XVII - Parte 1

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Il finestrino le mostrava panorami sfuggenti illuminati da una luce quasi irreale, il sole stava tramontando e nell'arco di un'ora sarebbero arrivati a Boston.
Raven, Green e Jordan ridacchiavano da quando il viaggio era iniziato, Clarke aveva provato con tutta se stessa a star dietro a quelle chiacchiere per una buona mezz'ora ma poi si era arresa così aveva finto di addormentarsi.
Ora però se ne stava seduta in quel vagone angusto, le mani sulle ginocchia e le labbra massacrate dai denti che non riuscivano a smettere di morderle, erano cinque minuti buoni che aveva preso a percepire il sapore del sangue ma nonostante ciò smettere era impossibile.
Fuggiva lo sguardo degli altri puntando i suoi occhi fuori il finestrino lercio.
Sapeva che si erano accorti del suo teatrale e mal recitato risveglio ma nessuno aveva osato chiederle nulla.
Fu grata che quei tre si trovassero così bene insieme, parlavano ininterrottamente, la bionda si era abituata perfettamente al loro vociare unito allo stridere delle ruote sulle rotaie e quella strana melodia sembrava cullare i suoi pensieri inquieti, si chiese se quando tutto quello sarebbe finito anche le sue fantasie l'avrebbero abbandonata.
Da quando aveva messo piede su quel treno, controvoglia, non aveva fatto altro che avere un chiodo fisso: Bellamy Blake.
Si ritrovò ad immaginare più volte il loro incontro, mentalmente si preparò perfino un discorso da fare.
Non aveva toccato cibo tutto il giorno tanta era l'agitazione.
Maledisse quella nauseante sensazione, ancora una volta si riconosceva a stento, era sempre riuscita a controllarsi, non aveva mai avuto crisi di panico, mai aveva permesso all'ansia di dominarla in quel modo, nemmeno al capezzale di suo padre.
Eppure quel senso di inquietudine continuava a corroderle lo stomaco e a farle aumentare i battiti cardiaci ogni qual volta nei suoi pensieri appariva quel volto ornato da mille lentiggini.

Non era mai stata a casa di Raven.
Appena arrivati avevano preso un taxi e si erano ritrovati in un monolocale con un soppalco, era bello in modo esagerato, ordinato e pulitissimo, sembrava una casa tipo da rivista d'arredamento ma per questo appariva anche dannatamente fredda.
"Fate come se foste a casa vostra."
Clarke le rivolse l'attenzione.
"Posso usare il bagno?"
La mora annuì.
"Muoviti però, dobbiamo organizzarci con i turni per prepararci, ho promesso a O' che saremmo andati un po' prima per darle una mano."
Clarke non rispose, raggiunse il bagno rapidamente e si chiuse la porta alle spalle.
Aprì il rubinetto facendo scorrere l'acqua, con le mani si porto il liquido limpido al viso, si sciacquò velocemente, quasi con foga poi permise ai suoi occhi di ispezionare la sua figura riflessa nello specchio.
Era pallida.
Le labbra screpolate e martoriate dal freddo e dal suo stesso vizio di mordersele in continuazione.
Due occhiaie descrivevano alla perfezione il suo contorno occhi.
La fronte scoperta, come il resto del viso, era ancora imperlata dall'acqua gelida che alla luce al led del bagno rendeva le goccioline quasi scintillanti.
Respirò a fondo.
Non aveva dormito affatto durante quelle notti ed il suo viso sembrava renderlo manifesto. Aveva passato le nottate a rigirarsi tra le coperte, cercava timidamente di rievocare le immagini di quando in quella stanza con lei c'era stato anche il maggiore dei Blake, si era vergognata quando si era sorpresa ad annusare il cuscino cercando di riconoscere invano il suo odore.
Era sparito, si era dissolto assimilato dal suo e da quello dell'ammorbidente che sua madre utilizzava quando faceva il bucato.

Guardare il suo riflesso in quello specchio non faceva altro che confermare il fatto che si fosse piegata ad un sentimento che non era in grado di controllare, per la prima volta in vita sua sentiva la paura impadronirsi di lei.
Essere lì, in quella città, non voleva solo dire fronteggiare Bellamy, voleva dire arrendersi definitivamente a ciò che sarebbe accaduto, la verità è che Clarke si sentiva invasa dai sensi di colpa, non aveva dato alcuna possibilità a Bell, aveva lasciato che un'ampia barriera la avvolgesse allontanandola da lui per sempre.
Si era resa conto di aver fatto esattamente ciò che aveva rimproverato alla madre per troppo tempo, non era stata in grado di combattere per amore.
Non si sarebbe stupita dunque se il maggiore dei Blake non avesse accettato di parlarle dopotutto lei aveva fatto lo stesso e forse questa era la sua paura più grande, se Bell non l'avesse perdonata, sarebbe finito tutto e stavolta per davvero, in modo irreversibile.
Sentì bussare alla porta.
"Hei Clarke tutto okay? E' un quarto d'ora buono che te ne stai chiusa lì."
La voce di Monty sembrava davvero preoccupata.
Solo in quel momento la bionda si rese conto che stava tremando, doveva darsi un contegno e recuperare l'autocontrollo.
Inspirò.
"Si..." Si bagnò i polsi con dell'acqua gelida. "Adesso arrivo."

Did I say that I need you?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora