Il tempo, che male che fa

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"Ti prego, non piangere Flavia." riuscì a dire lui, mentre osservava con malinconia le mie stracolme gocce di pianto, che non cessavano di scorrere libere sulla distesa facciale liscia e intatta.
Quel pianto, maledizione, lo odiavo.
L'ho sempre detestato, era angosciante.
Era strano sentirlo sulla mia pelle dopo così tanto tempo dall'ultima volta in cui l'avevo fatto, e mi rendeva debole, immensamente inconsistente, ma soprattutto vulnerabile.
Trasformava i miei occhi, facendoli diventare gonfi e rossi, e ciò mi spingeva a continuare a lacrimare, senza provare nemmeno a fermarmi.
Cavolo, le mie tanto 'adorate' lacrime, quante gocce che versavo in silenzio, al buio, senza la presenza di qualcuno, solo io con me stessa...
Ricordo quando ero ancora nella mia vecchia città, la mia casa, il posto dove tutto ebbe inizio.
Ero triste, lo ero quasi sempre.
Non passava un giorno in cui io non avessi versato una lacrima. Conoscevo bene il sentimento della tristezza, quello che ispira la precarietà delle cose, lo provavo ogni volta che un fiore appassiva, ogni volta che pensavo a ciò che avrei voluto avere. Ma si trattava di una tristezza senza disperazione.
Una tristezza paziente ed esemplare, un sentimento unico nel suo genere, che nessuno avrebbe mai potuto comprendere, davvero mai. In quegli anni avevo tutto, non mi mancava nulla, eppure non riuscivo a sorridere al cento per cento. La mia risata era spesso passeggera, un momento di distacco tra un dolore e una sofferenza.
Ma i dolori e le sofferenze, cos'erano, dopotutto?
Erano dei bisogni, desideri che ancora non potevano esaudirsi in quel tempo.
Ecco, io avevo bisogno di amare, e di essere amata.
Ma sono sempre stata colei che preferiva aspettare, pur di avere ciò che veramente voleva.
Ma me ne fregavo, tanto.
Non mi importava nulla degli insulsi pensieri della gente, che mi incitava a buttarmi nella mischia e a comportarmi come tutte le altre ragazze della mia passata età. Sapevo di soffrire, lo sapevo perfettamente che mi stavo procurando soltanto danni, brutti e odiosi danni.
Ma ho scelto i dolori e l'attesa, piuttosto che accontentarmi di non so che cosa.
Non davo ascolto neanche ai miei più cari amici, o addirittura ai miei parenti. Quante dannate volte mi hanno chiesto il perché del mio strano e incomprensibile comportamento, e quante dannate volte ho risposto la stessa identica e falsa cosa?
Probabilmente nemmeno mi accorgevo di rispondere in quella fastidiosa maniera. Forse perché mi sentivo imprigionata in una maledetta cupola di vetro, che si sarebbe rotta solo e soltanto con il trascorrere degli anni.
Una cupola, però creata da me.
L'avevo fatta nascere io, perché sapevo bene qualcosa che altri non avrebbero potuto mai conoscere.
Che io ci credessi o no, dovevo accettare il fatto che le persone che hanno ricevuto la felicità da giovanissimi, avranno di certo un futuro infelice, perché non hanno avuto la fortuna e il dono dell'attesa.
È essa che rende bello e stupendo il regalo che si riceverà un giorno, ed è per questo che io ho aspettato, rimboccandomi le maniche come meglio potevo. Mi piaceva semplicemente pensare che in questo mondo esistesse un posto pronto ad accogliermi.
Un luogo felice, che aspettasse solo me.
Dove nessuno potesse trattarmi male, dove nessuno potesse farmi soffrire ancora.
Uno spazio che riuscisse a far sparire tutta la sofferenza di quegli anni, lasciando al suo posto soltanto pura gioia.
"Smettila, ti scongiuro...!" disse ancora Chanyeol, accarezzandomi la guancia.
Chanyeol, forse era davvero lui la causa del mio pianto attuale, ma anche di quelli della mia adolescenza.
Già, sicuramente non era tanto la pressione che emanavano gli eventi accaduti, bensì lui. Ma probabilmente dovevo smetterla di piangere, perché quella volta era diverso.
Io non ero sola, proprio no. Mi trovavo in compagnia di qualcuno, colui con cui, probabilmente, avrei dovuto nascondere questo mio lato fragile, che ero riuscita a far svanire per un po'.
Ma come potevo dire addio a questa parte di me, se dovevo ancora affrontarla?
"Chanyeol ha ragione. Fa bene a scongiurarti di finirla, tu hai già penato abbastanza. Non ti basta aver passato un'intera adolescenza nell'illusione?
Non sei stufa di dire a te stessa 'pazienza, devo solo aspettare ancora qualche anno o lunghi mesi'?" parlò la mia coscienza.
"Certo che sono stanca, e ti giuro che vorrei immediatamente smettere di stare male. Ma non riesco a capire perché non ce la faccio.
Non so come cessare la mia tristezza, in questo momento."
"Chanyeol, ecco chi è che ti ha fatto piangere, ma adesso non più, perché ora lui c'è. Era la sua assenza che faceva cadere ininterrottamente le gocce dagli occhi tuoi. Ma ora devi sorridere, perché è presente, carne ed ossa, solo per te.
Il tuo desiderio è ormai diventato qualcosa di concreto e reale, riesci a capire questo?
Il tuo sconforto è soltanto un segno del tempo, è ora che questo tempo faccia un salto nel vuoto, e ti permetta di vedere oltre la fantasia, ma soprattutto che ti permetta di vedere la luce.
Lui è lì, davanti a te, ed è disposto ad amarti, solo se tu glielo concedessi. Permettigli di compiere ciò.
Lui vuole stare con te, e tu l'hai desiderato da tutta una vita.
Dovrebbero essere lacrime di felicità e di gioia le tue, non di disperazione." finì di dire la mia coscienza, avendo ormai esaurito le sue confortevoli frasi spontanee.
Chanyeol, nel frattempo, ritrasse la mano, puntando le pupille giù, prendendo un bel respiro.
"Non importa molto quello che ti accade, quello che veramente importa è come reagisci tu. È quello che ti fa star bene o no, ed è l'unica cosa che puoi scegliere." sussurrò piano, facendo aderire del tutto la sua schiena al muro.

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