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Apro gli occhi per un forte sussulto, cadendo quasi a terra. Se non fosse per le sue mani che mi afferrano al volo.
"Dove siamo? Che succede?" Chiedo sconvolta.
"Stiamo atterrando" dice solo. Atterrando? Siamo in... ma certo, Vola con me!
Mi affaccio al piccolo oblò e vedo solo la pista di un piccolo aeroporto.
"Perché non mi hai svegliata? Ho sempre desiderato volare" gli chiedo distrattamente.
"Ci ho provato" sembra teso.
"Va tutto bene? Mi sembri teso e nervoso, non deve per forza avere un significato questo viaggio, insomma hai capito" gli offro la scappatoia.
"Non è nulla di tutto ciò. Sono solo stanco. Non ho chiuso occhio" in quel momento il velivolo tocca terra.
"Ma dove siamo?" Domando.
"Su un'isola. Dall'altro capo del mondo" rivela.
"Perché siamo qui?" Proseguo.
"Non puoi proprio evitare di essere così irritante?" Scatta.
"Scusa" mi mortifico. L'aereo si ferma e il portellone viene aperto.
Si alza e fa strada, scendendo. Una jeep ci aspetta ferma, poco distante. Fa caldo, la temperatura è sopra i 35 gradi e io sono vestita troppo. Salta agile al posto di guida, mi accomodo sul sedile affianco. Sto in silenzio, non lo voglio irritare ancor di più. Scruto sul cruscotto e vedo che sono le 3:00 del pomeriggio. Ci sono molte ore di fuso orario ed io mi sento strana. Però mi godo il tragitto, ammirando la natura incontaminata. Non vedo però negozi, case o altre auto.
"È mia" dice, scrocchiandosi il collo.
"Cosa?" Chiedo.
"L'isola. È solo mia, per questo non c'è nulla. Ho visto che ti guardavi attorno..." spiega.
"Va bene" risposta semplice.
"Ne ho bisogno Lize. Devo smettere i panni del Joker, per un po'. Tu sei l'unica con cui posso essere me stesso, abbassare la guardia" mi lancia un'occhiata di sbieco.
"Okay. Basta che al ritorno tu non mi licenzi per assenza ingiustificata" sorrido. Non mi fa compagnia, resta serio, nervoso.
"E se non tornassimo?" Dice.
Mi fermo un secondo a pensare, poi rispondo.
"Non c'è nessuno che mi aspetti a Gotham. Possiamo restare tutto il tempo che ti serve." Ammetto.
E il buonumore ritorna sul suo viso.
"Allora, ma chérie, che il divertimento abbia inizio" pesta il piede sull'acceleratore e ridendo si infiltra nel mezzo della vegetazione.

Venti minuti dopo, inchioda davanti ad una piccola casetta bianca.
"Io con te in auto non vengo più. Sei pazzo e guidi peggio dei pazzi" ed è vero. Ha corso come un dannato, rischiando di uscire di strada almeno tre volte.
"Suvvia C, non essere melodrammatica dice.
"C?" Si blocca, raggela. Si volta e con tutta naturalezza, dice:
"Lize non mi piace. Ho deciso di darti un nuovo nome" spinge la porta e scompare.
"J! Non sono un cane che decidi di chiamare come più ti piace. Se io decidessi che J non va bene, e ti chiamassi Osvald?" Lo seguo. La casa è il caos. I muri di mille colori, i mobili che sembrano presi da una fiera. Ma mi rendo conto che non mi importa. C'è un piccolo soggiorno, una camera, un cucinotto e un bagno. Spero che il divano sia comodo, dato che dormirò lì.
"Vado a fare una doccia. Tu ambientati" mi molla lì da sola e scompare dentro la camera. Mi guardo attorno e vengo catturata dalla vista. Il mare, che riflette la luce del sole, con l'acqua così chiara da sembrare color smeraldo. È bellissima come lo è lui. Mi appoggio allo stipite della porta e mi godo il sole. Mi piego e tolgo gli anfibi, dato che si rischia di squagliare.
"Fatti una doccia" mi dice, io mi volto e resto basita. Non ha più trucco, né capelli verdi, né occhi smeraldo. È tornato lui, capelli corvini, pelle chiara e occhi blu.
"Sei bellissimo" mi scappa detto.
"Trovi?" Sospira.
"Sì. Beh non sei affatto male nell'altra versione, ma così... sei meraviglioso" termino. Abbasso il capo, e mormoro.
"Vado a darmi una sistemata" Mi afferra un braccio e mi rialza il viso.
"Ho messo una maglietta per te, sul letto." Mi lascia ed io scappo via. Col cuore in tumulto ed i brividi.
Ma questo è solo l'inizio.

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