Spesso in situazioni sia positive, sia negative, la gente - di fronte ad un monologo di sfogo - ti dice "Non puoi capire", nonostante tu ti possa anche impegnare a farlo.
Alcune volte si riesce a cogliere perfettamente la radice del problema o della situazione, altre volte no. Non puoi capirle a meno che non capitino anche a te.
Giselle - quando scoprì di essere incinta - aveva scritto moltissime volte a Margot per informarla sugli avanzamenti della sua gravidanza, il piccolo William Malik che scalciava prepotentemente contro la sua pancia e non permetteva alla sua mamma di dormire come sempre aveva fatto, a pancia in giù e le mani sotto il cuscino fresco.
Margot ridacchiava scorrendo le parole di quelle lettere che le tenevano compagnia, eppure non riusciva mai a capire la situazione della sua migliore amica. Pensava sempre "Come fa a non farle impressione quell'esserino che abita nel suo pancione!", soprattutto quando le parlava di che effetto facesse appoggiarci sopra la mano.
Margot allora non poteva capire.
Nessuno può se non quando si trova di fronte la realtà accertata.
La regina si appoggiò entrambe le mani sul ventre, non riuscendo a capacitarsi del fatto che lì, appena sotto la sua pelle, una piccola vita stesse per fiorire.
Aveva superato la guerra.
Quel piccolo bocciolo aveva resistito contro la malvagità umana senza che Margot potesse anche lontanamente pensarlo.
Quel minuscolo e quasi invisibile essere umano che si era depositato all'interno del suo corpo, nella sua parte più intima, aveva sconfitto la morte, ponendosi come una minuscola scintilla di speranza nella vita della regina.All'alba del giorno dopo la notizia, Emmanuelle entrò nella stanza dell'infermeria con una tazza fumante in mano. "Buongiorno, Maestà" salutò, sedendosi accanto a lei sulla sedia.
Margot si passò un pugno sull'occhio chiuso, mentre con l'altro guardava la dottoressa. Le sorrise, "Buongiorno" rispose, poi le si avvicinò impuntandosi sul gomito del braccio sano. Si mise piano seduta, poi allungò la mano per prendere la tazza fumante da quella del medico.
"Come si sente?"
Margot bevve un sorso, lentamente, sentendo la gola bruciare. "Un po' stordita, a dire il vero."
"È l'effetto dell'etere, stia tranquilla."
Poi la porta dell'infermeria venne aperta di colpo e la tendina che separava Margot dal resto della stanza in cui si trovava venne scostata di lato con un colpo secco. Pierre apparve sulla scena, il busto completamente fasciato, il braccio sinistro tenuto appeso al collo per evitare movimenti alla spalla e il viso pieno di tagli sulle guance. La mano che pendeva dalla fasciatura aveva un mazzo di rose rosse tenuto stretto nel pugno.
A Margot si illuminò lo sguardo, sentendo quasi le lacrime accumularsi ai lati degli occhi. Pierre si avvicinò rapidamente alla sua donna, sporgendosi su di lei e baciandola con bramosia e disperazione. Aveva avuto una paura terribile, una di quelle che ti paralizzano, ti ghiacciano il sangue e l'unica cosa che vorresti fare è scappare via.
Ma Pierre non era scappato.
Era rimasto, per lei. Margot appoggiò la sua tazza in mezzo alle cosce coperte dal lenzuolo pulito, portando la mano sulla guancia di Pierre per tenerselo quanto più vicino possibile. Le loro lingue giocarono insieme, rincorrendosi e assaporandosi dopo tutto il terrore provato. Quel bacio cancellò qualsiasi immagine brutale l'uno avesse visto dell'altra, sgombrando la mente e rendendo tutto più puro e vivo.
Quando si staccarono con uno schiocco, Pierre rimase a guardarla negli occhi lucidi. "Ti amo, ti amo, ti amo" ripetè, appoggiando la fronte a quella della regina.
Margot abbassò le palpebre e le lacrime iniziarono a scenderle sulle guance rigate dai graffi. "Stai bene, sei vivo" disse, mordendosi il labbro inferiore.
"Sì, non ti avrei mai lasciato. Te l'avevo promesso. Sono tornato da te."
Margot gli lasciò un nuovo bacio a fior di labbra, poi Emmanuelle si mise in piedi, schiarendosi la gola. "Oggi dimetteremo la vostra regina, ma nel frattempo può restare qui."
Pierre annuì e si sedette sulla sedia che il medico gli aveva liberato, poi Emmanuelle abbandonò la stanza, lasciandoli soli. Pierre porse elegantemente il mazzo di fiori alla regina. "Auguri, mon amour."
Margot afferrò il gruppo di rose, avvicinandosele al naso per inspirarne l'odore forte. "Per cosa?" chiese, temendo già che qualcun altro gli avesse rivelato della gravidanza al posto suo.
Pierre strinse le labbra. "Oggi è il trentuno di ottobre, il tuo compleanno."
Rimasero a guardarsi negli occhi per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere.
Una risata liberatoria, una risata che li faceva respirare di nuovo, la risata che ti sovviene quando una piccola cosa, a fronte di quanto attraversato, sia avvali di un'importanza nuova e diversa. E dopo tutto quello che avevano passato, tutto quello che avevano affrontato, il compleanno rappresentava quasi un ritorno ad una quotidianità per cui avevano tanto pregato.
"Grazie, mon ange" rispose Margot, appoggiandosi i fiori accanto e contemplandoli. "Sono bellissimi."
"Lo so" disse il re, guardandola con i suoi chiarissimi occhi azzurri.
"Come- come hai fatto a trovarle? Insomma, ogni cosa è stata distrutta.."
Pierre si sporse su di lei, prendendole la mano e accarezzandone il dorso con movimenti delicati del pollice. "Sappi che i fiori più belli e maturi resistono alle intemperie."
E nonostante Margot sapesse non fosse per nulla vero, sorrise.
Sorrise per il suo uomo che cercava, con i suoi occhi luminosi, di ridarle qualche gioia e spensieratezza dopo la guerra. E Margot di certo non voleva deluderlo. Non voleva nemmeno che solo lui potesse concederle dei doni.
Lei ne aveva uno appena sotto la sua pelle, eppure non aveva idea di come dirglielo. L'avrebbe presa bene? E soprattuto, lei stessa aveva piena consapevolezza di che svolta avesse preso improvvisamente e inaspettatamente la sua vita?
"Non vedo l'ora di uscire da qui" disse la regina, guardandosi poi la ferita al braccio. "Fortunatamente non mi fa più male come prima."
Pierre si picchiettò la sua fasciatura. "A chi lo dici." Poi riportò lo sguardo sulla sua regina, contemplandola. "Chissà cosa hai dovuto sopportare, ed io non ero lì con te a proteggerti."
Margot strinse la presa intorno alla mano di Pierre. "Invece mi hai salvata, come io ho sempre detto. È stato il tuo pugnale a salvarmi la vita. Se non lo avessi avuto, Leonard mi avrebbe trafitto... Invece ho vinto io, grazie al dono che mi hai fatto. Inconsapevolmente, mi hai salvato e mi salverai sempre."
Pierre si sporse in avanti e la baciò, poi rimase a guardarla negli occhi lucidi. "Promettimi che d'ora in poi faremo in modo che niente di tutto ciò possa accadere di nuovo. Promettimi che avremo cura del popolo e di noi stessi, promettimi che la nostra vita possa seguire una linea dritta a partire da questo momento."
Margot sollevò la sua mano, baciandogli il dorso. "Te lo prometto" rispose contro la sua pelle.
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Nothing is like it used to be - The War
Fanfic(Questa storia è un sequel. Si prega di leggere prima "Nothing is like it used to be" per capirne meglio le dinamiche.) Ci sono cose che non si possono prevedere. Accadono e basta. Margot non avrebbe mai potuto prevedere di perdere suo padre e Liam...