DEPRESSIONE PT.1

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Passò qualche minuto prima che Stiles osasse muoversi; ora che si era arrabbiato e sfogato con Lydia si sentiva di nuovo vuoto e senza emozioni.

Si alzò per prendere un bicchiere d'acqua, parlare gli aveva seccato la bocca; non guardò nemmeno il cibo che qualcuno gli aveva lasciato quella mattina, non aveva fame, erano giorni che non ne aveva e talvolta arrivava a fine giornata senza aver nemmeno toccato un goccio d'acqua.

Prese un bicchiere da un armadietto e lo riempì nel lavandino; mandò giù il contenuto a piccoli sorsi, perchè deglutire gli faceva male alla gola, quasi quella trovasse il liquido un intruso sgradito.

Lasciò il bicchiere nel lavello e si trascinò fino al divano, dove si stese tirandosi dietro la coperta. Non era stanco e non aveva nemmeno sonno, ma non sapeva che altro fare. Le sue giornate si erano ridotte a quello: una serie di azioni senza scopo per occupare il tempo che separava un momento di incoscienza dall'altro. Viveva le sue giornate senza uno scopo o una ragione, come avrebbero potuto averli se non aveva nessuno con cui condividere i suoi progressi e i suoi obiettivi?

In realtà, se avesse voluto avrebbe potuto parlare coi suoi amici, perchè sapeva che l'avrebbero ascoltato e che lo avrebbero aiutato, ma lui voleva suo padre; era suo padre l'ago della bilancia in quel momento, o forse lo era sempre stato.

Ricordava quante volte lo aveva costretto a portarlo al lavoro con lui dopo la morte della mamma perchè voleva essere sicuro che non stesse da solo; ricordava quando di nascosto svuotava le bottiglie di alcol e lo rimpiazzava con del thè per non farlo bere più del dovuto; ricordava le volte che aveva rifiutato gli inviti degli amichetti di scuola per stare a casa con lui nei suoi giorni liberi, finendo per perderli e rimanendo solo.

A lui però andava bene così, era con suo padre e quello gli bastava.

Per quanto tempo suo papà era stato il centro del suo mondo? Da quando aveva cominciato a mentirsi e dirsi che non era così? Perchè bisogna rendersi conto delle bugie che ci si racconta a sè stessi e la sua era che sarebbe potuto andare avanti anche senza suo padre, che non era così fondamentale per la sua vita. Invece quella puttana aveva deciso di dimostrargli che era l'esatto contrario: ora che suo padre era steso nel letto d'ospedale, in coma, tutto andava a rotoli e la parte migliore era che non gli importava.

La verità era che sarebbe potuto cadere il cielo, aprirsi l'inferno o estinguersi la razza umana, ma nulla di tutto ciò doveva toccare suo padre.

Suo padre, papà, papi, pa', il suo pilastro contro l'assurdità che era diventata la sua vita negli ultimi due anni.

La sua ancora ogni volta che tutto andava a puttane.

Ora però suo padre era in quel dannato letto d'ospedale, vivo solo perchè il suo cuore batteva ancora. 

Il tepore delle coperte intanto lo cullò fino a che non chiuse gli occhi pregando per un sonno senza sogni e senza ricordi, mentre delle lacrime silenziose lasciavano i suoi occhi ormai sempre gonfi ed arrossati.


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Si svegliò al buio, di soprassalto.

Sentiva la bocca riarsa e secca come se ci avessero versato dentro della sabbia. Non guardò l'orologio e si diresse in cucina per bere; con lo sguardo sfiorò il tavolo a cui si era seduto solo poche ore prima con Lydia. Gli tornarono in mente le cose che gli aveva detto, in preda alla rabbia.

"così vederci ti fa stare peggio?! Certo, perché farsi consolare da chi si preoccupa per te?!"

"perché non ti ammazzi?!"

LOVE IS, ABOVE ALL, THE GIFT OF ONESELF || Teen WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora