III

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Era passata una settimana dal suo arrivo, Clarke si stava ancora ambientando ma aveva cominciato a prendere confidenza con quella nuova vita che la vedeva più sola del previsto. Non era proprio quello che voleva dopo tutto? Aveva scritto due lettere a Jasper e Monty, si era affidata ad un mezzo di comunicazione che giustificasse il suo contenuto ed il suo comportamento, era qualcosa di formale ma al tempo stesso di profondamente intimo, sperava che capissero, i due dovevano essere appena tornati dalle vacanze che avevano improvvisato in un campeggio, l'avevano invitata ma lei aveva rifiutato usando la scusa dello studio. Non aveva accennato al tirocinio, era rimasta sul vago. Avrebbe iniziato in una settimana, pensava che la lontananza dalle preoccupazioni facesse in modo che la sua concentrazione ne uscisse vittoriosa. Tuttavia quelle giornate vuote le lasciavano troppo spazio ai pensieri, Boston era fredda e poco accogliente come il suo coinquilino Bellamy, la solitudine coatta che si era imposta non la aiutava a reagire all'apatia che vestiva il suo animo.
Octavia era l'unica persona con la quale intratteneva qualche conversazione ma era talmente presa dal cambiamento della sua vita che non le dedicava troppo tempo, non che Clarke lo pretendesse, si ricordava bene quella sensazione elettrizzante, l'inizio dell'università, la convinzione di essere finalmente adulti, invincibili e liberi. Non era più così per lei, andava avanti certo, ma senza quella gioia di un tempo. Sarebbe diventata un medico, lo sapeva, aveva dedicato tutta la sua vita a quello e lo aveva promesso alla persona più cara che avesse avuto, suo padre Jake. Da quando lui non c'era più, da quando lui era morto Clarke aveva perso l'entusiasmo, aveva perso l'unica persona con la quale condivideva ogni suo sogno e che non la giudicava mai ma la incoraggiava sempre.

-

Bellamy si alzò dal letto solo perché il suo migliore amico continuava a tempestarlo di chiamate e messaggi, John Murphy era fatto così prendere o lasciare e lui lo sapeva bene. Ma gli era stato vicino sempre, aveva imparato a capirlo senza fargli troppe domande, era maturato ed in fondo era una brava persona nonostante da appena adolescente dimostrasse un'inclinazione decisamente contraria.

Quando, una settimana prima, Bellamy gli aveva detto che Gina lo aveva lasciato, John lo aveva abbracciato e non aveva detto nulla, gli aveva offerto una birra e avevano cominciato a parlare d'altro, le birre sul tavolo del locale si erano moltiplicate e Bellamy per un paio d'ore era riuscito a dimenticare quella ragazza, l'unica in grado di infondergli la serenità più assoluta e di farlo sentire sicuro, protetto, non si era mai sentito in quel modo, sapeva che lei colmava una carenza primaria, era un sentimento lieve e profondo al tempo stesso probabilmente alimentato dalla voglia di Bellamy di sentirsi amato, a prescindere, incondizionatamente, come quell'amore genitoriale che non aveva mai ricevuto, nemmeno quando la madre era ancora in vita, già dopotutto Aurora amava più la sensazione che l'ago dentro la sua pelle tesa le forniva che i suoi stessi figli, per Bellamy non era mai stata una madre, era solo una tossica. Che male c'era dunque nel cercare quel senso di protezione in un'altra donna una volta adulto?
Si infilò una maglietta e si precipitò al bagno, puzzava, aveva decisamente bisogno di una doccia. L'ambiente profumava di gelsomino, Clarke doveva essere in casa.
Lui e la ragazza avevano preso le distanze dopo il primo giorno di convivenza ed ignorarla era stato più facile del previsto, era meglio così, dopo tutto al mantenimento di rapporti civili ci pensava Octavia.
Quando Bellamy finalmente pronto scese le scale pensava di trovare l'amico in macchina ad aspettarlo fuori la sua abitazione ma la scena che gli si parò davanti gli occhi non appena mise piede nel salotto di casa fu decisamente diversa e inaspettata.
John se ne stava seduto sulla poltrona e parlava animosamente con Clarke. Era talmente tanto preso dalla conversazione con la ragazza che non si era nemmeno accorto che lui, il suo migliore amico, aveva appena fatto capolino nella stanza.
Stavano ridendo a crepapelle a dire il vero ed era strano, non pensava che quella ragazza avesse una risata così cristallina e difficile da ignorare. Tossì, cos'altro poteva fare per interromperli? I due si girarono contemporaneamente puntandogli gli occhi addosso, Bellamy si sentì decisamente imbarazzato, era come se avesse interrotto qualcosa, possibile che il suo amico fosse riuscito ad intrattenere un discorso con quella biondina arrivando ad un simile livello di empatia in probabilmente meno di dieci minuti e lui che ci conviveva, per così dire, da una settimana si era limitato solamente ad inveirle contro e poi a far finta che lei non esistesse?
"Heilà Bell! Quando pensavi di dirmelo?"
"Dirti cosa?"
"Che tenevi prigioniera in casa tua questa dolce e simpatica donzella..." 
La ragazza abbassò lo sguardo quando quello interrogativo e al tempo stesso contrariato di Bellamy si spostò dall'amico a lei.
Dolce e simpatica? Non erano decisamente i primi aggettivi che gli balenavano in mente pensando al volto della sua nuova coinquilina.
Clarke che si sentiva fin troppo osservata e messa in mezzo, lo salutò con un cenno che lui ricambiò distrattamente.
Bellamy voleva decisamente andare oltre quella stramba situazione e uscire con l'amico a cui si rivolse
"Dunque cos'hai in programma? Vogliamo andare?"
John lo guardò sorridente "Certo... e Clarke viene con noi!!

Did I say that I need you?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora