Secrets.

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Entrarono in casa. Sperava con tutto il cuore che il padre non ci fosse.

«Alex, tesoro.» Ubriaco marcio alle 14:50.

«Bob.»

«Non chiamarmi Bob!» Si lamentò. «E chi è codesto giovincello?»

«Matt, piacere.»

«Piacere tutto mio.» Disse Bob per poi stringergli la mano. «Sei il fidanzato di mia figlia?»

«Non sono tua figlia.» Sibilò Alexandra.

«Sei il fidanzato di questa troia?»

«Non chiamarla troia.» La difese Matt.

«È dura non chiamarla troia, dato che ha perso la verginità col suo paparino.»

«Io penso che non sia Alex la troia, ma lei il bastardo.» Era il momento di tirare fuori le palle, ma non poteva scegliere momento meno opportuno.

Era distrutto per la scazzottata, e ne stava per arrivare un'altra.

«Papà, lo devo curare. Andiamo di sopra.» Disse Alex.

«Okay, tesorino.» E le strizzò una guancia.

Alex quasi quasi lo prendeva a schiaffi, ma non poteva, avrebbe fatto del male a lei e al fratello.

Appena arrivarono in camera di Alex, Matt s'accorse che questa non era distrutta, non aveva dipinti, graffiti, frasi. Niente di niente.

«Com'è qua non c'è niente? È così.. vuota.» Disse Matt.

«Mio padre non è clemente come mia madre.» Disse semplicemente.

«E perché non sei restata con tua madre, allora?» Le chiese duramente Matt.

«Mark non avrebbe fatto tutte queste domande.» Si lamentò la mora.

«Perché lui sa tutto di te.»

«Mi fido di lui.» Ribatté la ragazza.

«E di me no?» Matt era offeso. Ma non per finta, era offeso sul serio. Non capiva il perché di quei segreti, quei lividi, quelle frasi messe a caso, così, fra i discorsi contorti di Alex.

Lei gli aveva detto molto con lo sguardo, ma spesso le persone non sanno leggerli gli occhi.

«Ti conosco da poco.» Cercò di divagare Alex.

«E lui da quando lo conosci?» Chiese d'istinto il biondo.

«Da un anno..» Rispose debolmente.

«Ma la verginità l'hai persa con tuo padre, l'altra sera.» Disse Matt. Alex si chiese dove voleva andare a parare. «Se ti fossi fidata veramente di lui, la verginità l'avresti persa con Mark. Non con tuo padre.»

«Non è mio padre.» Disse Alex, tenendosi la pancia.

«Come vuoi.» Disse solamente. «Mi puoi medicare o devo andare in ospedale?» Era scocciato, si vedeva.

Alex sbuffò. «Vuoi sapere proprio tutto di me?»

«Sì, cazzo, voglio esserti amico. Voglio salvarti.»

«Va bene.» Disse la bruna, sedendosi sul letto a una piazza e mezzo. «Vieni qui.» Picchiettò sullo spazio di letto accanto a lei.

Matt si mise accanto a lei e le prese la mano destra, accarezzandola col pollice di tanto in tanto. «Sono nata a New York. E solo il fatto d'esser nata era fottutamente sbagliato, non volevo nascere.
Bob prima era dolce, simpatico, divertente e soprattutto sobrio e pulito. Era onesto.
Poi successe qualcosa fra lui e la mamma, ma non so cosa. Lui iniziò ad ubriacarsi e a prendere a parolacce mia madre.
Quando nacqui, Bob smise, voleva essere migliore per me, e la cosa mi fa ridere. Era cambiato, c'era riuscito.
Era il mio eroe. Era cambiato per me, e io gli volevo davvero molto bene, ci tenevo davvero molto, lo amavo per questo.
Un giorno, avevo undici anni, tornò a casa ubriaco. Non sapevo che avesse, ero piccola. Sapevo solo che erano le quattro di mattina e Bob stava insultando la mamma per un non-so-cosa. Mia madre più volte mi disse di andare di sopra, ma non volevo. Insomma, perché avrei dovuto? Era come superman, per me. Era speciale, era fantastico. Non faceva nulla di male.
E invece no. Ha iniziato a insultare pesantemente mia madre, e poi iniziò a minacciarla, mi ricordo perfettamente una frase: "Smettila di fare così, sennò sai come va a finire".
A me non mi picchiò, mi sorpassò, ma le mani gli prudevano, gli prudevano molto. Infatti qualche mese dopo iniziò a picchiare pure me.
Tornava alle quattro a casa, sbraitava contro di noi e ci picchiava.
Andavo a scuola con lividi, tagli, graffi, occhi gonfi. A nessuno importava. A nessuno importa.
Iniziai a tagliarmi. Mi tagliavo a undici anni, è ridicolo, ma ne avevo bisogno.
Più che tagli, però, erano graffi. Leggeri graffi sul polso destro, arrivai solo una volta a farmi uscire il sangue.
Dovetti soffrire molto prima di incontrare Mark. Era sbagliato. Eravamo sbagliati. Lui mi salvò, cercò di non farmi più fare del male e non lo feci, glielo promisi. Poi ha iniziato a fregarsene pure lui, ha iniziato a non cercarmi più, a non consolarmi o le cazzate che fanno i fidanzati.
Ci rimasi male, ma avevo capito il perché. Mai una volta nella nostra relazione gli avevo detto: "Ti amo". Mai una volta facemmo l'amore. E forse è come dici tu, forse non mi fidavo.
Ma era l'unica persona che avevo. L'unica persona che ho.
Mia madre si stufò presto di questa relazione con Bob, da quando ebbe David, poi, organizzava una nostra fuga qui. Si aspettava il "vissero per sempre felici e contenti", ma lui ci ha trovati e ha portato mia madre in aula.
Ha vinto. Ha ottenuto l'affido di David, e io gli ho concesso il mio. Sai cosa diventerebbe, il mio piccolo David, se lo lasciassi qui?» Disse Alexandra. Era distrutta per la confessione. E se l'avesse abbandonata?

«Oh.» Disse solamente Matt.

«Puoi farmi tutte le domande che vuoi.» Lo rassicurò la ragazza.

In effetti, a lui, una domanda gli sorgeva spontanea. «Che cazzo ci fa, allora, Mark qui?»

Alex sorrise, sapeva che gli avrebbe chiesto quello. «Voleva dimostrarmi amore eterno.»

«L'ha fatto. Ti ama.» Disse tristemente il ragazzo.

«Ma io no.» Disse come fosse la cosa più normale del mondo. Ed andò a prendere il kit di pronto soccorso.

La storia di un'adolescenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora