11. Secreta

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Louis si svegliò un paio d'ore dopo con tutti i sintomi del raffreddore; aggrotto' la fronte, percependo la presenza di qualcuno nella stanza.
Si voltò verso la finestra, strizzando gli occhi per il chiarore intenso, e riconobbe Harry. Il pianista si accorse che si era destato e lo salutò:
-Ben svegliato. Come ti senti?-
Louis si tirò su a sedere, arrossendo. Sapeva di avere i capelli sparati da tutte le parti e l'aspetto trasandato; non sapeva che, invece, Harry stava pensando che fosse una bellissima immagine.
-Ho mal di gola e mi sento pesto; però vorrei tornare a casa mia, non voglio disturbarvi e rischiare di contagiarvi-
-In realtà sarebbe meglio che tu restassi lontano da Andy, per evitare di contagiarlo, e lasciare a Suzanne il compito di badare a lui. Lo fa volentieri, come avrai capito- lo contraddisse Harry.
-Ma non voglio essere un peso...non saprei come ripagarvi...- obietto' Louis.
-Non ce n'è bisogno. Ti ho gia' detto che sei una fonte di ispirazione? La tua presenza è benefica per comporre. Rimani un po'. È tutt'altro che un disturbo- ribadi' Harry.

Louis telefonò a scuola di Andy per autorizzare il signor Moreau a prelevare il bambino una volta finite le lezioni, spiegando che si era ammalato, e poi seguì' semplicemente il suono del pianoforte, raggiungendo Harry nella stanza vicino alla biblioteca.
Era la prima volta da anni che si ammalava; finora aveva avuto una salute di ferro.  Entrò silenziosamente e si diresse sul divano vicino al caminetto. La stanza era ancora piuttosto fredda, il fuoco era stato acceso da poco e il riscaldamento dei termoconvettori non bastava ad intiepidire gli ampissimi spazi. Harry si interruppe, e Louis si immobilizzo': che gli desse fastidio? Ma il pianista si diresse a prendere delle soffici coperte di micropile per porgerle a Louis, che si imbarazzo':
-Grazie-
-Stai coperto. Di solito non faccio scaldare troppo questa stanza, ma oggi è davvero freddo per te-
-Ma come fai a suonare con le mani ghiacciate?-
-È un esercizio anche questo: suonare con le dita intorpidite dal freddo è simile alla sensazione di paura nel suonare davanti ad una platea- spiegò il musicista, aggiungendo altra legna al fuoco.
-Tu hai paura di suonare davanti ad un pubblico?- Si strani' Louis.
Harry accenno' un sorrisetto:
-L'adrenalina è sempre tanta, te l'assicuro, anche se non è più il terrore delle prime volte. Ma ora basta parlare; tu riposati, che io sto lavorando-
Louis annuì, starnutendo. Harry accese un incenso nel vaso bianco che, nel giro di pochi minuti, diffuse nell'aria un aroma balsamico. Dal divano, Louis chiuse gli occhi ed ascolto' le scale di note e gli esercizi di Harry, sentendosi bene anche se fisicamente era sottotono.

Louis si era addormentato. Harry lo osservò, voltandosi all'indietro, mentre le ultime note ancora vibravano nell'aria. Era stata una giornata proficua; aveva buttato giù delle melodie su cui avrebbe potuto lavorare. Sentiva la testa come un vulcano in eruzione; aveva bisogno di fare una pausa caffè, ma l'osservare Louis lo aveva incantato. Si riscosse, pensando al fatto che non riusciva a definire cosa gli provocasse quel ragazzino. Non era pena, non era nemmeno compassione. Era qualcosa che andava al di là del semplice desiderio di aiutarlo, come poteva essere per Suzanne; era qualcosa che non riusciva a capire. Il ragazzo gli toccava corde nell'anima che non sapeva nemmeno di possedere. E quello poteva essere l'inizio di un problema.

La stanza era più calda, ed Harry si avvicinò al divano per toccargli la fronte e sentire se fosse sudato sotto a tutte quelle coperte. Gli scosto' i capelli, facendosi sorprendere in quel gesto dallo sguardo ceruleo del giovane, svegliatosi in quel momento.
-Come ti senti?- Gli chiese.
-Penso mi sia andata su la febbre- rispose il ragazzo, ed in effetti le guance arrossate e gli occhi lucidi confermavano la sensazione.
-Sarà il caso che torni a letto-
-Posso restare qui? Per favore?- Lo sorprese Louis, guardandolo da sotto in su con una espressione che scosse qualcosa nel petto di Harry. La cosa lo turbo', per cui il tono che usò fu più brusco di quanto avrebbe voluto:
-Fai come credi-
Louis si rimpiccioli' sotto alle coperte, sentendosi in colpa.
-Scusa- gli disse. Harry tornò a guardarlo:
-E di cosa? Di esserti ammalato? Non hai fatto apposta-
-Di recarti disturbo...- mormorò Louis a testa bassa, al che Harry provò un moto di tenerezza e, di slancio, si abbassò posando un ginocchio a terra ed alzandogli il mento con una mano:
-Non disturbi. Come te lo devo dire?-
Louis rimase immobile, sorpreso dal quel contatto. Harry lo turbava, e tanto. Involontariamente i suoi occhi si posarono sulle labbra piene e rosee del pianista, provando il desiderio di baciarlo. Ma Harry si rialzo':
-Domani ho un concerto. Starò via qualche giorno, perché avrò delle interviste, ma al mio ritorno voglio che tu sia guarito. Devi riguardarti-
Louis annuì abbassando lo sguardo, mentre si mordeva nervosamente il labbro.
-E per la cronaca, non ti bacio soltanto per non prendermi il raffreddore, ma lo desidero anch'io-
Louis sgrano' gli occhi, diventando color porpora, mentre l'altro tornava al pianoforte. Quel commento lo aveva spiazzato e lanciato in orbita allo stesso tempo, per cui le parole che aggiunse Harry gli arrivarono come lame:
-Tutto questo è un errore. Tu sei un errore. Io non posso permettermi queste cose, Louis-
Louis lo guardo', non capendo.
-So che provi attrazione per me. Anch'io sento un trasporto nei tuoi confronti, ma ci sono cose che non sai di me-
Louis sentì il cuore fargli male nel petto, anche se non aveva ancora detto niente. Tirò fuori la voce con coraggio, e mormorò:
-Perché mi dici queste cose?-
-Sei troppo piccolo per una storia di letto. Questo è tutto quello che potrei offrirti, e non voglio-
-Stai facendo tutto da solo...-
Harry parve molto colpito da queste parole, tanto che si fermò a fissarlo. Senza aggiungere altro, si voltò ed uscì dalla stanza, gettando il povero Louis nello sconforto.

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