e poi ci siamo ridiretti a casa. Sherlock è particolarmente silenzioso sul tragitto verso il 221 B. Quando mi giro a guardarlo lo trovo intento a giocherellare con uno dei bottoni del suo lungo cappotto, anche se il suo sguardo è perso a guardare qualcosa fuori dal finestrino. Non so bene a cosa stia pensando ma non riesco ad attaccare un argomento così delicato con il tassista e la signora Hudson seduta accanto a noi.
Scendiamo davanti all'ingresso ed io lascio una considerevole mancia prima che il taxi parta. La nostra padrona di casa sbadiglia stancamente mentre cerca le chiavi nella sua borsetta di pelle. Quando le trova e apre la porta, si limita a un "buonanotte cari", prima di sparire all'interno del suo appartamento. Io e Sherlock raggiungiamo il nostro salotto e mio marito si lascia subito dopo cadere sul divano, senza togliersi né il cappotto e né la sciarpa blu elegantemente allacciata intorno al collo.
- Ti ricordi cosa avevamo detto? Quando ti ho chiesto se ti piaceva il Natale mi hai risposto che ne avresti avuto la conferma solo oggi. - Inizio io mentre mi accorgo di come di sfuggita abbia lanciato un'occhiata alla mappa di Londra ancora appesa sopra al divano.
La delusione è per un momento nei suoi occhi.
- Perciò cosa puoi dirmi adesso? - Chiedo mentre mi sfilo la giacca e la appendo all'attaccapanni, lasciandomi ricadere di peso sulla mia poltrona. Il contatto con il cuscino morbido è un grazie da parte della mia schiena dolorante.
- La trovo una festa inutile. - Dice mentre con uno strattone deciso della mano la sua sciarpa scivola sul tappeto. - Però ho passato una bella serata. - L'angolo delle mie labbra si solleva per un momento e poggio comodamente la nuca alla spalliera della poltrona, chiudendo gli occhi rilassato. - Tranne il momento in cui ho sentito te e mio fratello parlare dell'America. Ecco, lì non è stato poi il massimo. - Alle sue parole sbarro gli occhi e raddrizzo la schiena, rivolgendogli uno sguardo dispiaciuto e terrorizzato allo stesso momento. - Ah, non fare quella faccia. - Dice lui mentre si sfila il cappotto e lo lascia ricadere sul pavimento assieme alla sciarpa.
- Ci hai sentiti? -
- Ogni parola. - Deglutisco, forse troppo rumorosamente dato che attiro la sua attenzione verso il mio pomo d'Adamo.
- Sherlock, io... -
- Non devi giustificarti, John. Mycroft è assillante e ha questo strano modo di proteggermi, lo capisco. Certo, io non sarei mai voluto andare in America senza di te. - Il modo in cui mi parla e calmo, anzi accenna un sorriso, anche se piccolo, che mi porta ad appoggiare nuovamente la schiena alla poltrona, un po' più rilassato questa volta. - E il modo in cui gli hai risposto è stato... -
- Intimidatorio? - Dico, cercando di andare a indovinare. Mi aspetto mi dica qualunque cosa, del come "tosto", "forte", "convincente", ma mai quello che dice in realtà, rivolgendomi subito dopo un sorrisetto che la dice lunga.
Sexy.
Sì, ha detto proprio sexy.
- I tuoi atteggiamenti da bravo soldatino sono il mio punto debole. - La sua affermazione mi rende stranamente imbarazzato e il mio istinto mi spinge a spostare lo sguardo sulla poltrona di Sherlock, come se la vedessi per la prima volta e prestandovi talmente tanta attenzione da notare particolari che prima d'ora non avevo mai notato. Sento gli occhi di Sherlock addosso e so che ancora sta accennando quel sorriso malizioso.
- Ricordamelo la prossima volta che vorrò provocarti. - La sua risata affettuosa e spontanea arriva alle mie orecchie come fosse musica, una dolce musica che mi costringe a guardare il suo viso rilassato mentre si lascia andare a quell'emozione liberatoria.
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Recovery || Johnlock
Fanfiction- John, tu chi sei per me? - Si asciuga le lacrime con il palmo della mano. Mi sembra di guardare un bambino indifeso e impaurito. E quel bambino indifeso ha bisogno di qualcuno che lo aiuti e che lo sostenga, ed anche se non mi riconosce voglio ess...