Capitolo 2

158 11 0
                                    

Subito dopo tornó seria, ma, inutile dire il contrario, le piacque molto il modo in cui il clown l'aveva chiamata. "Harley  Quinn" suonava molto bene. Harley lo fissó negli occhi alcuni secondi, poi diede un colpo di tosse e guardó in basso.《 Inizio col farle alcune domande 》fece lei. Lui nel frattempo continuava a guardarla, divorandola coi suoi occhi vitrei, mentre sorrideva.《 Lei ha paura di qualcosa, signor J? 》 Lui la fissó ancora per qualche secondo, poi si inumidí le labbra e disse:《 Ho paura di non essere compreso da nessuno, e di stare da solo per il resto della mia vita 》. Harley si portó una mano al petto: sapeva cosa provava in quel momento il suo paziente. Non era mai stata compresa da nessuno, mai nessuno le aveva rivolto una parola dolce nell'arco della sua vita. I suoi genitori l'avevano sempre ripudiata e non aveva mai avuto amici. Joker continuó《 io voglio solo qualcuno che apprezzi il lato comico di ció che faccio, vorrei far divertire, chi mi sta intorno! Ma sento che con lei, dottoressa, posso parlare ed esprimermi 》Concluse la frase con un ampio sorriso, guardandola dritta negli occhi. Harley deglutí, scrisse nel suo block notes ció che aveva sentito e proprio quando stava per porgli un altra domanda, lui la interruppe:《 Lei ascolta sempre i problemi degli altri, cercando di trovargli una soluzione, non le piacerebbe che qualcuno, per una volta, ascoltasse i suoi di problemi? Mi dica, dottoressa, lei si sente incompresa, per caso? 》 lei non rispose, poi gli riveló i suoi sentimenti, e la tristezza che anche lei aveva nel cuore, ma se ne pentí subito, ricordandosi cosa le aveva detto prima della seduta il dottor McCay: "Non dare tue informazioni personali al Joker, é un manipolatore, le userá per avere potere e controllo su di te". Tuttavia non trovó giusta quell'affermazione, pensava infatti di aver trovato una persona con cui avere un vero dialogo, con cui esprimere i propri sentimenti, ed era felice di questo, sentiva come se si fosse tolta un grande peso dalle spalle. In quasi un ora, il Joker era riuscito a carpire varie informazioni sulla vita della sua psichiatra, ed era riuscito, in qualche modo, gradualmente, a ribaltare i ruoli della situazione: Harley adesso parlava, e il Joker la stava ascoltando. Mentre parlava col suo confidente, Harley si sentiva libera, finalmente, libera come mai si era sentita prima. Per quanto si sentisse bene in quella cella, il tempo era scaduto. Di colpo la porta metallica si aprì come prima, Harley ringrazió Joker dell'attenzione che le aveva rivolto, e se ne andó, con la sensazione di avere i suoi occhi ancora puntati a dosso. Erano le 13, e per oggi finiva qui il suo turno di lavoro. Salí le scale del seminterrato, che tutt'a un tratto, le pareva un luogo meno tetro e sinistro, e si precipitó correndo nel suo studio. Entrata, mise velocemente in borsa la sua roba e si sfiló il camice, quando, il suo sguardo, cadde sulla scrivania. Vi era un vaso di vetro dalla forma cilindrica, con al suo interno una bellissima rosa rossa, con legato un biglietto allo stelo. "Grazie della tua compagnia, ti aspetto domani tesoro, con affetto -J"
Harley era sconvolta, non si era preparata per questo, ma sentí che in tutta quella situazione c'era qualcosa di sbagliato: non aveva idea di come quella rosa potesse essere finita sulla sua scrivania, e stava capendo che il Joker stesse tentando in qualche modo di manipolarla. Il giorno seguente, dopo aver bevuto un cappuccino, Harley si diresse contenta a passo spedito verso la cella del suo paziente.《Buongiorno, signor J, pronto per una nuova chiacchieratina? 》Joker sorrise e rispose:《 Io vivo di questi momenti insieme a lei, dottoressa 》Harley espiró poi disse:《la ringrazio per la rosa di ieri, signor J, è stato davvero un gesto gentile, ma, se posso, come è riuscito a farmela avere? 》non che si aspettasse una risposta, ma non potette fare a meno di chiederglielo. Il Joker come risposta cominció a ridere, coinvolgendo anche la sua "dottoressa". Era chiaro ció che ormai stava accadendo: Joker a poco a poco assumeva il pieno controllo di Harley, sia fisico che mentale. La psicologa si sistemó dietro l'orecchio un ciuffo scappato dal solito chignon, poi chiese:《 Puó raccontarmi della sua infanzia? 》Joker abbassó lo sguardo, esitó un momento, poi disse:《 Mio padre, era un alcolista... Non faceva altro che picchiarmi, e disprezzarmi. Mia madre era l'unica che prendeva le mie difese, infatti lui la uccise brutalmente con sessantasei coltellate. Ogni cosa che facevo, ogni cosa che dicevo, era la scusa per ridere di me, per provocarmi del male fisico e psicologico 》Detto ció, Joker scoppió a ridere come mai aveva fatto in quei momenti, ma Harley, lo guardava quasi piangendo. Era triste, sentiva un peso allo stomaco, e non riusciva a capacitarsi del fatto che quelle brutte sensazioni erano per Joker. La dinamica delle sedute successive non cambió per nulla, e pur sapendo di essere manipolata dal clown, ad Harley non dispiaceva, e, a poco a poco, sentiva che Joker le stesse salvando la vita, e aveva verso di lui un senso di gratitudine, di rispetto e di devozione. La stava liberando dalla prigione che era stata la sua vita in quel momento. Aveva deciso. Se Joker l'aveva liberata, in qualche modo, avrebbe dovuto farlo anche lei.

Alter - ( Joker & Harley #Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora