Piccolezza eterna

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Un forte raggio di sole entrò svelto in quella spaziosa stanza che era stata per anni mia, ma che in poche ore non avrebbe più avuto a che fare con la mia presenza.
Schiusi le palpebre, poggiando rapidamente una mano su di esse, cercando di sfuggire a quel luminoso colore aranciato, forte e dirompente.
Guardai con rapidità lo schermo del cellulare, notando l'orario.
"È ancora troppo presto per partire.
Sicuramente lei starà ancora dormendo." dissi ad alta voce, dirigendomi verso la finestra della camera.
Alzai le grigie tapparelle, affacciandomi subito, senza perdere un attimo.
Presi un bel respiro, sentendo nel frattempo il cinguettio di qualche volatile, che emetteva il suo distintivo suono breve e squillante.
Da quella altezza riuscivo a intravedere una rovente circonferenza incandescente, ergersi da dietro le colline, ricoperte da una folta e sgargiante vegetazione.
Man mano la città prendeva colore, risvegliandosi dal buio della notte.
"Mi mancherà tutto questo, me lo sento.
Ma è ora di voltare pagina, non posso più stare qui.
Ho bisogno di essere felice, e qua non c'è nulla che mi possa rendere tale.
La strada per la felicità consiste in due semplici principi: trovare ciò che ti interessa e che puoi fare bene, e quando l'hai trovato, metterci dentro l'anima intera, ogni brandello di energia, di ambizione e di abilità naturale che si possiede." pensai con malinconia, pronta a salutare quel posto che mi aveva cresciuta e fatta maturare, nel corso del tempo, trascorso forse troppo lentamente.
Avevo bisogno di volare, e di certo in quella circostanza sarebbe stato impossibile ciò.
Il momento era arrivato, dovevo soltanto preparare le ultime cose e finalmente sarei potuta andare via...

~

"Chi è?" domandò una voce assonata, inconfondibile per me anche attraverso quel citofono malandato.
Ero appena arrivata sotto casa di colei che sarebbe stata la mia compagna di viaggio, il viaggio verso quella nazione che mi avrebbe fatto iniziare una nuova vita, completamente diversa da quella attuale.
Lisa, ecco come si chiamava lei, la mia migliore amica.
Non mi aveva voluta lasciare da sola, neanche in questo percorso.
Mi voleva bene, me ne voleva veramente, e aveva deciso di partire con me, accettando anche di fare l'università fuori Italia.
"Sono Flavia.
Fammi salire!"
"Certo, solo un attimo."
Eseguì la mia richiesta, aprendomi il portone vetrato per metà.
Salii le scale, accedendo poi in casa sua.
"Ma guarda un po' chi c'è.
Mattiniera che non sei altro." esclamò Lisa, felice di vedermi, sorridendo allegramente.
Ricambiai il sorriso, mettendomi comoda sul divano in pelle nera.
"Ma non mi dire che ancora ti devi preparare." dissi sospettosa, vendendo che ancora indossava il pigiama.
"No no, tranquilla, sono pronta.
So quanto tu ci tenga ad essere puntuale."
"Scendi giù con il pigiama?"
"Ma no!" rise di gusto.
"L'ho indossato perché era l'unico indumento che non avevo infilato in valigia.
Già, ho scordato di tirar fuori i vestiti per la partenza, ma non temere, adesso li vado ad indossare." disse con euforia, andando verso una delle numerose valigie.
Aprí la più grande di quelle, acciuffando i primi capi che le capitarono, mettendoli in un batter d'occhio.
Si avvicinò allo specchio, mettendosi di fronte ad esso.
"Come sto?" domandò incerta.
"Bene!
Sei stata fortunata, visto che hai preso roba a caso, e non ti è uscito fuori un mix di colori."
Finí di prepararsi, facendo successivamente un giro per tutta casa, per controllare se avesse dimenticato qualcosa di importante.
"Perfetto, direi che possiamo andare!" concluse lei.
La aiutai a sistemare le valigie nella macchina che mi aveva prestato mia madre per quella occasione, chiudendo poi il capiente cofano.
Salimmo in aiuto, diretti verso l'aeroporto, distante soltanto due ore.

~

"No, per favore, no!" sbottò Lisa, fissando la lunga fila da fare per i controlli.
"Che c'è?"
"Io non aspetto mica tutta questa gente.
Ma quante persone sono?"
"Oh, suvvia, abbi pazienza.
Sono certa che saranno veloci, anche perché non possono mica farci perdere il volo."
"Già, hai ragione.
Forse è meglio aspettare e basta...
Ferma un attimo però." disse in pochi istanti, guardandosi attorno.
"È successo qualcosa?"
"A dir la verità sì, o meglio, non è proprio successo nulla.
È soltanto che mi sto ricordando una cosa.
Tua madre mi aveva lasciato un foglio qualche giorno fa, ma non ricordo di averlo portato."
"Un foglio?
Ne sei proprio sicura?"
"Sì sì, sicurissima.
Mi ha detto detto di consegnartelo oggi, esattamente in aeroporto.
Il motivo non so quale sia, ma forse è meglio che sia tu a scoprirlo.
In ogni caso, sono sicura di averlo portato."
Si toccò addosso, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni, non trovando nulla.
"Prova a guardare nella giacca." le suggerii, impaziente di saperne di più di quella strana faccenda.
"Chissà perché non me l'ha data di persona questa ipotetica lettera." cercai di riflettere mentalmente.
Fece come ebbi chiesto, trovando un pezzo di carta ripiegato un sacco di volte su se stesso.
Me lo passò in fretta, iniziando così ad aprire tutti i lati di esso.
Lo spalancai del tutto, notando il messaggio al suo interno:
"Qualunque fiore tu sia,
quando verrà il tuo tempo, sboccerai.
Prima di allora
una lunga e fredda notte potrà passare.
Anche dai sogni della notte trarrai forza e nutrimento.
Perciò sii paziente verso quanto ti accade
e curati e amati
senza paragonarti
o voler essere un altro fiore,
perché non esiste fiore migliore di quello
che si apre nella pienezza di ciò che è.
E quando ciò accadrà,
potrai scoprire
che andavi sognando
di essere un fiore
che aveva da fiorire.
Figlia mia, con ciò voglio dirti che devi avere fiducia in te stessa, e non avere paura, mai.
Ricordati di me, sarò lo stesso al tuo fianco.
Sarà dura non averti a casa, però devo ammettere che forse è giusto così.
La vita è tua e devi sentirti libera di fare ciò che vuoi.
Ma mi raccomando, vieni a trovare la tua famiglia quando puoi.
Sappi che ti vogliamo tutti quanti bene, e sentiremo molto la tua mancanza.
Con affetto, mamma."
Rimasi un attimo in silenzio, fissando ancora quelle parole così pure e confortevoli.
"Va tutto bene?" domandò curiosa Lisa.
"Oh..sì, va tutto bene.
Direi proprio alla grande." risposi con tono basso, pieno di incertezza.
Mi faceva stare un po' male l'idea di aver lasciato soli i miei familiari.
In fondo, per quanto potessero essere crudeli e pesanti con le parole, non riuscivo a lasciarli così, senza di me.
Già, non hanno mai accettato del tutto i miei sogni e i miei progetti, e spesso e volentieri, senza che nemmeno se ne potessero accorgere, mi regalavano di tanto in tanto qualche frase non di certo piacevole, che non faceva altro che peggiorare la situazione, rendendomi più pessimista di quello che già fossi in passato.
Ma ormai ciò era acqua passata e io dovevo soltanto dimenticare quei tristi avvenimenti, voltandogli le spalle saggiamente.
"Allora, andiamo?
Le persone non gradirebbero il fatto che siamo ferme ad aspettare chissà che cosa." disse sincera la ragazza accanto a me, invitandomi ad avanzare in avanti.
La fila oramai stava diminuendo, permettendoci sempre di più di arrivare sull'aereo.

~

"Cavolo, quanto russa questo

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"Cavolo, quanto russa questo.
Per favore, non dirmi che da fastidio soltanto a me." borbottai infastidita, per via di quell'anziano signore seduto vicino a me.
Mi stava irritando, forse anche troppo, così cercai qualcosa per distrarmi, girandomi verso il lato di Lisa.
"Perfetto, pure tu sei andata in apnea notturna.
Che odio..." sussurrai, alzando gli occhi al cielo, dopo aver notato che anche lei stava beatamente sonnecchiando.
Forse anche a me conveniva dormire, visto che il viaggio sarebbe stato abbastanza stressante da sopportare, per via della sua lunghezza.
Chiusi gli occhi, immergendomi nel vuoto dei sogni.
Mi ritrovavo in un immenso giardino incontaminato da qualsiasi forma di vita oltre alla mia, pieno di fiori bianchi e blu.
Era una giornata primaverile ed ero già in Corea.
Mi sedetti a terra per raccogliere qualche fiore, ammirando il limpido cielo blu, quando all'improvviso sentii chiamare timidamente il nome...
era una voce maschile.
Mi alzai e mi girai di fronte alla sua figura alta, allorché lui si avvicinò a me e, con sguardo immobile, cercò di parlare, schiudendo di poco la bocca.
"FLAVIA, SVEGLIATI CHE SIAMO ARRIVATE!" gridò qualcuno.
"Lisa, caspita, perché proprio adesso mi dovevi chiamare?" ribattei, corrucciando la fronte.
"Perché dici questo?"
"Ehm...
Non farci caso, fa finta che non abbia detto nulla.
Dai, scendiamo dall'aereo, siamo appena arrivate, no?" esclamai velocemente, alzandomi dal sedile.
"Già, hai ragione.
Adesso sì che possiamo iniziare la nostra avventura, non credi?" mi seguì, alzandosi anche lei, afferrando le valigie soprastanti.

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