5] Abstinence

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Non avevo voglia di andare a casa, di sentire ciò che i miei genitori avevano da dire. Non avevo voglia di vedere nessuno, in realtà. Avevo voglia di stare un po' per i fatti  miei, e perché no, di una sigaretta, perché il fumo stava iniziando a piacermi.

Ma no, non ne ero dipendente. Non ero mai stata dipendente da nulla, mai. Mi bastava un po' di forza di volontà per resistere alle dipendenze: pensavo che tutto partisse da me e da ciò che provavo io.

Decisi di dirigermi verso la pineta, quella situata vicino al mare, che si fondeva con la spiaggia così dolcemente che mi era sempre parsa poetica e dolce, come cosa. Due mondi talmente diversi, così vicini da influenzarsi.

Ma non mi riguardava, non mi ero mai fatta influenzare da nessuno, ne avevo paura.

Camminai verso la pineta, e intanto i lampioni illuminavano la strada deserta compiendo grandi cerchi di luce che andavano a sfumare con il nero dell'asfalto.

Da piccola, ricordai, mi divertivo a guardare la mia ombra per terra, di notte, mentre passavo sotto ai lampioni. Quando mi trovavo in mezzo a due di essi, la mia ombra era come raddoppiata, e mi chiedevo quale delle due fossi io.

Ormai avevo capito che ero entrambe.

E forse un po' mi rispecchiava, quella cosa. Forse un po' mi rispecchiava, perché per quanto mi sforzassi per essere omogenea, il mio carattere aveva tante di quelle sfaccettature che non riuscivo più a contarle sulle dita di tutte e due le mani.

Arrivai alla pineta dopo qualche minuto, ma non c'era anima viva per strada, e le luci nelle case erano tutte spente, segno che le persone erano in centro, oppure a dormire.

Mi addentrai fra gli alberi, perché non era mia intenzione seguire un sentiero, non quella sera. Avevo voglia di sfidare quelle maledette paure che mi assillavano, e che io stuzzicavo continuamente senza successo.

Avevo rifiutato così una "dichiarazione" da parte di un ragazzo conosciuto da così poco tempo. Non avevo commesso un reato. Solitamente ci mettevo tantissimo a fidarmi delle persone, ma era quello l'ostacolo che cercavo di togliere. Magari ero ambiziosa, magari ero pignola, magari ero troppo pretenziosa, ma io avrei amato solo colui che mi avrebbe saputa ascoltare e capire.

Ed infatti non mi ero mai innamorata di nessuno.

I ricci neri svolazzavano senza sosta e si impigliavano nei rami degli alberi, nel frattempo camminavo e perdevo sia l'orientamento che la concezione del tempo.

Mi tornò un altro pensiero relativo all'infanzia, in mente.

Quando mi infilavo fra le coperte di mia madre, e facevo mille capriole, giri, gattonavo e mi rotolavo. Alla fine, con le lenzuola tirate sopra la testa, non sapevo più qual era la via d'uscita da quel morbido e profumato intrico.

Sì, era quello che volevo. Perdermi un po'.

Mi sentivo strana e stupida, ma sicuramente avrei camminato tantissimo.

Capii che ero arrivata a quel fatidico confine che univa (o separava, chissà) terra e sabbia.

Mi tolsi le scarpe. All'inizio sentii i piedi bucare, perché gli aghi di pino sparsi per terra non erano certo morbidi come le coperte nelle quali mi rotolavo, ma poi smisi di pensarci, non me ne accorsi più.

Sentii solo un odore tremendo di fumo, che sembrava vicinissimo. Mi guardai intorno: da una parte, il mare, scuro e buio come il cielo che lo sovrastava. Da una parte, la pineta, quella più fitta, senza sentieri.

Cominciavo a pensare che fosse scoppiato un incendio da qualche parte, ed in quel caso me ne sarei dovuta andare passando per la spiaggia.

Poi, continuando a guardarmi intorno, vidi un corpo rannicchiato per terra, proprio sulla linea che separava la spiaggia dalla pineta.

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