Le luci dell'entrata erano già accese. La televisione anche.
«Posa qui il giacchetto» mi indicò una sedia a caso della cucina «poi vieni in sala, credo che tu sappia qual è» il suo tono era provocatorio.
Feci quello che mi aveva detto, dopodiché lo seguii. Sentivo la tensione salire, e anche lui mi sembrava poco tranquillo.
«Ho trovato questa» tirò fuori una busta di carta stropicciata «sul mio letto. Tieni».
La afferrai con impazienza. Le mani mi tremavano. Con la calligrafia di Ed, grande, c'era scritto "per Gemma".
«Forse eravate d'accordo, la dovevi venire a ritirare?» mi domandò, portandosi le mani sui fianchi.
«No...» mormorai. Ma Edoardo lo sapeva. Sapeva che sarei andata a cercarlo pure lì, presto o tardi «e quando l'hai trovata?»
«Era lì da qualche giorno, forse una settimana, circa»
«Da quanto non lo vedi?»
«Dalla notte prima, ma figurati se apro una busta del genere» fece una smorfia «non ho mai capito cos'è che scrive, quello».
Chiusi gli occhi e sospirai «devo leggerla»
«Fallo» disse, alzando le spalle «ma vai da un'altra parte»
«Sì, grazie comunque, vado via» il mio cuore stava cercando di uscire dal petto, voleva scappare. Avevo paura di leggere quella cosa, una paura tremenda. Non credevo di reggere.
Mentre andavo a prendere la mia giacca, mi fermai in camera da letto. Ed erano lì, i due quaderni. Nero e blu, uno sopra l'altro. Li afferrai e di fretta me ne andai.
«Addio» dissi, prima di chiudermi la porta alle spalle.
Scesi le scale saltando diversi gradini, e scappai fuori.
In una mano avevo la busta, dall'altra avevo i quaderni.
Corsi per un minuto, prima di raggiungere un parco che non avevo mai visto prima d'allora.
"Perfetto, un altro luogo a cui associare dei ricordi" pensai.
Mi sedetti su una panchina di legno, accanto a un lampione. Lì, il silenzio era così pesante. Ero isolata da tutto il resto.
Posai la busta spiegazzata accanto a me, e afferrai il quadernino blu. Non ero mai riuscita a leggere ciò che si trovava al suo interno.
"Qui ci scrivo quando sono in giro", aveva detto. Lo aprii.
"Odio questi luoghi, mi fanno sentire identico a tutti gli altri. Le persone, il rumore, la confusione. Non sono cose a me familiari e mai lo saranno".
Fu la prima frase che lessi, e si trovava circa a metà.
Proseguii, scorrendo con gli occhi senza soffermarmi troppo.
"L'amore è strano. Soprattutto quando non l'hai mai provato. E anche le persone che si innamorano, sono strane. Iniziano a parlare senza pensare, scrivono cose come questa. Perciò, credo di essere innamorato. Eppure non credevo di esserne capace".
Una prima lacrima iniziava a rigarmi il volto.
"Oggi credo che la rivedrò. È così, è pazza, è diversa. Un po' come me".
Sorrisi. Lì, quindi, non scriveva storie. Il quaderno nero era una specie di diario.
"Non credo di aver mai pensato che qualcosa sia bellissimo. Niente è mai stato bellissimo, per me. Ma lei lo è, non ci credo ancora. Non posso dirglielo, possibile?".
Due, tre lacrime di seguito.
"Insomma, una persona così con una persona come me. Io e lei non ci completiamo affatto. Possiamo stare insieme, ma finiremo male. Una cosa del genere? Ci distruggeremo a vicenda. Non possiamo curare le ferite dell'altro. Non vuole ammetterlo, non troppo, ma secondo me sta veramente male. Ha gli occhi tristi. E io non riuscirò ad aiutarla".
Mi portai istintivamente una mano agli occhi, e approfittai per asciugarmi il viso.
"Sono un po' inutile, beh. Cosa ci sto a fare, alla fine, se non riesco a salvare qualcuno? Lei ha salvato me. Difficile da credere, eppure c'è riuscita. Ricordo bene quella sera. Da quando era arrivata, perdere sangue era diventato meno necessario" fissai quelle frasi "voleva che io la ascoltassi, quindi l'ho fatto. E mentre la guardavo parlare, pensavo a quanto la stavo odiando per avermi salvato. In più, pensavo a quanto avevo voglia di baciarla in quell'istante".
Ricordavo il suo sguardo attento su di me, come se stesse pensando ad altro.
"Forse sono un peso per lei" persi un battito. Era l'ultima pagina del quaderno "ma ho già pensato a tutto. Non voglio farle del male così, non voglio che si senta in dovere di starmi dietro. Poco tempo fa è stata male. Secondo me è anche colpa mia" le lacrime arrivarono tutte insieme.
Chiusi il quadernino, non riuscii a leggere oltre.
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Glitch - problema tecnico
General Fiction«Spesso cercare di dare una spiegazione teorica a certe sensazioni rende queste sensazioni meno piacevoli. Le cose che non si esprimono a parole, non possono essere descritte a parole.»