Capitolo 21

21 5 0
                                    

I ragazzi lasciarono la radura circa un'ora dopo il passaggio dei Monotog. Nessuno aveva mai visto quegli esseri in quello stato: erano in preda all'agitazione e avevano lasciato profondi solchi sul terreno battuto dai loro piedi, mentre gli alberi tra cui erano passati erano rimasti senza rami, come travolti da una mandria di tori imbufaliti. Certo, era normale vederli agitati, specialmente in un attacco come quello avvenuto al castello, ma quella era stata un'agitazione diversa, come se fossero veramente spaventati e ciò li rendeva quasi più umani.

– Possibile che fossero preoccupati per qualcosa? – domandò Lani mentre iniziavano ad incamminarsi per il nuovo sentiero. Non doveva mancare molto alle Grotte dell'Oblio e finalmente avrebbero raggiunto il luogo segnato dalla mappa.

– Non che io sappia... d'altronde sono esseri senza anima, non dovrebbero pensare e quindi avere paura di qualcosa... anche perché se non hanno paura di morire perché dovrebbero preoccuparsi di qualcosa? – ribatté Nate camminandole a fianco.

– In realtà non è vero che non pensano... qualcosa c'è in quelle teste... io l'ho percepito, ricordi? – disse Celine avvicinandosi alla sua Anima Parallela.

– Tu che ne pensi, Kyle? – chiese Nate vedendo l'altro ragazzo più in disparte del solito.

– E io che ne so? Ti sembro un Monotog forse? Dovresti chiederlo a uno di loro... – sbuffò.

– Di sicuro se fossi un Monotog saresti più simpatico e meno rompiscatole. – ridacchiò Celine dando una gomitata a Lani che, benché tentasse di evitarlo, non poté fare a meno di ridere a sua volta.

– Ha parlato Miss Simpatia... già mi è difficile sopportarti solitamente, evita di rompere più del necessario.

– Non sia mai che la mia valorosa guardia del corpo si offenda per colpa mia! Potrebbe smettere di fare il suo lavoro, che ingrata che sono. – lo rimbeccò lei voltandosi verso di lui.

Stavano di nuovo per mettersi a litigare, ormai era evidente.

– Senti, sai come la penso. È inutile tornare sull'argomento: io ti odio, tu mi odi e amici come prima! Purtroppo non è colpa mia se siamo obbligati a viaggiare insieme.

– Più che altro che ci fai ancora qui? Tanto non servi a nulla! – riprese Celine.

Sembrava non essere intenzionata a mollare, voleva discutere a tutti i costi. Nate e Lani si guardarono per un istante, poi alzarono gli occhi al cielo in segno di resa e iniziarono a camminare a passo più svelto in modo da mettere un po' di distanza tra loro e gli altri, ormai stanchi di sentire sempre rimproveri e grida di rabbia.

Lani continuava a camminare guardandosi attorno incuriosita. Il sentiero che avevano intrapreso passava attraverso il bosco ma da quel lato della foresta gli alberi erano più radi e lasciavano intravedere l'azzurro del cielo e i colori scintillanti dei fiori dei prati lì attorno. A Nate sembrava serena e felice, come se tutto quel viaggio fosse solo una strana gita di piacere, come se non rischiassero la vita ogni volta che muovevano un passo. Non poteva smettere di guardarla e di ripensare a quello che era successo prima dell'arrivo dei Monotog. Stava per baciarla! Ma come gli era venuto in mente? Doveva smettere di fare lo stupido, lui era lì solo per proteggerla, non per innamorarsene. Non poteva e non doveva. Lei sarebbe tornata a casa, su quello non c'era dubbio per come le mancava già così tanto la sua famiglia. Non che non fosse una cosa normale ma di certo doveva essere un incentivo a non provare certi sentimenti per lei. Come se al cuore si potesse comandare... Continuava a pensare che probabilmente nel suo paradiso di palme e oceano lei fosse già impegnata con qualcuno, magari con uno di quei ragazzoni abbronzatissimi che aveva intravisto sulla spiaggia. Lui era più pallido della neve. Sicuramente non aveva speranze contro uno di quei terrestri... anche se loro sicuramente non sapevano trasformarsi in drago... ma che pensava? Stava cercando scuse per dimenticarsi di quello che provava per quella fantastica ragazza e finiva per darsi delle arie da solo. Era un caso disperato. Eppure se ripensava a quell'abbraccio, ai suoi caldi occhi scuri, alle sue labbra, non poteva fare a meno di odiarsi per non essere uno di quei terrestri. Anche quando erano vicinissimi lui riusciva a percepire tra di loro una distanza incolmabile, sottile come il foglio d'argento di uno specchio ma pur sempre troppo grande per essere superata: lei non apparteneva al suo mondo, era solo di passaggio. Era egoistico da dire ma una parte del suo cuore sperava che quella missione non finisse mai solo per stare con lei il maggior tempo possibile.

Behind the Rainbow - Riflessi paralleliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora