L'amore uccide.

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Tornarono a casa bagnati, infangati, ma soprattutto felici.

Appena varcarono la soglia si ritrovarono tutti gli occhi puntati contro.

«Ma avete fatto la guerra?» chiese Louis molto confuso. Lui non sapeva nulla dei due, non era mai riuscito a far aprire una persona con lui perché era per la filosofia "Se si fida, mi racconta". Ma nessuno s'era mai fidato.

«No.» disse Alex, sorridendo. «Abbiamo fatto l'amore.»

Louis d'istinto attappò le orecchie a David, canticchiando una canzone strana.

«Non vogliamo sapere i dettagli!» li rimproverò.

«Non in quel senso, coglione!» urlò Alex, ruotando gli occhi infastidita. «Ci siamo fidanzati!» esultò.

«Non vogliamo sapere comunque i dettagli..» bofonchiò il roscio.

«Come siamo antipatici oggi.» disse Matt.

Ma non sapeva che dentro il roscio s'era spezzato qualcosa. Di preciso, cosa, non lo sapeva neanche lui. Ma si sentiva spezzato, rotto.

Crack.

Qualcosa all'altezza del petto. Quel qualcosa che non usava da tanto tempo era rotto.

Le budella aggrovigliate.

Questo è il concetto di gelosia. Un masso che ti si piazza sul torace.

«Io vado a farmi una doccia.» annunciò Alex. La felicità nella voce.

«Vengo con te.» esultò Matt.

«Non fate versi strani. Vi ricordo che già ce l'abbiamo già un bambino.» borbottò Louis.

John lanciò uno sguardo truce e preoccupato a Louis. Perché si comportava così? Se lo chiedeva, ma la sapeva la risposta, anche se sperava non fosse quella che pensava lui.

***

Passarono i mesi. Le cose stavano degenerando in quella casa.

Louis era sempre più depresso.

David sempre più solo.

John sempre più preoccupato.

Matt sempre più innamorato.

Alex sempre più acida.

Una famiglia sgangherata, la loro.

Quel giorno in particolare fu più strano degli altri. Aveva un non so che di macabro, di triste, di tragico, già dalla mattina stessa.

Louis si alzò. Si sentiva più leggero, perché aveva confessato tutto a John. Non l'aveva presa tanto bene, ma lo mandò giù, in fondo, per qualche tempo, anche lui ebbe una cotta per Alex. Era fantastica quanto acida, era impossibile non amarla.

Fecero colazione. «Alex, ti devo parlare.» disse Louis, mentre John gli faceva cenno di non farlo.

"No, diamine, non deve farlo. Rovinerà tutto." Pensava lui. Ma 'tutto' cosa? Era andato tutto a puttane. Si era rotto qualcosa in quei mesi. Ma non riuscivano a capire cosa!

Alex fu sorpresa dalla richiesta del roscio, non si erano mai parlati a quattr'occhi. «Oh, beh, certo.» farfugliò.

«Vieni in camera mia, però.» Matt stava per parlare, per urlargli contro. Ma si trattenne.

"Diavolo, Matt, è solo Louis" si rimproverò mentalmente. La sua gelosia, a volte, era asfissiante. Soprattutto se infondata.

Ma, se allora li avesse fermati, se avesse bloccato Alex, o se avesse portato Louis da qualche parte con una scusa, sarebbe stato meglio.

«Dimmi tutto» disse Alex, sedendosi sul letto di Louis.

«Allora..» iniziò «Tanto per cominciare, non ti devi incazzare.» disse. Alex annuì. «Croce sul cuore» le disse.

«È necessario?» chiese lei, quasi stufa di quella stupida frase. Eppure l'aveva usata anche lei. Eppure prima le piaceva.

Che le stava succedendo?

Il roscio annuì e lei si fece una croce sul cuore.

«Sono innamorato di te.» disse lentamente, per niente impaurito da un possibile rifiuto della ragazza.

«Cosa?» urlò Alex.

«Sono innamorato di te!» urlò anche lui. Le urla, disgraziatamente, arrivarono anche in cucina.

Matt rizzò le orecchie e alzò gli occhi. Aveva sentito troppo. «Vado a fermarli.» annunciò.

«No, Matt. Louis ha bisogno del rifiuto per andare avanti. Non la toccherà, va contro tutto ciò in cui crede.» lo fermò John.

«Io no, cazzo. Louis, come cazzo ti è venuto in mente?» Alex s'era alzata e girava nervosamente per la stanza.

«Quindi... io... non t-ti piaccio?» balbettò incerto.

«Non in quel senso.»

«E in quel senso che provi?» chiese Louis, sperando di trovare qualcosa di buono nelle sue confessioni.

«Odio. Ti odio, Louis.» disse Alex, senza riflettere.

Louis corse via dalla stanza, ma non era in lacrime. Lui non piangeva mai.

Corse alla stazione più vicina, lasciò tutto quello che gli sarebbe servito a casa, magari poteva servire agli altri.

Voleva metter fine alla sua vita.

Erano le 12.45.

Il treno sarebbe passato alle 13.

Alla stazione non c'era nessuno.

Si stese sulle rotaie, a pancia in su.

Voleva addormentarsi con una bella immagine impressa nella mente: il cielo.

Ah, quanto lo affascinava il cielo.

Mille colori. Mille sfumature.

Si sentiva un po' così, a volte. Si sentiva cielo.

Stette a guardare le nuvole che si muovevano. O forse era la Terra a muoversi? Chi lo sa. Non aveva mai capito quella parte dell'Universo. Non aveva mai capito l'Universo.

Era l'una meno cinque.

"Meno cinque minuti alla fine della mia schifosa vita", pensò Louis.

«Fermo!» sentì un urlo. Sentì la sua splendida voce contorcersi in un urlo straziato.

«Che c'è? Hai detto d'odiarmi! Fila via, voglio guardare le nuvole prima di morire!» urlò lui in risposta.

«Ragiona, porca puttana. Non ti odio, vorrei farlo ma mi è impossibile!»

Lui la guardò. No. Non le credeva.
Si stese di nuovo sulle rotaie. Si tappò le orecchie e si mise a fissare le nuvole.

Nonostante avesse le orecchie tappate sentiva ancora la voce della ragazza della sua vita. Era ovattata, ma la sentiva.

Chiuse gli occhi, per sentirsi tutt'uno con la splendida melodia della voce di Alex.

«Ti amo, cazzo! Vieni qui e non farlo mai più. Saliamo su quel treno, ma non passargli sotto, ti prego!» la bugia più grossa della vita di Alex, ma forse era una bugia che poteva salvargli la vita.

Questa frase gli arrivò alle orecchie per niente confusa. L'aveva sentita benissimo.

Si alzò sui gomiti e guardò la ragazza.

Era bellissima. Come suo solito.

Si scordò di trovarsi sulla ferrovia, tanto che non sentì nemmeno il rumore del treno che si faceva sempre più vicino.

«Ti amo anch'io.» disse.

Il treno passò.

La storia di un'adolescenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora