Elemosina e barboni ubriachi

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9 Maggio 2016, inizio.

Entrai in ascensore sistemandomi la borsa sulla spalla e sbuffando rumorosamente.

Quella giornata non poteva andare peggio!

Lanciai un'occhiataccia allo specchio e trovai la figura spettinata di una ragazza nervosa e arrabbiata con il mondo. Le diedi le spalle e mi ci appoggiai.

Volevo solo tornare a casa e disperarmi per i fatti miei.

Volevo urlare di rabbia e crogiolarmi nell'autocommiserazione.

«Elara, sul serio, ho bisogno di leggere gli ultimi due capitoli entro questa settimana, oppure...»
la voce di Moreen continuò a logorarmi l'orecchio anche mentre Destan bloccava l'ascensore con un piede e saliva senza neanche salutare.

Che odioso.

«Hai capito cos'ho detto? Elara?»

Sbuffai e mi portai una mano alla testa.

«No, scusa, ripeti» risposi rassegnata.

La voglia di chiuderle la chiamata in faccia e lanciare il telefono contro la parete di metallo davanti a me si stava facendo più che prepotente.

«C'è qualcuno lì con te? Ti stai distraendo?» tuonò la mia amica alzando troppo la voce.

Guardai il ragazzo davanti a me e lo vidi bloccarsi un attimo e tendere un orecchio verso la mia conversazione.

Presi un bel respiro e mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«No, non ti preoccupare»

Dopo aver riformulato la frase, Moreen, continuò con la sua ramanzina che perdurò fino a quando le porte dell'ascensore non si furono riaperte.

«Hai sempre detto di voler fare la scrittrice, non puoi arrenderti adesso solo per pigrizia! Voglio quei capitoli entro questo sabato. Intesi?»

Sbuffai nuovamente ed entrai in casa, sbattendomi la porta alle spalle.

«Sì Mor, li avrai sabato. Prometto» dissi rassegnata e anche piuttosto stufa dei suoi continui rimproveri.

«Non voglio le parole, Elara. Voglio i fatti» tuonò lei, costringendomi ad allontanare di qualche centimetro il telefono dall'orecchio.

Sospirai e le chiusi la chiamata in faccia.

Avevo solo bisogno di silenzio.

Farsi una doccia dopo una giornata come quella non mi avrebbe fatto altro che bene. Così aspettai che l'acqua si riscaldasse e poi mi immersi sotto il getto rilassante, lasciando che i miei​ pensieri e le mie preoccupazioni si sciogliessero e scivolassero via insieme a tutto il resto.

In quei tre mesi non avevo concluso poi molto.

Sì, ero riuscita a comprare un materasso a molle che non cigolasse anche solo guardandolo, e avevo montato una cucina minimal perfetta per una persona sola; ma la mia casa era ancora completamente bianca e la mia carriera da scrittrice non stava procedendo nel migliore dei modi.

Diciamo che non stava procedendo per niente.

Il mio primo libro completo era stato già rifiutato da tre case editrici e il secondo romanzo aveva ancora bisogno degli ultimi due capitoli.

Non ce l'avrei mai fatta.

Il lavoro come cassiera in un negozio di abbigliamento era riuscito a sostenermi fino a quel momento, ma l'affitto e il cibo eliminavano completamente il resto della mia paga mensile, lasciandomi al verde ogni mese.

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