16. Seconda parte- Non plus ultra

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Louis tornò a casa sua e vago' irrequieto su e giù per l'appartamento per più di mezz'ora; iniziava a fare una cosa, si interrompeva, prendeva in mano un oggetto, lo posava. La mente era in fermento, mentre un senso di angoscia gli attanagliava il cuore.
Si sedette al portatile, indeciso. Doveva o non doveva guardare su Internet?
Si rese conto di non conoscere affatto Harry. Si era innamorato della sua musica, del suo aspetto, dell'immagine che dava di sé, ma non sapeva nulla della sua vita privata. Lo aveva stalkerato sui tabloid, trovando scarsissime informazioni. Chi era Harry Styles?

Aprì Google e digito' sulpiride.

Lesse, incredulo, ciò che aveva davanti. Come sempre, Internet diceva tutto ed il contrario di tutto. Era un farmaco antipsicotico, neurolettico, che veniva utilizzato per curare le psicosi associate a schizofrenia ed al disturbo depressivo maggiore. Era pieno di effetti collaterali, anche gravi, e tra l'altro provocava spossatezza, sonnolenza ed insonnia.
Non sapendo cosa pensare, chiuse il portatile e si prese la testa tra le mani.
Ripenso' ad Anne, la madre di Harry, ed il suo impegno nelle attività di beneficenza e di ricerca. Alle sue donazioni a favore delle cliniche di igiene e salute mentale.
Con tante domande in testa e nessuna risposta, decise di affrontare la cosa di petto. Se c'era una cosa che i suoi gli avevano insegnato, era di comportarsi da uomo: e così avrebbe fatto.

Trovò Harry al pianoforte, ovviamente.
Si rese conto che, tempo addietro, il pianista gli aveva detto che sarebbe stato impegnato in tournée, ma invece era a casa. Harry era ammalato; su questo non aveva dubbi. Ora voleva sapere quale fosse la sua malattia.

-Perché prendi quel farmaco?-
Harry lo ignoro', continuando a suonare.
-Harry. Rispondimi... per favore-
-Così potrai prendermi per pazzo?-
-Ma cosa dici?- Si stupì Louis.
-Perché mi fai queste domande? Non sai cos'è la privacy?-
-Ma... io non te lo chiedo per curiosità. Te lo chiedo perché sono preoccupato per te- spiegò Louis, tormentando l' orlo della felpa.
-Ti spiegherò tutto. Prima, però, lasciami fare una cosa- scattò Harry alzandosi e prendendolo per le braccia. Gli appoggiò le labbra alle sue, facendo perdere dei colpi al cuore di Louis, che era talmente sorpreso da non riuscire a reagire. Harry schiuse le labbra, e quella fu la sua fine. Louis si ritrovò Harry sotto alle dita, in bocca, sottopelle, mentre inalava il suo profumo e lasciava che il bacio più dolce ed appassionato della sua vita fosse anche quello che avrebbe fatto da metro di misura a tutti quelli a venire.
Harry si fermo' per primo, perché Louis era talmente perso in quel bacio che non si sarebbe fermato più. Harry respiro' pesantemente, appoggiando la sua fronte al capo di Louis, chinandosi in avanti.
-Cosa... perché l'hai fatto?- Ansimo' Louis, sopraffatto.
-Perché dopo non vorrai più. Vieni. Faccio prima a metterti di fronte alla realtà dei fatti- disse il pianista, afferrandolo per un braccio e portandolo fuori con sé, in una stanza in fondo al corridoio del secondo piano. Louis era spaventato, tanto che tremava. La verità, finalmente. Sperava di non rimanerci troppo male. Non sapeva cosa aspettarsi.
Harry aprì l porta chiusa a chiave, mentre Louis pensava assurdamente alla favola di Barbablu' e sentendosi come la moglie curiosa.
Entrò in una stanza completamente disadorna, sul cui pavimento faceva bella mostra di sé un serpentone di giornali, di fogli e di riviste. Miliardi di ritagli di riviste di musica. Su tutto, dei disegni verdi ricorrenti, che assomigliavano a delle note musicali. Louis era talmente sorpreso che sbotto':
-Stai cercando di dirmi che sei un accumulatore seriale?-
La risata di Harry lo incanto': non lo aveva mai sentito ridere. Il suo viso si illuminava; però i suoi occhi rimasero seri.
-No, non lo sono. È una cosa molto peggiore. Sono seguito da quando ero bambino da un neuropsichiatra; a quanto pare, vedo cose che gli altri non vedono-
Louis sgrano' gli occhi, non sapendo come prendere la rivelazione.
-Nel senso che... soffri di allucinazioni?-
-All'inizio erano allucinazioni, ora sono allucinosi. In poche parole, quando sono in terapia, mi rendo conto che sono allucinazioni- spiegò Harry, guardandolo circospetto.
-...Sei pazzo?-
-Buon Dio. Mi è stata diagnosticata una forma di schizofrenia paranoide quando avevo quindici anni; poi hanno cambiato la diagnosi mano a mano che crescevo, ed il mio disturbo cambiava con me. Ma la morale resta quella: sì Louis, sono pazzo, a quanto pare-
La mestizia nelle parole di Harry colpirono Louis quasi quanto il conoscere la verità.
-Ma... com'è possibile? Mi stai parlando normalmente, sembri normale... non so cosa pensare-
-Prendo dei farmaci che bloccano le allucinazioni. Ho cambiato cura da pochi giorni; il nuovo farmaco mi provoca sonnolenza, per cui mia madre ha deciso, in accordo coi medici, di impedirmi di guidare-

La rivelazione sconvolse Louis.
Soprattutto, oltre al fatto già terribile di per sé, lo rattristava la rassegnazione di Harry: il musicista era convinto di non meritare amore, a causa della sua patologia. Ora improvvisamente si spiegava i suoi discorsi; stranamente, il sollievo di capire di non essere mai stato rifiutato lo spinse a sedersi per terra, a gambe incrociate, a guardare il serpentone di giornali che si snodava davanti a lui.
-Spiegami tutto- disse.
Harry lo guardò, sbalordito. Evidentemente si aspettava che scappasse a gambe levate, ma si sedette accanto a lui e gli raccontò come stavano le cose.
-Sono sempre stato per conto mio, sin da piccolo. Mi sono sempre sentito diverso dagli altri. I miei problemi sono nati, però, quando ho iniziato a cercare di far capire agli altri...questo- disse, facendo un gesto verso le pareti.
-Mi sento molto stupido a raccontartelo; non so nemmeno spiegarmi bene. Durante gli anni del collegio in Svizzera i miei professori hanno allertato la mia famiglia, e da lì ho iniziato ad essere seguito da uno psichiatra dietro l'altro. Subito l'ho presa molto male. Mi sentivo vittima di un complotto a mie spese, i cui mandanti erano i miei genitori, quando in realtà loro non hanno fatto altro che cercare di... aiutarmi-
Louis rimase in silenzio. Tutto ciò gli sembrava surreale. Harry gli sembrava così normale, così calato nella realtà...non riusciva a crederci.
-Faccio molta fatica a parlarne. Mi sento stupido- ripeté Harry, perdendo tutta la sicurezza di sé che Louis gli aveva sempre visto avere.
-Perché? Non lo fai mica apposta- rispose Louis, abbracciandosi le ginocchia ed appoggiandovi sopra il mento.
-Ma quindi, spiegami cosa vedi. Cosa vedi di strano- aggiunse il ragazzo.
-Mi fai sentire così in imbarazzo... perché capisco dalla tua espressione che dal di fuori sembra follia pura, eppure per me è reale. Io vedo la musica. La vedo come se fosse viva, come se fosse una parte di me. La vedo proprio, Louis. Ha le sfumature verdi, e assomiglia a degli arabeschi. Ma sono ghirigori vivi. Sono come delle entità. Quando prendo i neurolettici questa cosa si ridimensiona e le entità sono buone, malleabili, e riesco ad ignorarle, se voglio. Quando sospendo la terapia, o smette di fare effetto per qualche motivo, io...mi perdo in loro. Prendono il sopravvento, ed io perdo il contatto con la realtà. Ed allora faccio questo- disse Harry, facendo un gesto con il braccio ad indicare le riviste.
Louis degluti'. Era peggio di quanto aveva pensato. Questa era pazzia, di quella vera. Non si trattava di manie, o piccole ossessioni che tutti, bene o male, avrebbero potuto avere; quella...quella era follia pura.
-Capisco dalla tua espressione di averti sconvolto- commentò Harry.
Louis lo guardò. Era davvero troppo bello, troppo perfetto: doveva per forza avere una crepa, in quella facciata dalle fattezze d'angelo. Ma la crepa si stava rivelando un abisso.
-È vero. Mi hai sconvolto-
Harry annuì.
-Mi dispiace. È per questo che mantengo le distanze: odio la compassione, e la vedo anche nei tuoi occhi, Louis, e credimi, è l'ultima cosa che avrei voluto vedere. Vedo che pensi che io sia un minorato mentale. Mi spiace un sacco; non sono riuscito a tenerti abbastanza distante da me. Ed ora sai, e puoi andartene-

25/01/2017 Ci ho messo tanto a scrivere questi due capitoli...e non sono mai stata così nervosa a pubblicare. Tutto ciò perché sono stati la traccia, che ho buttato giù mesi fa, che poi si è sviluppata in questa questa storia. Ironia della sorte: anche se questa sembra la parte più assurda del racconto, è tratta da una storia vera. 
Che dire... la natura umana è incredibile.

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