Forse un po'...

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Probabilmente, a un certo punto della mia vita, dovevo sicuramente aver firmato un contratto dove affermavo che la mia morte sarebbe stata autoinflitta e premeditata.

Non potevo essere così stupida da aver fatto una richiesta del genere.

Una richiesta che mi aveva fatto mordere la lingua e urlare qualsiasi cellula del corpo.

L'aria si era appesantita di punto in bianco e il vapore proveniente dalla doccia calda mi stava soffocando.

Inalavo tensione e rigettavo insicurezza e confusione.

Cosa avevo appena fatto?

Il mio sguardo confuso doveva avere sicuramente le stesse sembianze di quello di Destan, così vicino a me da poterlo esaminare in ogni dettaglio.

Gli occhi nocciola sembravano in procinto di sparire dentro la pupilla dilatata, le labbra erano leggermente dischiuse e il respiro un leggero soffio sulle mie guance arrossate.

Deglutii un paio di volte e lasciai che i secondi scorressero intorno a noi come al rallentatore.

Un pendolo lento e rumoroso, così tanto da tuonarmi nelle orecchie.

Probabilmente il mio cuore stava battendo a una velocità così elevata che avrebbe presto superato il muro del suono e mi sarebbe esploso nel petto, facendo schizzare sangue ovunque.

Probabilmente avrei preferito una visione del genere piuttosto che marcire nella vergogna, come in quel momento.

Destan sembrava scosso tanto quanto me, si era appena scusato per il bacio della notte prima, eppure eccomi lì, pronta a chiedergliene un altro.

In asciugamano, per giunta.

Abbassai leggermente gli occhi e scorsi il pomo d'Adamo scendere e salire un paio di volte, poi si avvicinò ancora di più e, quando il suo petto toccò il mio, si chinò leggermente.

Rimasi immobile, lo sguardo piantato nel suo e le gambe tremanti.

Ero così assorta in lui che quasi non mi accorsi del palmo della sua mano premuto contro la mia guancia e la stretta sulla mia vita.

Sussultai appena e lui si fermò, quasi come fanno i domatori quando si stanno chiedendo se tirare ancora la corda oppure battere in ritirata.

Destan mi stava studiando, stava studiando le mie reazioni e stava decodificando il mio sguardo.

Lo intuii dal suo sguardo attento e dalla premura con cui pareva toccarmi, come se fossi un oggetto di vetro soffiato in mano sua.

E probabilmente lo ero, il mio cuore doveva avere la stessa consistenza e anche le mie membra dovevano essere sul punto di cadere e spezzarsi in mille pezzi.

«Perchè vuoi che ti baci, Elara?» lo sentii pronunciare, strappandomi dallo stato di trance in cui ero sprofondata.

Sbattei le ciglia un paio di volte, cercando di ricordare come muovere la bocca e provando a raccogliere qualche parola in grado di rispondere intelligentemente alla sua domanda.

Come potevo dire la verità ed espormi in quel modo?

Come potevo anche solo immaginare di poter ammettere quella cosa persino a me stessa?

Quindi afferrai il principio di quel sentimento indesiderato e lo schiacciai in fondo allo stomaco, sperando che non tornasse a intrecciarmi le budella e scuotermi il cuore.

«Fallo e basta» ordinai quindi, cercando di tenere un tono di voce normale, ma la mia espressione spaventata doveva assomigliare molto a quella di un cerbiatto atterrito più che a quello di una donna ferma e risoluta.

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