Scaldabagno

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«Potresti ripetere? Penso di aver sentito male» mormorai, schiarendomi la gola che sembrava essersi stretta all’improvviso.

No, avevo sicuramente sentito male.

Rimasi a fissarlo speranzosa, credendo che le parole che avrebbe detto dopo avrebbero cancellato quello che avevo appena udito.

Ma lui non cambiò espressione e scosse la testa leggermente.

«Possiamo sederci un attimo?» chiese poi, aprendo un braccio e indicandomi con una mano un tavolino vuoto proprio accanto a noi.

Probabilmente non c’era neanche bisogno di chiederlo, le mie ginocchia si erano appena trasformate in fanghiglia e le gambe probabilmente mi sarebbero cedute da un momento all’altro.

Non aveva corretto quello che aveva appena detto.

Quindi Sierra…

Mi appoggiai stancamente al tavolo e crollai sulla sedia di fronte alla sua, accorgendomi che la pasticceria aveva appena iniziato a girare su sé stessa.

Travis sospirò profondamente e si mise un pugno sotto il mento.

«Sierra è la mia sorellastra.»

Rimasi a bocca aperta e provai a dire qualcosa, ma quel giorno la mia testa non riusciva a formulare niente di necessario.

Quindi rimasi con la bocca piena di niente e gli occhi fissi su un ragazzo che sembrava profondamente ferito da qualcosa che non riuscivo ancora a capire.

Indagai sul suo viso, ma lui rimase fisso con lo sguardo verso un punto lontano sopra la mia spalla.

Un punto non fisico, nel profondo dei suoi pensieri. In un angolo buio che speravo potesse illuminare per me.

«Quando avevo sei anni mio padre tradì mia madre con una donna di nome Rosalie.»

Rimase in silenzio per qualche secondo, poi riprese fiato.

«Mia madre non lo scoprì subito e la sua relazione con questa donna andò avanti per mesi.»

La sua mano destra si allungò verso il menù plastificato e le sue dita iniziarono a giocherellare con il bordo.

Fece un sorriso che non aveva niente di allegro ma che era pieno di lacrime mai versate e parole mai dette ad alta voce.

«Una sera d’estate io e la mamma stavamo giocando sul letto, avevamo appena fatto le valigie perché il giorno dopo saremmo partiti per andare sulla neve. Mia mamma amava la neve.»

Alzò gli occhi per un istante e poi li abbassò di nuovo.

Strinse la mascella così forte che mi aspettai di sentire le ossa scricchiolare.

«Papà non tornava a casa da due giorni e io non capivo il perché, ma mia madre doveva aver intuito qualcosa perché quando la porta di casa si aprì entrambi saltammo in piedi con la stessa aria sorpresa»

Le sue dita si fermarono per un istante, poi lo sentii ridere in modo strano. Come un latrato.

«Papà entrò in stanza senza neanche salutarci, prese la valigia che la mamma aveva fatto per lui e poi ci disse: “Io me ne sto andando”, e sparì in corridoio. Mia madre ovviamente gli corse dietro, ma lui non tornò più indietro.»

Ci fu un profondo silenzio, così intenso da levarmi il respiro e farmi lacrimare gli occhi.

«Alla fine io e lei andammo in vacanza comunque, anche se fu la gita peggiore della mia vita. Lei piangeva sempre. Dopo qualche mese si ammalò e dopo un anno morì.»

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