Away

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Louis morì felice per una bugia.

Alex visse triste per la verità.

Alex si continuava a ripetere che era tutta colpa sua, che era una stronza per non averlo fermato prima, che era una deficiente per non essere corsa da lui.

Il treno si era fermato a quella fermata, sul corpo di Louis, e poi era ripartito.

Alex era rimasta lì tutto il tempo. La gente la spingeva, la insultava, ci litigava. Ma lei non reagiva. Non faceva altro che guardare le rotaie sporche di sangue.

Lo guardava come se quel sangue l'avesse versato lei. Guardava quel sangue come se fosse stata lei ad uccidere Louis.

Ripensò alla conversazione con Matt, avvenuta mesi prima.

«Guarda che se non piaci a una persona non significa che di conseguenza non piacerai a tutto il mondo, Alex!» la rimproverò.

Alex rise. «La mia non è insicurezza, razza di rimbecillito!» disse «La mia è paura.»

«Paura d'amare?» chiese Matt.

«Paura di fare del male.» ora ne aveva la certezza. Avrebbe fatto del male a tutti quelli che le sarebbero stati vicini.

La stazione era di nuovo vuota.

Ma lei non si sarebbe tolta la vita. Era la scelta più semplice, ma non l'avrebbe fatto: era troppo scontata e comoda, era facile e ad Alex, le cose facili, non erano mai piaciute.

Era sempre nello stesso punto. Fissava sempre lo stesso punto.

Sangue. Il sangue di Louis. Il sangue di Louis sulle rotaie.

Ed era colpa sua.

Si inginocchiò per terra e poggiò il sedere sui talloni. Aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto quando una lacrima solcò il suo splendido volto.

In men che non si dica si ritrovò a piangere, in silenzio. E quando s'accorse che la stazione era vuota iniziò a singhiozzare.

Singhiozzò a testa alta. Non si nascondeva, non più. Sapeva che quelle lacrime andavano bene.

Erano lacrime giuste.

Una mano si posò sulla spalla di Alex, e l'accarezzò gentilmente.

Alex si girò e non vide nessuno.

«Lo so che era una bugia, ma sarà verità finché ci crederò.» era una voce distante, come se appartenesse ad un altro mondo. Alex la riconobbe subito: era la voce di Louis.

Che se lo fosse immaginato, o che fosse successo davvero, non lo sapeva. Ma si sentiva meglio. Un po' meglio, non troppo. Si sentiva abbastanza bene da tirarsi su, e da continuare a respirare.

Si sentiva abbastanza bene da smettere di fissare il sangue sulle rotaie e asciugarsi le lacrime.

Alex tornò a casa con le lacrime secche sul viso, il trucco colato e un'espressione terrorizzata sul volto.

Andò direttamente di sopra, nella sua stanza. Prese il suo vecchio zaino e ci mise dentro i vestiti, poi prese dei soldi che teneva sotto il materasso e cercò un portafogli, o un qualcosa di simile, in cui metterli dentro.

Stava per ricominciare tutto da capo. Di nuovo.

C'era una gran confusione, vestiti, oggetti, asciugamani, tutto alla rinfusa nella piccola stanza.

«Ma cosa diavolo stai combinando, Lex?» chiese Matt, mentre entrava nella stanza.

La mora si scurì in volto e non rispose. Rimase impalata al centro della stanza, con un caricabatterie e dei calzini in mano.

La storia di un'adolescenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora