Bambini in corpi adulti.

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Dopo una breve sosta allo Starbucks e un giretto di un'ora al parco giochi, i Fantastici 5 stavano in viaggio per la banca di New York.

David era caduto in un sonno profondo fra le braccia di Louis. E non si poteva vedere cosa più strana.

Louis era un bel ragazzo, occhi verdi, capelli rossi (palesemente tinti), tatuaggi a più non posso e pearcing qua e là.

Difatti, Alex, a quella scena, più che essere intenerita si ritrovava divertita.

Louis dopo mezz'ora di viaggio s'era stufato di guidare, e John gli aveva dato il cambio.

«Meno male che dovevi guidare tu, povero piccolo cucciolo.» Alex si rivolse a Louis, sfottendolo.

«Ehi, guarda che ti puoi ancora ritrovare a sanguinare per terra. È passato un anno, ma la proposta è ancora valida.» Louis ammiccò.

«Sei quasi tenero con mio fratello in braccio. Ma ovviamente è tutto merito suo.» Alex gli fece la linguaccia.

«Quanti anni hai? Due?» La prese in giro Louis.

«Ne avete ancora per molto?» Disse Matt, annoiato.

«Mhh..» Dissero all'unisono. «Sì!»

«Smettetela che ho mal di testa.» Si intromise John.

«Se vuoi ti do il cambio.» Propose Alex.

«E guidare la mia bambina? Non se ne parla! È già tanto che ho fatto guidare John.» Obiettò Louis.

Ci furono minuti interminabili di silenzio.

«Alex, perché non ci parli un po' di te? Io e John non sappiamo nulla del tuo passato, mentre tu sai del nostro.» Louis ruppe il silenzio.

Alex guardò un attimo il fratello, per accettarsi che dormisse, e poi iniziò con la solita storiella.

Gli raccontò del padre violento, della fuga con la madre, del dibattito in tribunale, della vincita del padre, dell'affido, dello stupro subito, di Mark, di Matt, della loro fuga. Gli raccontò della madre disperata che però non l'aveva più cercata, del nonno, stette una buona mezz'ora a scegliere le parole giuste per non appesantire troppo il racconto, per buttarla lì sul ridere.

Ma nessuno rise, alla fine.

Matt sapeva già la storia drammatica di Alex, ma risentirla gli fece un certo effetto, e si chiese dov'era quando Alex, la sua Alex, soffriva. Si chiese se poteva fare qualcosa per rimuovere il dolore e il ricordo del dolore.

«Come hai fatto a guardare in faccia tuo padre dopo quello che ti ha fatto? Come hai fatto a chiamarlo papà?» Gli chiese Louis.

Alex stava per rispondere quando una voce più flebile la precedette. «Semplicemente non l'ha fatto.» Rispose David, per lei.

«David, lo sai che non devi intrometterti in questi discorsi.» Lo rimproverò la sorella, con voce dura. «Torna a dormire.»

«Eh, no, Alex, sono stufo di dormire! Questo poi, non è un discorso, è la tua vita, e ti ricordo che le nostre vite sono concatenate, quindi questo 'discorso', questa vita è mia quanto tua.» Le rispose fermo il fratello, con sguardo duro.

«Volevo proteggerti.»

«Hai protetto me per due minuti, e a te chi t'ha protetto? Nessuno, Alex. Neanch'io.» Sospirò.

«Non iniziare, David, sei un bambino, come t'aspetti di proteggermi?» La voce di Alex era più alta di un'ottava.

«Potevo chiamare aiuto, per esempio. Potevo accorgermi del motivo per cui tu chiami nostro padre Bob, per esempio. Potevi semplicemente raccontarmi com'erano fottutamente andate le cose e denunciarlo alla polizia, per esempio. Ma no, Alex. Complichiamoci la vita, Alex. Piangiamo sul latte versato, invece di fare attenzione a non farlo cadere.» Disse di getto, arrabbiato. «Stronzate, Alex. Ecco cosa penso delle tue parole e delle tue bugie su Bob. Stronzate, Alex, potevo proteggerti.»

Alex rimase imbastita da quelle parole, lo fissò insistentemente negli occhi. Lei le sapeva quelle cose, le sapeva bene, ma era difficile sentirselo dire dal fratellino di cinque anni. Era difficile sentirsi dire che poteva fare di più dalla bocca della persona che cercava di proteggere.

La storia di un'adolescenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora