XIII - Parte 1

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Gli aveva chiesto scusa ma per cosa poi? Perché aveva tirato fuori la storia di Raven?
L'aveva percepito subito dalla sua espressione preoccupata che c'era qualcosa che non andava, le aveva detto che non erano fatti suoi eppure sembrava davvero turbato, come se non avesse mai desiderato che lei venisse a saperlo.
Perché? Cosa cambiava?
Era la sua vita e lei non c'entrava, lei gli pagava solo uno stupido affitto dunque non aveva diritto di essere gelosa, perché non era stupida, di questo si trattava, non poteva certo mentire a se stessa, lo aveva fatto per troppo tempo, si era illusa di stare bene, di poter accettare Marcus in breve tempo, di poter far finta che il trasferimento a Boston fosse solo dovuto alle sue aspirazioni ma poi tutto era crollato, la maschera che si era costruita si era sgretolata in un attimo. Non poteva mentire di nuovo, poteva omettere dei dettagli agli altri, poteva tenersi tutto dentro ma con se stessa avrebbe dovuto iniziare ben presto a fare i conti.
Chiedere scusa era risultato naturale quando Bellamy le si era avvicinato così tanto da toglierle il respiro, quando in fretta aveva preso le sue mani e quel contatto le aveva donato un tepore che andava ben al di là della percezione fisica.
Ora però il moro se ne stava in silenzio e la guardava con un'intensità tale da lasciarla di stucco, era disarmante, si sentiva nuda sotto quello sguardo nero come la pece, profondo come l'abisso, tanto da non poterlo più sorreggere.
"Ti prego di qualcosa."
Il tono era basso ma implorante mentre non osava incontrare ancora i suoi occhi, cercava disperatamente di trattenere la calma fissando le sue ginocchia pericolosamente vicine alle gambe incrociate di lui.
Poi sentì le mani di Bell interrompere il contatto con le sue e per un attimo pensò di non riuscire a sopravvivere a quel distacco, ne aveva bisogno, sentiva che ogni cellula del suo corpo chiedeva disperatamente di mantenere un contatto con lui.
Fu solo un istante perché la presa del maggiore dei Blake, quasi aggressiva si strinse attorno alle sue guance, obbligandola a tirare di nuovo su i suoi occhi e a posarli su di lui, non voleva perché sapeva di non essere in grado di poter resistere ancora a lungo.
Sentì il cuore in gola quando si rese conto di quanto fosse vicina al suo viso perfetto, se avesse voluto avrebbe potuto contare senza problemi le lentiggini che maculavano elegantemente il volto del ragazzo e per un minuto forse lo fece.
Venti.
Si fermò, no, non erano finite ma il viso di Bell si era avvicinato di più irrimediabilmente.
Percepì il contatto con il suo naso freddo.
Le loro labbra non erano mai state a quella distanza, pensò, sarebbe bastato il più piccolo movimento e si sarebbero toccate, sentiva il respiro affannato di Bell addosso e l'unica cosa che avrebbe voluto in quel momento era sentire quel fiato fondersi con il suo.
Bellamy la guardò come non aveva mai fatto, Clarke stava tremando ma non era più il freddo a provocarle la pelle d'oca.
Sostenne i suoi occhi ancora per un po', sapeva che in quel momento stava rispondendo ad una domanda implicita, la leggeva perfettamente nelle iridi scure di lui.
Chiuse gli occhi.
Era un sì, lo avrebbe anche gridato se fosse stato necessario.
L'impatto con le labbra severe di Bellamy fu lento, sentì un sapore simile a quello delle rotelline di liquirizia che da piccola mangiava insieme a Jake.
Ma non c'era spazio adesso nella sua mente per rievocare quei ricordi, sentì tutto il corpo fremere a quel contatto, le loro bocche avevano preso a cercarsi ad assaporarsi, con le mani afferrò due ciuffi scompigliati dalla capigliatura ribelle del maggiore dei Blake.
Perse il senso del tempo e dello spazio mentre le loro labbra, le loro lingue diventavano un tutt'uno, quel baciò lasciò spazio anche ad un paio di sorrisi spontanei che automaticamente sorsero mentre uno dei due tentava di riprendere fiato velocemente, non potevano permettersi di perdere nemmeno un istante, si sentiva come se avesse sprecato tutto il suo tempo fino a quel momento.

Il suo rapporto con Bellamy era stato come contemplare un opera d'arte in un museo, dietro una teca di vetro, poteva analizzarla, guardarla a lungo, provare a donarle un significato ma senza toccare la tela, sentire sotto le proprie dita ogni pennellata, ogni grumo di tempera, ogni granello di polvere, non avrebbe mai realmente compreso l'entità di tale bellezza e maestosità.
Adesso la teca di vetro si era frantumata in mille pezzi e Clarke era tornata a sorridere, non aveva più paura di potersi far male con il vetro tagliente.

Did I say that I need you?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora