Lo guardai sbalordita. Avevo sentito bene o quella era la richiesta più inappropriata, impossibile e folle che mi fosse mai stata fatta?
No, stava scherzando, ovviamente.
Ovviamente.
«Non stai dicendo sul serio» ridacchiai imbarazzata, spostando lo sguardo su qualsiasi altro oggetto presente in quella stanza dalle pareti chiare e minacciose.
George stava fissando la mia figura, impalata nel centro del suo ufficio, con una certa aria accigliata. Le sopracciglia erano scivolate verso l'alto e una guancia si era infossata leggermente, mordicchiata dall'interno dai suoi denti.
Come era già successo, anche quella volta le sue dita stavano facendo dondolare lentamente una penna a sfera dalle linee eleganti e affusolate, sembrava un gesto del tutto involontario ma, come la volta prima, mi sentii completamente a disagio da quel lieve oscillare silenzioso e fluido.
Ebbi l'impressione di essere osservata da più di un paio di occhi, le pareti mi stavano giudicando, la penna, i mobili, le foto piene di visi sorridenti e occhi puntati verso l'obiettivo.
Tutti.
Qualcosa mi disse che avrei fatto meglio a darmi una calmata.
Probabilmente ci sarei riuscita se solo George non mi avesse appena fatto una proposta che mi avrebbe sicuramente messa nei guai.
Non che non ci avessi pensato io stessa a scavarmi una fossa nel letame e poi tuffarmici dentro a chiodo.
«Sono serissimo, invece. Dopo il casino che hai combinato ieri questo è il minimo che tu possa fare per guadagnarti di nuovo la nostra fiducia e il tuo contratto a tempo indeterminato.» affermò deciso, interrompendo il mio flusso ininterrotto di pensieri negativi e ondate di panico.
No, non stava scherzando.
«Ma questa cosa non si può fare!» obiettai contrariata.
Certo, non avevo mai letto una regola che potesse sostenere la mia tesi, però sicuramente c'era da qualche parte, magari nella costituzione, nella Bibbia o nel Corano. Doveva esserci!
George posò finalmente la penna, sotto il mio sguardo di fuoco, e poi sospirò sonoramente, dandomi l'impressione che lo avesse appena fatto apposta per aggiungere una nota teatrale a quello che stava per dirmi.
«Ascolta, Elara, io non ti sto costringendo a fare niente, però se vuoi riprendere a lavorare per me dovrai fare quello che ti ho appena detto.»
«Ma...»
«Vorrei anche aggiungere che questa sarà la prima e l'ultima volta che io ti chieda una cosa del genere, se dovessi riavere il lavoro non ti verrà più fatta una proposta di questo tipo.»
Concluse il suo discorso e poi aspettò che io dicessi qualcosa, l'aria si fece ancora più tesa e la mia testa fu l'unica in grado di emettere così tanti rumori da infastidirmi.
Cos'avrei dovuto fare?
E mentre la mia mente divagava e si contraeva alla ricerca di una risposta definitiva, i miei occhi si posarono sull'unica foto ritraente anche il viso sorridente e felice di Travis.
Sul ripiano della scrivania di George quella era la sola cornice raffigurante qualcuno al di fuori della moglie del mio capo, una bambina dai capelli scuri e gli occhi verdi e il signor Miller stesso.
Lo sguardo verde e vivace del mio conoscente spiccava visibilmente in mezzo a loro e quel contrasto mi fece tornare con la mente alla personalità di Travis.
Quel ragazzo così solare e impiccione, doveva aver avuto un passato particolare con la famiglia, magari era quello il motivo per cui si preoccupava sempre di mantenere la serenità tra i suoi amici.
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Inspire Me
ChickLit"Probabilmente avrei fatto meglio ad andarmene. Ma rimasi immobile e provai a sfoderare un po' di grinta. «Ho bisogno che tu mi... mi faccia delle cose. » Destan sorrise velenoso e mi guardò dalla testa ai piedi con uno sguardo che mi ferì più di ce...