36. Cum grano salis

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-Ciao, Andy. Come va?-
-Ciao, Lou! Mi manchi tanto- affermò il bambino, serio. Louis ne percepi' la tristezza attraverso lo schermo del cellulare; erano in videochiamata.
-Cosa succede, fratello piccolo? Qualcosa non va?-
-No; sono tutti gentili, con me...  solo che io non capisco molto la lingua e non riesco a giocare con loro- ammise il bambino.
-Tesoro... devi portare pazienza. Non è facile, imparare a parlare una nuova lingua. Vedrai che tra un po' sarà più semplice- lo consolo' lui, guardando oltre alla vetrata della cucina di Harry, verso gli alberi.
-Io vorrei saperlo fare già adesso... e poi... qui sono strani-
-In che senso?-
-Fanno materie strane, ci sono laboratori strani...-
Louis sorrise, scuotendo la testa.
-Tu verrai vero, Lou? Mi raggiungerai, e io potrò dormire a casa?-
-Ma non ti piace il convitto? È questo?-
-Vedo papà solo il sabato e la domenica, ma io vorrei vedervi tutti i giorni-
Louis si rese conto che quella di Andy fosse nostalgia bella e buona, e passò mezz'ora a parlare col fratellino, promettendogli poi di dedicargli una mezz'ora ogni sera via Skype.

In realtà, non sapeva proprio come avrebbe ricavato quel tempo dalle sue giornate già zeppe di impegni. Non aveva un momento libero: per star dietro a tutto e dedicare tempo ad Harry, sfruttava ogni singolo minuto della giornata a studiare o lavorare nel parco.
Era arrivato al punto di registrare le spiegazioni dei ripassi in classe per ascoltarle mentre lavorava; Harry gli aveva proposto di smettere di aiutare il signor Morris, ma lui in realtà considerava uno svago necessario il restare fuori, a contatto con la natura; sarebbe impazzito a non passare del tempo coi cavalli, tra le piante, o semplicemente a passeggiare per il parco.

In realtà, era preoccupato. Harry non se ne era ancora reso conto, perché la vita tra le lenzuola gli metteva appetito, e quindi il pianista lo vedeva mangiare di gusto; ma i pensieri c'erano. Ad esempio,  aveva saltato lo scorso venerdì pomeriggio per seguire Harry ad un evento, con ripercussioni sul punteggio di matematica perché il professore non era d'accordo nel chiudere un occhio su questo. Era carico come un somaro di lavoro per la tesina interdisciplinare che avrebbe portato agli esami, e sopra ogni cosa, non aveva fiatato con nessuno di tutto ciò.
Non poteva caricare Harry di problemi. Non voleva turbarlo; ora che la terapia pareva essersi bilanciata, non voleva interferire di nuovo e provocare squilibri. Harry stava lavorando tanto ed era immerso nel suo mondo; proprio il giorno prima gli aveva accennato che avrebbe iniziato a registrare qualche traccia per il nuovo album.
La sua famiglia era all'estero; con i Moreau non aveva la confidenza necessaria per sfogarsi, ed infine, con Liam non poteva parlare, altrimenti l'autista l'avrebbe detto ad Harry, oppure a Niall, e l'avrebbero escluso dagli impegni del pianista.

Sospirò, guardando l'orologio. Aveva esattamente cinquanta minuti per finire degli schemi; si preparo' un caffe' al ginseng con la macchinetta e tornò in biblioteca.
Cinquantun minuti dopo, era sul vialetto a spazzare le foglie; quel giorno il cielo era terso e la temperatura tiepida. Fuori si stava benissimo, ma lui quasi non se ne accorse, lavorando in fretta per recuperare tempo e poter spazzolare i cavalli prima che arrivasse la squadra di giardinieri, che aveva bisogno di essere seguita. Arrivò ai box in un bagno di sudore; quello che non aveva calcolato era che i cavalli, percependo la sua fretta, erano nervosi.
Stava spazzolando con energia quello dal manto nero- rossiccio, quando, complice il venticello che proveniva da quel lato, si sentì distintamente il rombo di una moto in accelerata. Anche Louis sobbalzo', non aspettandoselo; il cavallo invece scarto' con violenza, sciogliendo il nodo troppo lento e calpestando accidentalmente un piede a Louis mentre indietreggiava, spaventato.
Il ragazzo impreco'; per fortuna indossava gli stivali, che erano rinforzati sulle punte, ma il peggio fu che la briglia gli sfuggì di mano e nel tentativo di afferrarla al volo vi rimase impigliato.
-Fermo! Fermo!- Gridò, mentre il cavallo scartava per liberarsi dalla presa, strattonandolo; la vicinanza di Louis lo spavento' ulteriormente, facendolo impennare.

Alexander Morris, il custode, stava guardando fuori dalla finestra mentre sorseggiava una tazza di the; sotto ai suoi occhi increduli vide Thor spuntare dell'edificio delle stalle, dimenando la testa a destra ed a sinistra mentre indietreggiava. Con orrore si accorse che Louis fosse impigliato nella briglia, e proprio sotto alle zampe del cavallo mentre questi si impennava. Chiamando a gran voce sua moglie corse fuori, spaventato a morte, mentre il ragazzo era accovacciato a terra con una mano verso l'alto, legata al cavallo. Thor, inquieto, gli dava delle musatine sulla spalla per riscuoterlo.
-Louis! Louis!- Gridò l'uomo, correndo a liberare il polso del ragazzo dalla briglia con un coltellino svizzero.
Thor, non appena si sentì libero, si sposto' lì vicino, muovendo le orecchie.
-Louis!-
-Sto bene. Mi sono fatto male al polso; sono tutto intero- disse il ragazzo, mettendosi a sedere con il braccio destro stretto allo stomaco.
-Per l'amor di Dio! Ma cos'è successo?- Esclamò Alexander, accovacciandosi a terra per soccorrerlo. Nel frattempo era giunta di corsa anche Suzanne, terrea in volto.
-Cos'è successo?-
-Mi sono impigliato nella briglia, il cavallo si è spaventato per un rumore in strada-
-Ma, santo Dio, come mai Thor era libero?- Trasecolo' il signor Moreau, mentre Louis si teneva stretto il polso con l'altra mano.
-Non era libero; si è sciolto il nodo. È colpa mia- affermò Louis, rialzandosi in piedi con l'aiuto del custode, visibilmente scosso.
-Ti ho visto morto. Mi hai terrorizzato- affermò l'uomo, tastando Louis per accertarsi che fosse tutto intero.
-Vieni dentro. Ti portiamo al pronto soccorso a fare una lastra- disse la signora Moreau, mentre Thor, ancora libero, si avvicinava per dare una leccatina piena di bava a Louis, a mo' di scuse.
-Non è colpa tua, tranquillo- gli disse Louis, accarezzandogli il collo. Alexander ricondusse Thor nel box e Louis, accompagnato da Suzanne, rientrò in casa.

La signora Moreau diede del ghiaccio a Louis e telefonò a Liam, che era fuori con Harry. Purtroppo la macchina dei custodi era in revisione dal meccanico; ma la fortuna volle che l'autista ed Harry fossero già sulla strada del ritorno e che riuscissero a rientrare in tutta fretta, arrivando a casa dopo neanche dieci minuti.
Louis era ottenebrato dall'adrenalina, tanto che non sentiva nemmeno dolore al polso, che comunque si era sgonfiato con il ghiaccio; si sentiva tremendamente in colpa, e soprattutto era terrorizzato dell'eventuale reazione di Harry.
Appena arrivato il pianista si avvicinò alla panca dove era seduto e appoggiò un ginocchio a terra, fissandolo con quello sguardo severo che pareva trapassargli anche l'anima. Louis si sentì piccolo, intimorito come agli inizi della loro conoscenza.
Senza parlare Harry lo prese in braccio, e seguito da Liam lo porto' in auto.

-E' una frattura a legno verde, tipica dell'ossatura giovane- diagnostico' l'ortopedico indicando un punto sulla lastra.
-È allineata, per cui non serve intervenire chirurgicamente, per fortuna. Basterà il gesso-
Louis annuì, tirando su col naso. Si trovavano nella clinica in cui era stato ricoverato Harry, ed era un luogo saturo di brutti ricordi. Il pianista era seduto alla scrivania, in silenzio.
-Per il dolore, ti prescrivo un antidolorifico. Te la sei cavata con poco- aggiunse il medico, guardando con simpatia il ragazzo, che era visibilmente scosso.
-Grazie, dottore- rispose Harry per lui.
-Venite; andiamo in sala gessi- concluse l'ortopedico, alzandosi.
Louis scese dal lettino, guardando di sottecchi Harry. Aveva rovinato tutto; sarebbero dovuti partire quel weekend per due concerti, ma la sua leggerezza aveva mandato all'aria tutti i piani.

Trad. titolo: "Con un grano di sale", con un po' di prudenza. Quella che manca a Louis😑

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